martedì 2 agosto 2022

Il più grande casinò del mondo - Andrea Barolini

 

Sapete dov’è il più grande casinò al mondo? No, scordate Las Vegas, Venezia e Monaco. Per trovarlo bisogna andare a Wall Street, alla City di Londra o a Singapore: parliamo del mercato valutario, sul quale ogni giorno il valore delle compravendite è compreso tra 6 e 7mila miliardi di dollari. In grandissima parte frutto di pura e semplice speculazione. 

Il mercato valutario è un immenso castello di carte speculativo

Il mercato valutario è concentrato per circa l’80 per cento su solamente sette piazze finanziarie: Londra, New York, Singapore, Hong Kong, Tokyo, Toronto e Sydney. Qui si superano i 6mila miliardi, con la City londinese che spicca con scambi per circa 3mila miliardi di dollari al giorno. 

Complessivamente, il volume quotidiano di scambi è raddoppiato dai tempi della crisi finanziaria del 2008, secondo i dati della rivista specializzata The Full FX. A conferma del fatto che gli speculatori puntano sempre più sulle compravendite di asset monetari. Rendendo il mercato non più semplicemente “drogato”, ma completamente “artificiale”. Un immenso castello di carte speculativo, fine a sé stesso, pericoloso e utile solo a sfruttare i mercati per incrementare i profitti di trader e colossi della finanza. 

Cinque colossi si spartiscono il 44% delle compravendite

A fagocitare il 44% degli scambi valutari sono soli cinque colossi, secondo la classifica di Euromoney relativa al 2021. E se a dominare sono le banche Deutsche Bank, UBS e JPMorgan – rispettivamente tedesca, svizzera e americana – ad erodere l’oligopolio sono ormai i giganti del trading (è il caso, ad esempio, di XTX Markets et Jump Trading). Con un ricorso massiccio all’high-frequency trading. Ovvero software in grado di sostituire i trader umani ed effettuare migliaia di transazioni ogni ora. Guadagnando anche sulla più piccola oscillazione di prezzo. 

Il peso della speculazione su un import-export di soli 28.500 miliardi di dollari

Una turbofinanza sempre più distante dall’economia reale, e sempre più autoreferenziale. Per avere un termine di paragone, basti pensare che il valore dell’import-export mondiale, ovvero dello scambio reale di beni e servizi, al quale dovrebbe all’incirca corrispondere il mercato valutario, è di soli 28.500 miliardi di dollari all’anno. A confermarlo sono i dati del Global Trade Update delle Nazioni Unite, pubblicato a febbraio di quest’anno.  

Ciò significa che, per poco più di quattro giorni all’anno, le compravendite di euro, dollari, yen, sterline ecc. sono “consistenti” (per usare un termine scientifico) con il loro compito. Ovvero essere al servizio degli scambi reali di beni nel mondo. Dal 5 gennaio al 31 dicembre è solo un’immensa giostra a vantaggio di pochi e a rischio per tutti. Pari a circa il 98,8% del totale. Un fenomeno folle, al quale regolatori internazionali, governi e istituzioni sovranazionali ancora si rifiutano di porre degli argini.

)Articolo pubblicato grazie alla collaborazione con il magazine on line Valori.it)

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