È successo quello che era accaduto per i migranti e le Ong: Luigi Di Maio
ha alzato la palla e Matteo Salvini ha schiacciato. Questa volta l’assist è
servito a promettere l’adozione delle pistole elettriche Taser. Si era,
domenica scorsa, nel pieno dell’impatto emotivo per il tragico omicidio del
carabiniere Vincenzo Di Gennaro, nel foggiano. Di Maio ha pensato bene di
rilanciare la palla sul terreno del suo alleato-contendente leghista: «Adesso
facciamo in modo che la legittima difesa sia un diritto delle forze
dell’ordine», ha detto il vicepremier grillino. Salvini non se l’è fatto dire
due volte alla convention della Lega nel Lazio ha promesso: «Le pistole
elettriche saranno in dotazione degli agenti da giugno». La notte precedente,
come riferito dal capo delle volanti della questura di Genova Alessandra Bucci,
c’era stato il debutto della pistola elettrica in dotazione al suo reparto
nell’ambito della sperimentazione nazionale in corso da settembre. Il Taser ha
lanciato il dardo elettrico contro un uomo accusato di violenze, nel quartiere
popolare di Begato. Nella città dove venne dichiarata la guerra a bassa
intensità contro i movimenti, il livello di pericolosità delle divise per
strade sale di un altro gradino.
Questa storia inizia cinque anni fa, almeno. Chissà se l’onorevole Gregorio
Fontana da Bergamo, eletto in Forza Italia e promotore dell’emendamento al
decreto sulla “sicurezza negli stadi” approvato dal Senato il 14 ottobre del
2014 che introdusse l’impegno a sperimentare in Italia il Taser, conosce la
storia del professor Jack Cover, che negli anni Sessanta inventò il primo
modello di pistola elettrica. Quella storia e quella invenzione di un’arma che
veniva definita con ottimismo da Fontana e dai manuali di polizia “non letale”
attraversano gli ultimi decenni e accompagnano l’evoluzione della scienza della
guerra dagli eserciti regolari alle truppe sparpagliate dentro e fuori i
confini delle polizie globali.
Nato nel 1920, figlio di un economista e di una matematica, Cover si laurea
in fisica con Enrico Fermi all’Università di Chicago. Poi collauda velivoli per
l’aeronautica della seconda guerra mondiale. Negli anni della conquista dello
spazio lavora alla Nasa al programma Apollo, che porta i primi uomini sul suolo
lunare. Negli anni del keynesismo in mimetica e della Guerra fredda circolano
centinaia di milioni di dollari tra laboratori, esercito e aziende. Cover passa
a Ibm prima e ai contractors di Hughes Aircraft dopo. La mossa
successiva è mettersi in proprio, occupando uno spazio di mercato all’interno
dell’indotto del comparto militare-industriale. Cover ha trascorso molto tempo
a sperimentare tecnologie futuristiche, ma non ha dimenticato le letture
giovanili. Negli anni della Grande depressione si era imbattuto nelle storie
tra science fiction e avventura dell’eroe adolescente Tom
Swift, il quale utilizzava un’arma che aveva colpito la sua fantasia giovanile:
un fucile elettrico.
Anni dopo, sorseggiando una tazza di caffè nero, Cover scorre le brevi di
cronaca al bancone di un diner. Rimane, è il caso di dirlo,
folgorato quando legge la storia di un uomo che ha inavvertitamente toccato un
recinto elettrificato. La scossa non ha lasciato conseguenze letali, quell’uomo
è rimasto immobilizzato dalla carica elettrica per qualche minuto. Cover si
mette all’opera e disegna il progetto di una pistola che spara frecce
elettrificate isolate da cavi. L’idea che il circuito si chiuda quando i dardi
raggiungono il corpo umano, causando nella vittima contrazioni muscolari
incontrollabili.
Ci vogliono cinque anni perché l’arma elettrica diventi realtà. Nel 1974
Cover deposita il primo modello della pistola che battezza con l’acronimo
Taser, che significa Tom Swift’s Electric Rifle, in omaggio al suo
ispiratore. «Sì, abbiamo aggiunto una A – spiega divertito l’inventore al Washington
Post nel 1976 –. Eravamo stanchi di presentarci a telefono dicendo
Tser». Gli Stati Uniti che escono, sconfitti, dalla guerra in Vietnam stanno
concentrando le truppe sul fronte interno, si apprestano a regolare i conti
dell’eterna lotta tra metropoli incontrollabili e province suburbane
pacificate. La pistola elettrica come strumento di polizia si diffonde
rapidamente. Si chiude l’era dei bastoni e delle cariche a cavallo contro i cortei
per la pace e i diritti civili, si apre quella della guerra a bassa intensità
casa per casa, strada per strada, cortile per cortile, per riportare all’ordine
le città enfaticamente definite “fuori controllo” dai media. Da strumento
ludico e sperimentazione psichedelica le droghe diventano il marchio che
contrassegna i nuovi folk devilmetropolitani. La Taser Gun viene
consigliata particolarmente per ridurre a miti consigli il teppista di strada
sotto effetto di anfetamine o allucinogeni, lo stesso che i telegiornali, show
televisivi e film danno in pasto al panico collettivo. Tragicamente,
l’elettroshock da tolleranza zero non è esente da controindicazioni e sono
proprio i soggetti alterati, quelli col battito cardiaco accelerato o le
funzioni cerebrali sotto stress, a essere più esposti al rischio. Secondo le
statistiche di Amnesty International, il Taser causa centinaia di decessi
all’anno. Eppure viene utilizzato come deterrente persino in alcune scuole. In
fondo, il passaggio dalla tortura coi cavi elettrici alla garbata puntura della
pistola che porta il nome di un eroe ragazzino di fantasia è un capolavoro di
scienza della repressione.
