Per quanti non
ricordano la propria storia medievale, durante l’Inquisizione spagnola i
monarchi cattolici freschi di trionfo adottarono tecniche di tortura per
estirpare dai resti superstiti del vecchio regime falsi convertiti al
cristianesimo. Questo comprendeva sia ebrei che musulmani torturati sulla ruota
– nota anche come auto-da-fé – quando erano sospettati di osservare rituali o
tradizioni ebraiche e musulmane nel segreto delle loro case. In questa età
moderna sarebbe bello (ma ingenuo) pensare superata la fase in cui si possano
utilizzare torture mentali e fisiche per strappare confessioni di colpa alle
vittime. A quanto pare, l’Inquisizione e la sua macchina sono ancora in uso nel
Congresso degli Stati Uniti.
Le elezioni del
Congresso del 2018 hanno segnato uno spartiacque, eleggendo una nuova classe
progressista.
Tra le figure più
importanti ci sono Rashid Tlaib, Ilhan Omar e Alexandria Ocasio Cortez,
donne che hanno sfidato il sistema, i rappresentanti storici e la macchina
democratica per conquistare grandi vittorie su piattaforme veramente
progressiste. Particolarmente chiaro è stato il loro programma per il Medio
Oriente, dunque scioccante: si sono opposte agli aiuti degli Stati Uniti a
Israele, hanno sostenuto il BDS e la soluzione a uno stato (Alexandria Ocasio
Cortez non si è espressa esplicitamente su questi temi, ma presumibilmente
condivide le opinioni di molte delle sue colleghe).
Chiunque conosca la
lobby di Israele già sapeva che qualcosa di brutto sarebbe accaduto, non
si sapeva solo quando. Ma non c’è voluto molto. Tlaib e soprattutto Omar sono
state esplicite su Israele-Palestina sin dalla loro elezione. E le loro vedute,
marcatamente pro-palestinesi, si sono rapidamente trasformate in grano per il
mulino dell’antisemitismo agitato dalla lobby e dai suoi portatori d’acqua al
Congresso.
In primo luogo,
naturalmente, c’è stato il famoso tweet “Benjamins” in cui Omar osservava che i
membri del Congresso erano obbedienti alla lobby a causa delle centinaia di
milioni che raccoglie e distribuisce ai fedeli candidati pro-Israele. Ma chissà
perché, osservare che la lobby traeva il suo potere dai soldi, si è trasformato
in aperto antisemitismo.
E’ istruttivo come
questo sia successo: c’è, naturalmente, un antico tropo antisemita per cui gli
ebrei sono ricchi e usano la loro ricchezza per controllare i settori
finanziario, bancario, dell’intrattenimento e dei media, ecc. Ovviamente, tutto
questo non ha nulla a che fare con la corretta affermazione che la lobby
raccoglie un enorme profitto e lo distribuisce ai suoi candidati
preferiti. Una persona ragionevole può vedere la differenza tra questi due
concetti.
Ma la lobby punta a
buttare fumo negli occhi. Si vede attaccata da una chiara dichiarazione e con
qualche gioco di prestigio si da fare per trasformarla in una classica accusa
di antisemitismo, quando in realtà non esiste assolutamente alcun nesso.
Ora la lobby lo ha
fatto di nuovo, dopo che Omar aveva tenuto un discorso in una libreria di
Washington DC in cui criticava quelli del Congresso e della lobby che hanno una
fedeltà verso uno stato straniero: “Voglio parlare dell’influenza politica in
questo paese che considera sia un bene per le persone spingere alla fedeltà
verso un paese straniero”.
Con ciò, naturalmente
intendeva gruppi come Aipac e i loro sponsor del Congresso, che prendono i loro
ordini di marcia direttamente da Israele, o che concepiscono in toto la loro
agenda con Israele e tutelano i suoi interessi. A questo punto possono anche
credere che gli interessi degli Stati Uniti e di Israele siano gli stessi e
così non pensano di stare tradendo gli interessi degli Stati Uniti. Ma chiunque
creda che gli interessi di una delle più grandi potenze della terra siano gli
stessi di quelli di un piccolo stato teocratico mediorientale è terribilmente
ingenuo, se non peggio.
