Da attivista ebreo contro l’apartheid in
Sud Africa, guardo con orrore alla svolta verso la destra estrema che avviene
in Israele alla vigilia dell elezioni di
questo mese, e all’impatto che questo avrà nei territori palestinesi e in tutto
il mondo.
La repressione esercitata da Iraele sui
cittadini palestinesi, sui rifugiati africani e sui Palestinesi della
Cisgiordania occupata e di Gaza è diventata sempre più brutale. La pulizia etnica,
la confisca di terre, la demolizione di case, l’occupazione militare, i
bombardamenti di Gaza e le violazioni della legge internazionale hanno portato
l’arcivescovo Tutu a dichiarare che il trattamento dei Palestinesi gli ricordava l’apartheid,
anzi era peggio.
Trovo anche vergognoso che chi critica
le pratiche brutali di Israele veda spesso minacciata la sua libertà di
espressione, una situazione che ho sperimentato in prima persona. La settimana
scorsa a Vienna, un incontro pubblico in cui avrei dovuto parlare a favore
della libertà dei Palestinesi, nell’ambito della settimana mondiale sull’Apartheid Israeliano, è stato
cancellato dal museo che ospitava l’evento, dietro pressioni da parte del
consiglio comunale di Vienna, che si oppone al movimento internazionale per il
disinvestimento da Israele (BDS).
Il governo di apartheid del Sud Africa
mi proibì a vita dal partecipare a convegni. Niente di quello che dicevo poteva
essere pubblicato, perché ero contrario all’apartheid. È una vergogna che,
malgrado la lezione che dovremmo aver imparato dalle nostre lotte contro il
razzismo, una simile intolleranza continui ancora oggi a sopprimere la libertà
di parola in Palestina.
Durante la lotta in Sud Africa, ci
accusavano di perseguire un programma comunista, ma le calunnie non ci fecero
cambiare rotta. Oggi la propaganda di Israele, ripetuta dai suoi sostenitori,
segue la stessa strada, equiparando qualunque critica a Israele con
l’antisemitismo. A questo dobbiamo ribellarci. Un numero sempre maggiore di
Ebrei in tutto il mondo sta prendendo posizioni contrarie alla politica di
Israele. Molti giovani Ebrei sostengono il movimento a guida palestinese per il
Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS), una pacifica
mobilitazione che si ispira al movimento che contribuì alla fine dell’apartheid
in Sud Africa.
I paralleli col Sud Africa sono molti. Il
primo ministro israeliano ha detto recentemente:
“Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini … Israele è lo stato nazione
del popolo ebreo – e solo di quello.”
Simili dichiarazioni razziste erano
comuni nel Sud Africa dell’apartheid. Noi sostenevamo che una pace giusta era
possibile e che i bianchi avrebbero trovato la sicurezza solo in una società
unitaria, non razzista e democratica, dopo che fosse finita l’oppressione dei
neri sudafricani e si fosse realizzata vera libertà e uguaglianza per tutti.
Il Likud di Netanyahu, invece, fa una
corte disperata ai partiti estremisti e sta abbandonando ogni parvenza di
negoziato con i Palestinesi. Il suo progetto di portare dentro alla coalizione
di governo un partito di coloni estremisti e il partito terrorista che si
ispira a Kahane è davvero osceno. Il suo principale avversario
è un generale che è accusato di crimini di
guerra a Gaza. Finché a governare sarà un regime repressivo
ispirato all’apartheid, le cose andranno sempre peggio per i Palestinesi e
anche per gli Israeliani.
Il movimento anti-apartheid si sviluppò
nel corso di trent’anni, in concomitanza con la lotta di liberazione del popolo
sudafricano, fino ad assumere un ruolo decisivo nella sconfitta del regime
razzista. Gli Europei si rifiutarono di comprare la frutta dell’apartheid; ci
furono boicottaggi sportivi, i portuali da Liverpool a Melbourne si rifiutarono
di scaricare le navi sudafricane; un boicottaggio accademico trasformò le
università in zone libere dall’apartheid; sanzioni sul commercio di armi
contribuirono a spostare gli equilibri a sfavore dell’esercito del Sud Africa.
Mentre il movimento cresceva e le
risoluzioni dell’ONU isolavano il regime di Pretoria, aumentavano le pressioni
sui partner commerciali e sui governi favorevoli al Sud Africa. La storica
approvazione da parte del Congresso USA del Comprehensive Anti-Apartheid Act
(1986) fu un importante punto di svolta. Quando le banche Chase e Barclays
chiusero le loro sedi in Sud Africa e ritirarono i loro prestiti, la battaglia
era praticamente vinta.
Tutto questo richiese un enorme sforzo
organizzativo, oltre alla mobilitazione e all’educazione della base popolare.
Elementi analoghi si ritrovano oggi nel movimento BDS che mira a isolare
l’Israele dell’apartheid. Ogni passo è importante: occorre far pressione su
istituzioni e corporazioni che sono complici dei crimini di Israele, mentre
bisogna sostenere i Palestinesi nella loro lotta per la liberazione. Questo non
vuol dire distruggere Israele e il suo popolo, ma significa lavorare per una
soluzione giusta, come facemmo noi in Sud Africa.
Il dovere di tutti coloro che sostengono
la giustizia nel mondo è quello di mobilitarsi a fianco dei Palestinesi per
dare inizio a un’era di libertà.
(Ronnie Kasrils è stato ministro del
governo sudafricano ed è stato un membro autorevole dell’African National
Congress al tempo dell’apartheid.
Traduzione di Donato Cioli)
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