mercoledì 27 marzo 2019

La lobby israeliana e i democratici pro-Israele della Camera hanno cercato di scomunicare Ilan Omar. Hanno fallito - Richard Silverstein


Per quanti non ricordano la propria storia medievale, durante l’Inquisizione spagnola i monarchi cattolici freschi di trionfo adottarono tecniche di tortura per estirpare dai resti superstiti del vecchio regime falsi convertiti al cristianesimo. Questo comprendeva sia ebrei che musulmani torturati sulla ruota – nota anche come auto-da-fé – quando erano sospettati di osservare rituali o tradizioni ebraiche e musulmane nel segreto delle loro case. In questa età moderna sarebbe bello (ma ingenuo) pensare superata la fase in cui si possano utilizzare torture mentali e fisiche per strappare confessioni di colpa alle vittime. A quanto pare, l’Inquisizione e la sua macchina sono ancora in uso nel Congresso degli Stati Uniti.
Le elezioni del Congresso del 2018 hanno segnato uno spartiacque, eleggendo una nuova classe progressista.
Tra le figure più importanti ci sono  Rashid Tlaib, Ilhan Omar e Alexandria Ocasio Cortez, donne che hanno sfidato il sistema, i rappresentanti storici e la macchina democratica per conquistare grandi vittorie su piattaforme veramente progressiste. Particolarmente chiaro è stato il loro programma per il Medio Oriente, dunque scioccante: si sono opposte agli aiuti degli Stati Uniti a Israele, hanno sostenuto il BDS e la soluzione a uno stato (Alexandria Ocasio Cortez non si è espressa esplicitamente su questi temi, ma presumibilmente condivide le opinioni di molte delle sue colleghe).
Chiunque conosca la lobby di Israele già sapeva che qualcosa di brutto sarebbe accaduto,  non si sapeva solo quando. Ma non c’è voluto molto. Tlaib e soprattutto Omar sono state esplicite su Israele-Palestina sin dalla loro elezione. E le loro vedute, marcatamente pro-palestinesi, si sono rapidamente trasformate in grano per il mulino dell’antisemitismo agitato dalla lobby e dai suoi portatori d’acqua al Congresso.
In primo luogo, naturalmente, c’è stato il famoso tweet “Benjamins” in cui Omar osservava che i membri del Congresso erano obbedienti alla lobby a causa delle centinaia di milioni che raccoglie e distribuisce ai fedeli candidati pro-Israele. Ma chissà perché, osservare che la lobby traeva il suo potere dai soldi, si è trasformato in aperto antisemitismo.
E’ istruttivo come questo sia successo: c’è, naturalmente, un antico tropo antisemita per cui gli ebrei sono ricchi e usano la loro ricchezza per controllare i settori finanziario, bancario, dell’intrattenimento e dei media, ecc. Ovviamente, tutto questo non ha nulla a che fare con la corretta affermazione che la lobby raccoglie un enorme profitto e lo distribuisce ai suoi candidati preferiti. Una persona ragionevole può vedere la differenza tra questi due concetti.
Ma la lobby punta a buttare fumo negli occhi. Si vede attaccata da una chiara dichiarazione e con qualche gioco di prestigio si da fare per trasformarla in una classica accusa di antisemitismo, quando in realtà non esiste assolutamente alcun nesso.
Ora la lobby lo ha fatto di nuovo, dopo che Omar aveva tenuto un discorso in una libreria di Washington DC in cui criticava quelli del Congresso e della lobby che hanno una fedeltà verso uno stato straniero: “Voglio parlare dell’influenza politica in questo paese che considera sia un bene per le persone spingere alla fedeltà verso un paese straniero”.
Con ciò, naturalmente intendeva gruppi come Aipac e i loro sponsor del Congresso, che prendono i loro ordini di marcia direttamente da Israele, o che concepiscono in toto la loro agenda con Israele e tutelano i suoi interessi. A questo punto possono anche credere che gli interessi degli Stati Uniti e di Israele siano gli stessi e così non pensano di stare tradendo gli interessi degli Stati Uniti. Ma chiunque creda che gli interessi di una delle più grandi potenze della terra siano gli stessi di quelli di un piccolo stato teocratico mediorientale è terribilmente ingenuo, se non peggio.
Dopo la dichiarazione di Omar, la lobby è entrata in modalità Defcon*.
L’attacco è stato lanciato da Eliot Engel, un veterano della macchina democratica di New York, che ha attaccato la deputata somalo-americana:
“[È] inaccettabile e profondamente offensivo mettere in discussione la lealtà dei propri concittadini americani a causa delle loro opinioni politiche, incluso il supporto alle relazioni USA-Israele.
“I suoi commenti sono stati oltraggiosi e profondamente offensivi, e le chiedo di ritrattarli, scusarsi e impegnarsi su questioni politiche senza ricorrere ad attacchi che non trovano posto nella Commissione per gli affari esteri o alla Camera dei rappresentanti”, ha detto.