Dopo la dichiarazione
di Omar, la lobby è entrata in modalità Defcon*.
L’attacco è stato
lanciato da Eliot Engel, un veterano della macchina democratica di New York,
che ha attaccato la deputata somalo-americana:
“[È] inaccettabile e
profondamente offensivo mettere in discussione la lealtà dei propri
concittadini americani a causa delle loro opinioni politiche, incluso il
supporto alle relazioni USA-Israele.
“I suoi commenti sono
stati oltraggiosi e profondamente offensivi, e le chiedo di ritrattarli,
scusarsi e impegnarsi su questioni politiche senza ricorrere ad attacchi che
non trovano posto nella Commissione per gli affari esteri o alla Camera dei
rappresentanti”, ha detto.
Gli ebrei
pro-israeliani come Eliot Engel sono particolarmente ferrati nelle implicazioni
della doppia lealtà. Cioè che ebrei pro-israeliani sono più fedeli a Israele
che all’America. Una frase storica particolarmente appropriata che connota la
doppia lealtà è il termine “Israel Firster”. Non è stata inventata da un
antisemita o da un suprematista bianco. Ma piuttosto dal decano degli storici
ebrei americani, Abe Sachar, il primo presidente della Brandeis University. E
usava il termine precisamente per deridere quelle stesse figure che ora
stanno attaccando Omar: una potente lobby e i suoi apologeti che hanno messo
Israele prima di tutto. Questo è un passaggio dell’Annuario ebraico americano
del 1961:
“Gli ebrei americani
hanno continuato ad opporsi alla pretesa di Israele che una vera vita ebraica
sia possibile solo in Israele. Abram L. Sachar, presidente della Brandeis
University, alla convention biennale del JWB [Jewish Welfare Board], il 2
aprile 1960 ha dichiarato che tra gli ebrei non c’è spazio “per Israel Firster
il cui sciovinismo e arroganza non trovano nulla di adeguato o vitale in nessun
luogo che sia al di fuori di Israele.”
Il titolo del NY Times
sul discorso riportava che Sachar aveva deriso il “dogma di Israele”. Se gli
ebrei americani possono polemizzare sul significato e il primato di Israele
nella vita ebraica, perché dovremmo negare agli arabi americani lo stesso
diritto, considerando che le loro sorelle e fratelli palestinesi sono sotto il
tallone dell’occupazione israeliana?
Non sarebbe così
negativo se Israele fosse una nazione laica e democratica come gli Stati Uniti
e la maggior parte delle democrazie occidentali; ci sarebbe almeno una confluenza
di interessi e valori.
Ma Israele non è più
una democrazia. E’ diventato invece una teocrazia, gestita da estremisti
fondamentalisti inclini a una guerra santa contro il mondo musulmano. Gli
interessi di Israele stanno più che mai divergendo da quelli dell’Occidente
democratico. E questa spaccatura non può che continuare ad allargarsi fintanto
che Israele sempre più sprofonderà nell’omicidio di massa, nell’occupazione e
nell’oppressione.
Gli interessi di
Israele e quelli americani non sono più gli stessi. Neanche lontanamente. Quel
sottile spiraglio che i presidenti si vantavano non esistesse quando si
trattava di interessi israeliani e statunitensi, ora è un portone completamente
spalancato.
A quanto pare, il
Congresso non ha ancora letto il memorandum. È sprofondato in vecchi modi e
abitudini, l’odore dei biglietti verdi rimane troppo allettante per resistere.
Ma i vecchi modi stanno morendo. Le vittorie elettorali che
ho sopra citato sono dimostrazione più solida di una donazione di
Sheldon Adelson da 100 milioni di dollari.
