«Verbo di Dio, che ti sei fatto carne»: nei sacchi di plastica in cui sono stati raccolti i corpi di Gaza, fatti a pezzi.
«Verbo di
Dio, che hai piantato la tua tenda in mezzo a noi»: nei liquami di
Gaza, che scorrono come fiumi in ogni tenda.
«Anche
Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di
Davide chiamata Betlemme»: e i coloni israeliani lo picchiarono, e
bruciarono la casa e l’uliveto in cui si era fermato.
«Non temete:
ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella
città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per
voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»: affrettatevi,
fate presto, accorrete: prima che un drone lo centri, e tramuti un altro
Bambino in cadavere, la gioia in disperazione.
«Perché ogni
calzatura di soldato che marciava rimbombando, ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco»: ma a Gaza non c’è più legna
per accendere il fuoco.
«E la pace
non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare
e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre»: come potrà
non avere fine una pace che non ha avuto inizio?
«Il Re della
pace viene nella gloria: tutta la terra desidera il suo volto»: Gaza lo
ricorda il tuo volto, quando passasti nelle sue strade, bambino in fuga verso
l’Egitto. Oggi sei invidiato, per quella fuga, che a loro non è concessa.
«Cristo
Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e
divenendo simile agli uomini»: ma quelli che prendono il nome da Te, i
cristiani dell’Occidente, invece, loro considerano un tesoro geloso il valore
della loro vita superiore e di pregio. Non si spogliano: spogliano gli altri –
i diversi, i non cristiani, i non bianchi –, della dignità, e della vita. I
primi non sono simili agli uomini nel cuore, di pietra: gli altri non lo sono
nel corpo, devastato.
«Gioiscano i
cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la
campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta, davanti al
Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra, giudicherà il mondo con
giustizia»: i cieli di Gaza sono solcati da droni omicidi, la terra
carica di macerie, il mare chiuso, proibito. Gli alberi tagliati, bruciati.
Davvero verrà la giustizia? Gli autori e i complici saranno puniti, anche se
sono i signori del mondo? Quando sarà, questo Natale di giustizia?
«E subito
apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e
diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini,
che egli ama”»: e da Gaza rispose una voce: ‘E noi, non ci ama, noi?
Sangue del suo sangue, terra della sua terra, noi non conosciamo pace. La
moltitudine dell’esercito che appare su di noi è uscita dalla porta
dell’inferno, ci uccide. Nessuna luce splende per noi’.
«Prorompete
insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha
consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il
suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra
vedranno la salvezza del nostro Dio»: le macerie di Gaza prorompono in
pianto, nessuno consola il suo popolo, nessun riscatto appare all’orizzonte. Ma
le nazioni hanno visto il suo massacro: i senza potere, lo hanno visto e lo
hanno testimoniato in piazza, fino ai confini della terra.
«Il Signore
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai
troni»: quando saranno rovesciati i troni dei capi dello Stato di
Israele, e quelli dei loro complici in tutto l’Occidente? Quando li vedremo
annegare nel mare delle loro colpe, o Signore?
«Ha
innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati»: è a Gaza, che
devi nascere, o Signore, da nessun’altra parte. Perché lì gli umili sono più in
basso della terra stessa. Perché lì sono stati affamati per calcolo e per odio.
Perché solo a Gaza c’è una possibilità di Dio: perché c’è una possibilità di
umanità. Malgrado tutto.
«Perché un
bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Su coloro che abitavano in
terra tenebrosa una luce rifulse»: oggi sono coloro che sopravvivono
nella Gaza tenebrosa che rifulgono di luce, là dove Natale e Strage degli
Innocenti coincidono. Là dove la disperazione è impastata con la speranza. Là
dove si guarda al futuro con disperata speranza nel mondo.
Ricordaci,
Signore, che «questa fede e speranza nel mondo trova forse la sua più
gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con cui il Vangelo annunciò
la ‘lieta novella’ dell’avvento: “un bambino è nato per noi”»; che «anche se
gli uomini devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare»
(Hannah Arendt). Per incominciare la pace, e la giustizia. Amen
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