Gli ebrei pro-israeliani come Eliot Engel sono particolarmente ferrati nelle implicazioni della doppia lealtà. Cioè che ebrei pro-israeliani sono più fedeli a Israele che all’America. Una frase storica particolarmente appropriata che connota la doppia lealtà è il termine “Israel Firster”. Non è stata inventata da un antisemita o da un suprematista bianco. Ma piuttosto dal decano degli storici ebrei americani, Abe Sachar, il primo presidente della Brandeis University. E usava il termine precisamente per deridere quelle stesse figure che  ora stanno attaccando Omar: una potente lobby e i suoi apologeti che hanno messo Israele prima di tutto. Questo è un passaggio dell’Annuario ebraico americano del 1961:
“Gli ebrei americani hanno continuato ad opporsi alla pretesa di Israele che una vera vita ebraica sia possibile solo in Israele. Abram L. Sachar, presidente della Brandeis University, alla convention biennale del JWB [Jewish Welfare Board], il 2 aprile 1960 ha dichiarato che tra gli ebrei non c’è spazio “per Israel Firster il cui sciovinismo e arroganza non trovano nulla di adeguato o vitale in nessun luogo che sia al di fuori di Israele.”
Il titolo del NY Times sul discorso riportava che Sachar aveva deriso il “dogma di Israele”. Se gli ebrei americani possono polemizzare sul significato e il primato di Israele nella vita ebraica, perché dovremmo negare agli arabi americani lo stesso diritto, considerando che le loro sorelle e fratelli palestinesi sono sotto il tallone dell’occupazione israeliana?
Non sarebbe così negativo se Israele fosse una nazione laica e democratica come gli Stati Uniti e la maggior parte delle democrazie occidentali; ci sarebbe almeno una confluenza di interessi e valori.
Ma Israele non è più una democrazia. E’ diventato invece una teocrazia, gestita da estremisti fondamentalisti inclini a una guerra santa contro il mondo musulmano. Gli interessi di Israele stanno più che mai divergendo da quelli dell’Occidente democratico. E questa spaccatura non può che continuare ad allargarsi fintanto che Israele sempre più sprofonderà nell’omicidio di massa, nell’occupazione e nell’oppressione.
Gli interessi di Israele e quelli americani non sono più gli stessi. Neanche lontanamente. Quel sottile spiraglio che i presidenti si vantavano non esistesse quando si trattava di interessi israeliani e statunitensi, ora è un portone completamente spalancato.
A quanto pare, il Congresso non ha ancora letto il memorandum. È sprofondato in vecchi modi e abitudini, l’odore dei biglietti verdi rimane troppo allettante per resistere. Ma i vecchi modi stanno morendo. Le vittorie elettorali che ho sopra citato sono dimostrazione più solida di una donazione di Sheldon Adelson da 100 milioni di dollari.
Ecco perché l’esercitazione antincendio antisemita convocata dalla dirigenza del Congresso democratico all’inizio è stata così esasperante. Si è deciso di portare alla gogna Omar e frustarla approvando una risoluzione di denuncia di antisemitismo da parte dei propri membri. Questo ha dato la rappresentazione di un Partito Democratico che mangia i suoi giovani. Nancy Pelosi, pungolata da Engel, Nita Lowey e altri membri pro-Israele, ha presentato una risoluzione senza senso che avrebbe costretto i membri a giurare fedeltà per non incorrere come Omar in una sculacciata pubblica. Il testo finale non ha fatto mai diretto riferimento a Omar, ma il messaggio era chiaro: taci sull’argomento o il gruppo parlamentare del Partito esigerà un forte pegno.
A suo merito, Omar si è piegata ma non spezzata. Dopo il suo primo contrasto si è scusata e ha cancellato il tweet “offensivo”. Ma si è alzata in piedi di fronte al nuovo furioso assalto di Engel. Ha dato il meglio su tutto quello che ha ricevuto. E non ha né chiesto né dato tregua. Questa, è quella che si dice una combattente.
Progressisti democratici non hanno accolto questi attacchi senza reagire. In un incontro del caucus democratico due giorni fa, membri dei comitati del Congressional Black and Progressive con rabbia hanno alzato la voce contro il tentativo di incastrare una di loro. Alla speaker hanno detto senza mezzi termini che non potevano tollerare e rimanere lì a guardare mentre lei la faceva bersaglio di infamie. Pelosi, a quanto riportato, ha concluso velocemente. Abituata ai vecchi modi in cui la lobby impostava l’agenda per le questioni relative ad Israele con i membri che si adeguavano, quando la più giovane irrequieta generazione si è scrollata di dosso queste catene, Pelosi non ha più saputo che fare.