«Quando un soldato va in guerra ha bisogno che ci siano dei nemici –
spiegano i criminologi Jerome Skolnick e James Fyfe nel loro studio sugli abusi
di polizia intitolato “Above The Law” –. Quando un poliziotto va in guerra
contro il crimine ha bisogno di individuare i propri avversari nelle periferie
urbane e nelle minoranze etniche». Nel 1991 viene colpito per due volte dalle
frecce folgoranti dei Taser anche Rodney King, il cittadino afroamericano il
cui pestaggio gratuito a opera degli agenti del Los Angeles Police Department
innesca la rivolta nella metropoli californiana. Nell’Italia della crisi di
nemici pubblici contro cui testare gli effetti del Taser ne abbiamo a bizzeffe.
Si potrebbero rivolgere contro gli ultrà degli stadi, nei confronti dei quali
tutti i provvedimenti repressivi degli ultimi anni sono stati introdotti per
essere esportati al resto della società. Ne potrebbero provare l’effetto sui
rom o sugli scugnizzi dei quartieri periferici che girano in moto senza casco a
favor di telecamera, generando lo scandalo degli spettatori in poltrona. Anche
in questo caso, la storia statunitense ci aiuta a capire. Michal J. White e
Jessica Saunders hanno scandagliato i registri di polizia, le carte dei
tribunali, i dati delle associazioni e le cronache dei giornali nell’arduo
compito di analizzare il rapporto tra l’appartenenza etnica e l’impiego del
Taser nelle strade statunitensi. Dunque, quante possibilità hai di finire
colpito dalla pistola elettrica se sei afroamericano, latinos o
di origini asiatiche? Preso atto che nella maggior parte dei casi i documenti
registrano casi estremi ed episodi letali, i due ricercatori sostengono con
parole fredde e inequivocabili che l’impiego ne conferma la regola: «Il
problema della relazione tra pregiudizio razziale e uso del Taser investe i
dipartimenti di polizia statunitensi».
L’arma è stata definita dalle Nazioni unite come “strumento di tortura”.
Tanto che Taser International ha deciso di cambiare nome, per modificare
la propria immagine associata sempre più spesso alle morti delle persone su cui
era stato usato un Taser.
«Lavoreremo per poter usare il Taser anche sui treni, e nel pacchetto
sicurezza inseriremo una norma per renderlo fruibile agli agenti della polizia
locale – aveva promesso Salvini all’inizio della fase di collaudo – Mi confronterò
con il ministro della giustizia per verificare la possibilità di offrire il
Taser anche alla polizia penitenziaria come richiesto da alcuni sindacati». Ad
oggi, dopo sei mesi di “sperimentazione” in Italia, Viminale ha reso noto
soltanto il numero totale degli utilizzi, senza fornire nessun ulteriore
dettaglio (età della persona, genere, provenienza, circostanze ecc.) sui
singoli episodi di impiego del Taser e sui relativi esiti. Le città coinvolte
nel test di trenta pistole elettriche al momento sono Milano, Napoli, Torino,
Bologna, Firenze, Palermo, Genova, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia,
Brindisi. «Non risulta essere stato condotto (o, quanto meno, non è stato reso
pubblico) uno studio rigoroso e indipendente sugli effetti sulla salute per
stabilire le conseguenze dell’utilizzo della pistola Taser sulle persone,
specie su soggetti potenzialmente a rischio – protesta la sezione italiana di
Amnesty International –. Di fronte a un uso standardizzato delle pistole Taser
da parte delle forze di polizia, compresa la polizia locale, chiediamo che
vengano adottate tutte le precauzioni e messi a disposizione i necessari studi
medici onde scongiurare al massimo gli effetti letali di un’arma ‘non letale’».
(*Giuliano Santoro, giornalista, scrive di politica e cultura su il Manifesto. È autore, tra le altre cose, di Un Grillo qualunque e Cervelli Sconnessi (entrambi editi da Castelvecchi), Guida alla Roma ribelle (Voland), Al palo della morte (Alegre Quinto Tipo).)
(*Giuliano Santoro, giornalista, scrive di politica e cultura su il Manifesto. È autore, tra le altre cose, di Un Grillo qualunque e Cervelli Sconnessi (entrambi editi da Castelvecchi), Guida alla Roma ribelle (Voland), Al palo della morte (Alegre Quinto Tipo).)
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