Qualche settimana fa sono stato intervistato da una tv americana, la CBS
News. Spenti i microfoni, l’intervistatore mi ha chiesto se sapevo il numero
di omicidi per furti e rapine in Italia nell’ultimo anno. Citandogli i
dati ufficiali dell’Istat, gli ho risposto: «Sedici». Mi ha guardato
sbalordito e mi ha chiesto di ripeterlo. «Yes, sixteen», gli ho replicato. «Ma
è il numero di omicidi che si verificano in una settimana a Chicago!»,
mi ha risposto.
Legittima difesa al Senato: testo basato
su menzogna
Il testo della riforma della legge sulla legittima difesa (articolo 52 del
Codice penale) che oggi arriva in Senato per la discussione e l’approvazione
finale, è stato presentato evidenziando l’aumento dei reati violenti
per furti e rapine nelle abitazioni e negli esercizi commerciali a danno dei
cittadini. Si tratta di una colossale menzogna.
Tutti i dati ufficiali – che i promotori della legge si guardano bene dal
far conoscere – sono eloquenti. Innanzitutto, gli omicidi sono in forte
calo rispetto agli anni Novanta (da 1.916 omicidi volontari nel 1991 a
368 nel 2017). In particolare, mostrano una consistente diminuzione gli omicidi
compiuti dalla criminalità organizzata (da 342 a 55) e ancor
più quelli commessi dalla criminalità comune (da 879 a 144).
I furti nelle abitazioni sono tornati ai livelli di
trent’anni fa, prima cioè del fenomeno dell’immigrazione.
Le rapine negli esercizi commerciali nell’ultimo decennio sono
in consistente calo (da 8.149 nel 2007 a 4.517 nel 2017) e anche quelle nelle
abitazioni sono meno di dieci anni fa (erano 2.529 nel 2007, sono
state 2.301 nel 2017).
Ma, soprattutto, sono più che dimezzati gli omicidi per furti o
rapine: si passa da una media annuale di oltre 80 omicidi ad inizi anni
Novanta a circa 30 nell’ultimo quinquennio. Nel 2017 gli omicidi per furti o
rapine nelle case degli italiani sono stati 16: è il numero più basso da 30
anni ad oggi. Dov’è l’emergenza?
Riforma codice penale (art. 52) a
propulsione mediatica
Non vi è, quindi, alcun indicatore dei reati che giustifichi la modifica
della legge sulla legittima difesa. Questa modifica, infatti, non dipende
dall’aumento dei crimini in Italia, bensì viene proposta per capitalizzare,
per scopi propagandistici e politico-elettorali, la percezione di
insicurezza che molti italiani, soprattutto i più anziani, provano a fronte del
mutamento del tessuto sociale e dei fenomeni migratori.
Uno studio realizzato da Alberto Parmigiani per
Lavoce.info nel settembre 2017 evidenzia come tra il 2005 e il 2015 il tempo
medio occupato dalla cronaca nera nei telegiornali pubblici dei
principali Paesi europei sia stato del 4,7% contro l’8% dei Tg Rai,
nonostante in Italia non vi sia alcuna relazione diretta tra tempo di copertura
della “cronaca nera” e numero di reati. Tre ore al giorno è
il tempo medio che le sette principali reti televisive
italiane – Rai, Mediaset e La7 –
dedicano alla cronaca nera, spesso portando ed esasperando
nell’agenda giornalistica nazionale fatti di cronaca locale.
Con nuova legge più reati e legittima difesa domiciliare
Come ha evidenziato l’Associazione italiana dei professori di diritto
penale (Aipdp), questa modifica ci fa passare dal «diritto di legittima difesa» al «diritto
di difesa» nelle abitazioni, negli esercizi commerciali e
professionali. E, soprattutto, alla difesa con le armi.
Anche se Salvini insiste
a propagandare l’idea che ci si difenderà «con il mattarello della nonna», la
nuova norma – rendendo sempre legittima la difesa «con armi legittimamente
detenute» – porterà molte persone ad armarsi.
Vi saranno due prevedibili conseguenze, entrambe molto
pericolose. Innanzitutto avremo un aumento degli omicidi a
seguito di furti e rapine, ma non è affatto detto che le vittime saranno solo o
principalmente i rapinatori, perché anche costoro si doteranno di armi e le
useranno per aggredire e difendersi.
Ma, soprattutto, vi sarà un consistente aumento di omicidi con armi
da fuoco in ambito familiare e interpersonale che sono, già oggi, gli
ambiti più pericolosi e in cui si verificano più di un terzo degli omicidi,
cioè tanti quanti ne commettono le mafie o la criminalità comune. Nel 2017, a
fronte di 16 omicidi per furti e rapine, sono stati più di 40 omicidi con armi detenute da legali detentori
di armi.
Come avverte una ricerca del Censis, «con il cambio delle
regole e un allentamento delle prescrizioni, ci dovremmo abituare ad avere
tassi di omicidi volontari con l’utilizzo di armi da fuoco più alti e simili a
quelli che si verificano oltre Oceano. Le vittime da arma da fuoco
potrebbero salire in Italia fino a 2.700 ogni anno, contro le 150 attuali,
per un totale di 2.550 morti in più». Nessuna maggior sicurezza, quindi. Anzi,
l’esatto contrario.
Legittima difesa in Italia: gli interessi in gioco
Ma allora perché questa riforma? Chi ha interesse a
promuovere le politiche che incentivano la diffusione delle armi? Innanzitutto i
produttori italiani di armi. Da diversi anni, infatti, il mercato delle
armi da caccia in Italia è in forte crisi. Va quindi creato un nuovo
mercato, quello appunto delle armi da difesa personale (pistole, revolver,
fucili a pompa e anche fucili semiautomatici, quelli che vengono usati per fare
stragi in America). E per incentivare questo mercato occorre far leva
sulla paura e sulla necessità di difendersi.
Proprio per questo le aziende produttrici di armi hanno dato il loro
sostegno ad associazioni di cosiddetti “appassionati” il cui obiettivo
dichiarato in pubblico è quello di promuovere “i diritti” dei detentori
legali di armi, ma la cui reale intenzione è quella di introdurre in Italia
un vero e proprio “diritto alle armi”, come negli Stati Uniti.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, si è fatto promotore
delle istanze di queste associazioni firmando l’anno scorso a HIT
Show, la fiera delle armi di Vicenza, un “Patto d’onore”: lo ha fatto
perché conosce bene la capacità di queste associazioni e dei produttori di armi
di convogliare verso di lui il voto di quella parte dell’elettorato che invoca
a gran voce norme meno restrittive sulle armi e, soprattutto, di poterle usare
con maggior facilità.
Lo hanno capito anche i giornalisti della tv americana CBS News, di cui ho
parlato più sopra. «Più del 50% delle armi comuni prodotte in Italia viene
esportato negli Stati Uniti. È venuto il momento che l’Italia, in ritorno,
cominci ad importare qualcosa: parts of America’s gun culture»,
parti della cultura americana delle armi.
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