Ecco perché
l’esercitazione antincendio antisemita convocata dalla dirigenza del Congresso
democratico all’inizio è stata così esasperante. Si è deciso di portare
alla gogna Omar e frustarla approvando una risoluzione di denuncia di
antisemitismo da parte dei propri membri. Questo ha dato la rappresentazione di
un Partito Democratico che mangia i suoi giovani. Nancy Pelosi, pungolata da
Engel, Nita Lowey e altri membri pro-Israele, ha presentato una risoluzione
senza senso che avrebbe costretto i membri a giurare fedeltà per non incorrere
come Omar in una sculacciata pubblica. Il testo finale non ha fatto mai diretto
riferimento a Omar, ma il messaggio era chiaro: taci sull’argomento o il gruppo
parlamentare del Partito esigerà un forte pegno.
A suo merito, Omar si
è piegata ma non spezzata. Dopo il suo primo contrasto si è scusata e ha
cancellato il tweet “offensivo”. Ma si è alzata in piedi di fronte al nuovo
furioso assalto di Engel. Ha dato il meglio su tutto quello che ha ricevuto. E
non ha né chiesto né dato tregua. Questa, è quella che si dice una combattente.
Progressisti
democratici non hanno accolto questi attacchi senza reagire. In un incontro del
caucus democratico due giorni fa, membri dei comitati del Congressional Black and
Progressive con rabbia hanno alzato la voce contro il tentativo di
incastrare una di loro. Alla speaker hanno detto senza mezzi termini che non
potevano tollerare e rimanere lì a guardare mentre lei la faceva bersaglio di
infamie. Pelosi, a quanto riportato, ha concluso velocemente. Abituata ai
vecchi modi in cui la lobby impostava l’agenda per le questioni relative ad
Israele con i membri che si adeguavano, quando la più giovane irrequieta
generazione si è scrollata di dosso queste catene, Pelosi non ha più saputo che
fare.
Così un membro
pro-Israele della Camera si è seduto con un membro del Caucus nero e insieme
hanno redatto quella che viene definita la risoluzione dell'”acquaio di cucina”
che denuncia tutto: dalla supremazia bianca all’affare Dreyfus,
all’internamento giapponese. Il testo è fortemente sbilanciato verso i membri
ebrei pro-Israele della Camera e offre una versione dettagliata, e distorta,
della storia e della sofferenza degli ebrei.
Nonostante il
contenuto della risoluzione, ciò che è chiaro è che Ilhan Omar e i suoi
sostenitori nella Camera e nel resto del paese hanno ottenuto una vittoria
importante. Come ha riferito Splinter:
“È facile immaginare
che, dieci o anche cinque anni fa, la recente controversia sui commenti di
Ilhan Omar sull’AIPAC e l’impareggiabile influenza di Israele nella politica
americana avrebbe suonato la campana a morto per la sua carriera. E in effetti,
quando alti parlamentari del suo stesso partito l’hanno apertamente attaccata
fino al punto che la dirigenza democratica della Camera aveva pianificato una
risoluzione che condannava l’antisemitismo, indirizzata a
lei, sembrava che sarebbe andata di nuovo in scena la stessa storia .
Ma poi è successo
qualcosa di completamente diverso. Molti a sinistra hanno espresso il loro
forte appoggio per la dichiarazione di Omar, che, nonostante fosse rivolta a
tutti i parlamentari, era stata caratterizzata come antisemita dai democratici
filoisraeliani, e anche dal GOP (Partito Repubblicano) …
Non è isterico
affermare che tutta questa controversia sembra aver stravolto la politica
americana.”