Così un membro pro-Israele della Camera si è seduto con un membro del Caucus nero e insieme hanno redatto quella che viene definita la risoluzione dell'”acquaio di cucina” che denuncia tutto: dalla supremazia bianca all’affare Dreyfus, all’internamento giapponese. Il testo è fortemente sbilanciato verso i membri ebrei pro-Israele della Camera e offre una versione dettagliata, e distorta, della storia e della sofferenza degli ebrei.
Nonostante il contenuto della risoluzione, ciò che è chiaro è che Ilhan Omar e i suoi sostenitori nella Camera e nel resto del paese hanno ottenuto una vittoria importante. Come ha riferito Splinter:
“È facile immaginare che, dieci o anche cinque anni fa, la recente controversia sui commenti di Ilhan Omar sull’AIPAC e l’impareggiabile influenza di Israele nella politica americana avrebbe suonato la campana a morto per la sua carriera. E in effetti, quando alti parlamentari del suo stesso partito l’hanno apertamente attaccata fino al punto che la dirigenza democratica della Camera aveva pianificato una risoluzione che condannava l’antisemitismo, indirizzata a lei, sembrava che sarebbe andata di nuovo in scena la stessa storia .
Ma poi è successo qualcosa di completamente diverso. Molti a sinistra hanno espresso il loro forte appoggio per la dichiarazione di Omar, che, nonostante fosse rivolta a tutti i parlamentari, era stata caratterizzata come antisemita dai democratici filoisraeliani, e anche dal GOP (Partito Repubblicano) …
Non è isterico affermare che tutta questa controversia sembra aver stravolto la politica americana.”
Non è chiaro quale sarà la ricaduta di questo episodio. Il suo caucus arriverà ad accettare e comprendere le opinioni di Omar su questo argomento? Continueranno a sparare colpi per lei e la considereranno perseguitata? La lobby nel 2020 condurrà un’offensiva totale contro di lei e contro i progressisti che l’hanno sostenuta? Se lo fa, suggerisco che la migliore risposta sarebbe mandare al diavolo le primarie di Engel, Lowey e altri. I leader di Aipac hanno già minacciato le primarie di Omar. Diamo loro un assaggio della loro stessa medicina. Come notato sopra da Splinter: in passato, coloro che sfidarono la lobby persero le successive elezioni perché la lobby scatenò il suo potere contro di loro. Ma adesso le cose sono diverse. C’è, a frapporsi, una forza che controbilancia. È la forza dei progressisti democratici, ebrei e non ebrei, che non prendono più ordini di marcia dai bianchi, maschi, plutocrati della lobby.
Antisemitismo: cosa è e cosa non è
Per coloro che hanno bisogno di una infarinatura sull’antisemitismo, parliamo di ciò che è e di ciò che non è. E’ l’odio verso gli ebrei in quanto ebrei. Non dovrebbe essere confuso con Israele. Non c’è niente di sbagliato nel criticare Israele. Niente di male nel sostenere che Israele deve essere una democrazia che garantisca pari diritti a tutti i cittadini, ebrei e non ebrei. Non c’è niente di sbagliato nemmeno nel sostenere una soluzione a uno stato, dal momento che questo non distruggerà Israele, ma piuttosto lo trasformerà. Potrebbero esserci alcuni che confondono Israele con gli ebrei e che esprimono antisemitismo attaccando Israele come un sostituto degli ebrei. Ma tale confusione è spesso alimentata da una deliberata commistione sionista tra i due.
Ilhan Omar non odia gli ebrei né odia Israele. Non ha mai detto o scritto una cosa del genere. Attaccare una delle più potenti lobby degli Stati Uniti non è antisemita. Anche il sostegno al BDS non è antisemita. Questo movimento nonviolento che sostiene la causa della giustizia per i palestinesi non nutre animosità verso gli ebrei. E le sue tre richieste per diritto al ritorno, pieni diritti democratici per i palestinesi in Israele e la fine dell’occupazione non hanno nulla a che fare con gli ebrei di per sé. E le implicite critiche del BDS allo status quo israeliano non costituiscono antisemitismo. Quanti affermano qualcosa di diverso non sanno nulla del ruolo del vero antisemitismo nella storia ebraica, e stanno cantando da un libro di preghiere scritto per loro dalla lobby. Se si seguono i commenti pubblici degli storici ebrei, sia israeliani che americani, quasi nessuno concorda con queste false interpretazioni della storia ebraica espresse dalla lobby.
Anche se gli stegosauri di lobby come Aipac e ADL hanno lanciato agguerriti attacchi frontali, molti ebrei si sono alzati accanto a Omar. C’è un sito web Jews with Ilhan website che ospita una petizione firmata da 2.400 ebrei. Gruppi come Jewish Voice for Peace If Not Now hanno levato le loro voci a sostegno.
