Oltre la disperazione, senza risorse per
diventare migranti
Oggi parliamo di migranti. Anzi, di potenziali migranti. Degli ultimi degli ultimi. Di quelli che, scappati (o brutalmente cacciati) dalle loro case, vagano come le anime del Purgatorio dentro i loro stessi Paesi, perché non hanno manco quattro spiccioli per sfamarsi. Figuratevi se ne hanno per varcare i confini, per comprarsi la speranza di una vita migliore. Non si sa dove e non si sa quando. E allora, mettiamoci davanti a uno specchio e prima di tuonare da pulpiti di comodo, con le pance piene e i cervelli vuoti, svegliamo le nostre coscienze. Tecnicamente si chiamano “internally displaced”. Sono gli uomini, le donne e, soprattutto i bambini dimenticati da tutti. Quelli che non fanno notizia e non commuovono, perché non arrivano sui barconi, dopo avere pagato migliaia di dollari. Quelli di cui non conosciamo manco l’esistenza o che facciamo finta che non esistano. Ma che muoiono come le mosche.
Oggi parliamo di migranti. Anzi, di potenziali migranti. Degli ultimi degli ultimi. Di quelli che, scappati (o brutalmente cacciati) dalle loro case, vagano come le anime del Purgatorio dentro i loro stessi Paesi, perché non hanno manco quattro spiccioli per sfamarsi. Figuratevi se ne hanno per varcare i confini, per comprarsi la speranza di una vita migliore. Non si sa dove e non si sa quando. E allora, mettiamoci davanti a uno specchio e prima di tuonare da pulpiti di comodo, con le pance piene e i cervelli vuoti, svegliamo le nostre coscienze. Tecnicamente si chiamano “internally displaced”. Sono gli uomini, le donne e, soprattutto i bambini dimenticati da tutti. Quelli che non fanno notizia e non commuovono, perché non arrivano sui barconi, dopo avere pagato migliaia di dollari. Quelli di cui non conosciamo manco l’esistenza o che facciamo finta che non esistano. Ma che muoiono come le mosche.
Politica, trattati e
umanità
Molto più comodo
intavolare dibattiti, organizzare manifestazioni, fare politica e diffondere
dottrina religiosa sui “disperati-fortunati” (e più “ricchi”) che cercano di
sbarcare. E che, gridiamolo forte per togliere qualsiasi alibi ai perbenisti in
servizio permanente effettivo, ne hanno tutto il diritto. Convenzione di
Ginevra? Scassatissimo Trattato di Dublino? No. Qualcosa di più grande,
semplice e terribile: umanità. Un ossimoro che rende conto e ragione della
nostra generosità fradicia, corrosa dal cinismo. I migranti sui barconi si
muovono, rischiano, pagano. Gli altri no. Soffrono e basta. Allora, oggi che è
Pasqua, diamo i numeri. Quelli di chi non scappa, perché è come se fosse già
morto. In questo momento, nel mondo, i “rifugiati-non rifugiati” sono 40
milioni (dati Onu). Una goccia in mezzo al mare, perché, potenzialmente, dicono
dietro le quinte gli analisti, da una settimana all’altra potrebbero diventare
oltre un miliardo.
Il diritto alla vita
Fantademografia? No,
calcolo delle probabilità. I disperati che se avessero quattro lire
scapperebbero pure domani mattina sono ufficialmente oltre 2 milioni in Nigeria
e 2 milioni e mezzo in Irak e in Afghanistan. In Congo si arriva a 4.5 milioni
e in Siria a un “record” di 6.5 milioni. In Sudan del Sud altri 2,2 milioni di
“internally displaced” si aggiungono ai 2 milioni dello Yemen e ai 650 mila
della Repubblica Centrafricana. Queste sono quelle che l’Alto Commissariato
dell’Onu per i Rifugiati classifica come “emergencies”. Poi ci sono un sacco e
una sporta di Paesi che, pur essendo “a rischio” hanno numeri inferiori (dalla
fascia del Sahel e fino al Corno d’Africa, con Ciad, Eritrea, Somalia) che
però, messi assieme, superano abbondantemente il milione di “rifugiati
interni”.
Libia e diritto
all’asilo
E la Libia? Qui i
calcoli si fanno risicati. L’Onu dice che sono 1,2 milioni. Ma non rendiconta
quelli che arrivano ogni giorno da tutta l’Africa e dal Medio Oriente, in cerca
di un barcone “a buon prezzo”. Perché la Libia è un’idrovora che aspira i
“top-migrants” (quelli che pagano) da tutta l’Africa. Le cifre fornite da
Sarraj per far terrorizzare gli italiani (800 mila pronti a partire)
paradossalmente sono sbagliate. Per difetto. Quando il premier Conte parla di
“numeri eccessivi” vuol dire che non ha capito il resto di niente. O che fa
finta di non capire. Dopo la rinnovata guerra civile scatenata (ancora una
volta!) dalle foie francesi, chi scappa dalla Libia ha tutto il diritto di
chiedere asilo in Italia, secondo una cofanata di convenzioni internazionali da
noi firmate e controfirmate. Da quella di Ginevra, fino al Trattato di Dublino.
E allora, zitti e mosca.
Emergenza migranti da
venire
Non ci vuole nemmeno la
scusa di un conflitto conclamato, bastano solo condizioni che ledano i diritti
civili essenziali. Quindi? Semplice, i diritti, una volta sanciti valgono per
tutti. Indipendentemente dalle quantità coinvolte. Ergo: la reale
emergenza-migranti non è ancora cominciata. Anzi, non è mai cominciata. Quella
vera interesserà decine di milioni di esseri umani e dovremo farvi fronte.
Come? Pagando per l’accoglienza e stanziando quote importanti del Pil per
aiutare i più diseredati a casa loro. Punto. Il resto è tutta sporca politica e
spiritualità da “mestieranti”, a quattro palle tre soldi, con una spruzzata di
cabaret e di sceneggiata napoletana. In cauda venenum: ma quei Cristi di cui
abbiamo parlato e che il loro Getsemani lo vivono tutti i giorni, hanno, o no,
il diritto di risorgere pure loro? Buona Pasqua.
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