Non è chiaro quale
sarà la ricaduta di questo episodio. Il suo caucus arriverà ad accettare e
comprendere le opinioni di Omar su questo argomento? Continueranno a sparare
colpi per lei e la considereranno perseguitata? La lobby nel
2020 condurrà un’offensiva totale contro di lei e contro i progressisti
che l’hanno sostenuta? Se lo fa, suggerisco che la migliore risposta sarebbe
mandare al diavolo le primarie di Engel, Lowey e altri. I leader di Aipac hanno
già minacciato le primarie di Omar. Diamo loro un assaggio della loro stessa
medicina. Come notato sopra da Splinter: in passato, coloro che sfidarono la
lobby persero le successive elezioni perché la lobby scatenò il suo potere
contro di loro. Ma adesso le cose sono diverse. C’è, a frapporsi, una forza che
controbilancia. È la forza dei progressisti democratici, ebrei e non ebrei, che
non prendono più ordini di marcia dai bianchi, maschi, plutocrati della lobby.
Antisemitismo: cosa è
e cosa non è
Per coloro che hanno
bisogno di una infarinatura sull’antisemitismo, parliamo di ciò che è e di ciò
che non è. E’ l’odio verso gli ebrei in quanto ebrei. Non dovrebbe essere
confuso con Israele. Non c’è niente di sbagliato nel criticare Israele. Niente
di male nel sostenere che Israele deve essere una democrazia che garantisca
pari diritti a tutti i cittadini, ebrei e non ebrei. Non c’è niente di
sbagliato nemmeno nel sostenere una soluzione a uno stato, dal momento che
questo non distruggerà Israele, ma piuttosto lo trasformerà. Potrebbero esserci
alcuni che confondono Israele con gli ebrei e che esprimono antisemitismo
attaccando Israele come un sostituto degli ebrei. Ma tale confusione è spesso
alimentata da una deliberata commistione sionista tra i due.
Ilhan Omar non odia
gli ebrei né odia Israele. Non ha mai detto o scritto una cosa del genere.
Attaccare una delle più potenti lobby degli Stati Uniti non è antisemita. Anche
il sostegno al BDS non è antisemita. Questo movimento nonviolento che sostiene la
causa della giustizia per i palestinesi non nutre animosità verso gli ebrei. E
le sue tre richieste per diritto al ritorno, pieni diritti democratici per i
palestinesi in Israele e la fine dell’occupazione non hanno nulla a che fare
con gli ebrei di per sé. E le implicite critiche del BDS allo status quo
israeliano non costituiscono antisemitismo. Quanti affermano qualcosa di
diverso non sanno nulla del ruolo del vero antisemitismo nella storia ebraica,
e stanno cantando da un libro di preghiere scritto per loro dalla lobby. Se si
seguono i commenti pubblici degli storici ebrei, sia israeliani che americani,
quasi nessuno concorda con queste false interpretazioni della storia ebraica
espresse dalla lobby.
Anche se gli
stegosauri di lobby come Aipac e ADL hanno lanciato agguerriti attacchi
frontali, molti ebrei si sono alzati accanto a Omar. C’è un sito web Jews with Ilhan website che ospita
una petizione firmata da 2.400 ebrei. Gruppi come Jewish Voice for
Peace e If Not Now hanno levato le loro voci a
sostegno.
Anche membri
progressisti del caucus democratico della Camera hanno fatto marcia indietro,
protestando contro la corsa frettolosa al giudizio contro Omar:
“Mercoledì una
riunione dei democratici della Camera si è trasformata in polemica quando
alcuni nuovi membri che hanno contribuito ad ottenere la maggioranza alla
Camera hanno affrontato i leader per una risoluzione che implicitamente
rimproverava la rappresentante Ilhan Omar del Minnesota per i suoi commenti su
Israele.
Nell’incontro
settimanale a porte chiuse del partito, i democratici hanno protestato sul modo
in cui la speaker Nancy Pelosi e altri leader hanno cercato questa settimana di
pubblicare in tutta fretta una risoluzione in risposta all’ultima osservazione
di Omar su Israele …
Secondo altri
funzionari che hanno parlato in condizione di anonimato … alcuni democratici
hanno abbracciato Omar durante la riunione.
C’era chiaro dissenso
tra i democratici sulla necessità o meno di una risoluzione che condannasse
l’antisemitismo, dato che l’Assemblea aveva già votato su una misura simile.