Anche membri progressisti del caucus democratico della Camera hanno fatto marcia indietro, protestando contro la corsa frettolosa al giudizio contro Omar:
“Mercoledì una riunione dei democratici della Camera si è trasformata in polemica quando alcuni nuovi membri che hanno contribuito ad ottenere la maggioranza alla Camera hanno affrontato i leader per una risoluzione che implicitamente rimproverava la rappresentante Ilhan Omar del Minnesota per i suoi commenti su Israele.
Nell’incontro settimanale a porte chiuse del partito, i democratici hanno protestato sul modo in cui la speaker Nancy Pelosi e altri leader hanno cercato questa settimana di pubblicare in tutta fretta una risoluzione in risposta all’ultima osservazione di Omar su Israele …
Secondo altri funzionari che hanno parlato in condizione di anonimato … alcuni democratici hanno abbracciato Omar durante la riunione.
C’era chiaro dissenso tra i democratici sulla necessità o meno di una risoluzione che condannasse l’antisemitismo, dato che l’Assemblea aveva già votato su una misura simile.
“Non sono sicura che si debba continuare a farlo ogni volta”, ha detto la rappresentante Primayla Jayapal, co-presidente del Congressional Progressive Caucus.”
Alexandria Ocasio Cortez ha offerto il suo sostegno. Il New York Times, in una cronaca benevola, ha notato la spaccatura generazionale tra una generazione più giovane di insorti come Omar e colleghi veterani più anziani che si sono avvicinati alla politica in una generazione precedente, quando Aipac aveva il controllo assoluto su questi temi.
Commentatori dei media come Mehdi Hassan, Jeremy Scahill e Ben Ehrenreich si sono lamentati del fatto che Omar è stata “gaslighted”** e “buttata sotto l’autobus”. Un nuovo hashtag #istandwithilhan ha dilagato nei feed di Twitter.

È una macchia vergognosa sul Partito Democratico, che di fronte a minacce di morte e calunnie come quella montata dal GOP (Partito Repubblicano) della West Virginia, in cui l’immagine di Omar è stata piazzata su una foto dell’attacco dell’11 settembre al World Trade Center, non è  venuto in sua difesa a parte pochi membri. Non membri ebrei, non Pelosi, e sicuramente non repubblicani. Forse quando dovesse arrivare un Jared Loughner a scaricare una pistola Glock nel suo cervello considerandola una terrorista musulmana, allora si ravvederanno? Sarà troppo tardi.
Nei giorni scorsi ho twittato senza pietà l’equivalente di “Where’s Bernie” per dare la sveglia a lui e al suo consulente per la politica estera, Matt Duss. Il leader progressista e candidato presidenziale – che  in passato si era espresso sull’islamofobia quando uno dei suoi sostenitori politici venne linciato nelle sale del Congresso – era assente ingiustificato. Diss  glorificato senza merito in una storia di copertina di Nation proprio in quei giorni, non si trovava da nessuna parte. Ma poi, ecco che il giorno prima del voto odierno, Bernie si è scosso dal torpore e, infine, ha parlato in difesa di Omar. E’ arrivato in ritardo alla festa, ma almeno è arrivato.
Questo problema non è limitato agli Stati Uniti. La lobby israeliana nel Regno Unito ha adottato le stesse cattive abitudini nell’attaccare per immaginario antisemitismo il leader del Partito Laburista Jeremy Corbyn. Nove parlamentari hanno spaccato il partito, definito dalla maggior parte di loro come antisemita, per formare un “Gruppo indipendente”. Qui come nel Congresso degli Stati Uniti, non c’è nessuna epidemia di antisemitismo. C’è una lobby disperata che vuole conservare il suo potere ed è alla ricerca di nemici contro cui radunare le truppe.
Sfortunatamente, la lobby in entrambi i paesi si è buttata con la destra, rispettivamente GOP e Tories. Questo comporta che i nemici vanno trovati nella sinistra politica. Laburisti e Democratici si sveglino. La lobby vuole estirpare entrambi questi partiti per assicurarsi che i loro rivali pro-Israele (GOP e Tories) guadagnino o mantengano potere. Non si fermeranno a rovesciare una singola Omar o un Corbyn. Vogliono distruggere il vostro partito. A meno che, naturalmente, non riescano a estirparlo e trasformarlo in un clone pro-israeliano del suo rivale. È questo che vuole la speaker Pelosi?

(Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

*ciascuno di una serie di cinque livelli progressivi di allarme usata dalle forze armate degli Stati Uniti.
** Il gaslighting è una forma di violenza psicologica nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni con l’intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione. Può anche essere semplicemente il negare da parte di chi ha commesso qualcosa che gli episodi siano mai accaduti, o potrebbe essere la messa in scena di eventi bizzarri con l’intento di disorientare la vittima. (Wikipedia)


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