“Non sono sicura che
si debba continuare a farlo ogni volta”, ha detto la rappresentante Primayla
Jayapal, co-presidente del Congressional Progressive Caucus.”
Alexandria Ocasio
Cortez ha offerto il suo sostegno. Il New York Times, in una cronaca benevola,
ha notato la spaccatura generazionale tra una generazione più giovane di
insorti come Omar e colleghi veterani più anziani che si sono avvicinati alla
politica in una generazione precedente, quando Aipac aveva il controllo
assoluto su questi temi.
Commentatori dei media
come Mehdi Hassan, Jeremy Scahill e Ben Ehrenreich si sono lamentati del fatto
che Omar è stata “gaslighted”** e “buttata sotto l’autobus”. Un nuovo
hashtag #istandwithilhan ha dilagato nei feed di Twitter.
È una macchia
vergognosa sul Partito Democratico, che di fronte a minacce di morte e calunnie
come quella montata dal GOP (Partito Repubblicano) della West Virginia, in cui
l’immagine di Omar è stata piazzata su una foto dell’attacco dell’11 settembre
al World Trade Center, non è venuto in sua difesa a parte pochi membri.
Non membri ebrei, non Pelosi, e sicuramente non repubblicani. Forse quando
dovesse arrivare un Jared Loughner a scaricare una pistola Glock nel suo
cervello considerandola una terrorista musulmana, allora si ravvederanno? Sarà
troppo tardi.
Nei giorni scorsi ho
twittato senza pietà l’equivalente di “Where’s Bernie” per dare la sveglia a
lui e al suo consulente per la politica estera, Matt Duss. Il leader
progressista e candidato presidenziale – che in passato si era
espresso sull’islamofobia quando uno dei suoi sostenitori politici venne
linciato nelle sale del Congresso – era assente ingiustificato. Diss
glorificato senza merito in una storia di copertina di Nation proprio in quei
giorni, non si trovava da nessuna parte. Ma poi, ecco che il giorno prima del
voto odierno, Bernie si è scosso dal torpore e, infine, ha parlato in difesa di
Omar. E’ arrivato in ritardo alla festa, ma almeno è arrivato.
Questo problema non è
limitato agli Stati Uniti. La lobby israeliana nel Regno Unito ha adottato le
stesse cattive abitudini nell’attaccare per immaginario
antisemitismo il leader del Partito Laburista Jeremy Corbyn. Nove
parlamentari hanno spaccato il partito, definito dalla maggior parte di loro
come antisemita, per formare un “Gruppo indipendente”. Qui come nel Congresso
degli Stati Uniti, non c’è nessuna epidemia di antisemitismo. C’è una lobby
disperata che vuole conservare il suo potere ed è alla ricerca di nemici contro
cui radunare le truppe.
Sfortunatamente, la
lobby in entrambi i paesi si è buttata con la
destra, rispettivamente GOP e Tories. Questo comporta che i nemici
vanno trovati nella sinistra politica. Laburisti e Democratici si sveglino. La
lobby vuole estirpare entrambi questi partiti per assicurarsi che i loro rivali
pro-Israele (GOP e Tories) guadagnino o mantengano potere. Non si fermeranno a
rovesciare una singola Omar o un Corbyn. Vogliono distruggere il vostro
partito. A meno che, naturalmente, non riescano a estirparlo e trasformarlo in
un clone pro-israeliano del suo rivale. È questo che vuole la speaker Pelosi?
(Traduzione: Simonetta
Lambertini – invictapalestina.org
*ciascuno di una serie
di cinque livelli progressivi di allarme usata dalle forze armate degli Stati
Uniti.
** Il gaslighting è
una forma di violenza psicologica nella quale vengono presentate alla vittima
false informazioni con l’intento di farla dubitare della sua
stessa memoria e percezione. Può anche essere semplicemente il
negare da parte di chi ha commesso qualcosa che gli episodi siano mai accaduti,
o potrebbe essere la messa in scena di eventi bizzarri con l’intento di
disorientare la vittima. (Wikipedia)
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