venerdì 3 settembre 2021

IL SEGNALE È CROLLATO - Jakob S. Boeskov

 

Un safari nell’impero dell’illusione dove i lucenti camion di Amazon percorrono le strade e gli elicotteri della polizia si librano nel cielo.

 

Articolo originariamente pubblicato da Kunstkritikk, che ringraziamo per la disponibilità.

 

Prendo la metropolitana robotizzata senza conducente per l’aeroporto di Copenaghen. Mi viene fatto un tampone nasale dai rozzi operatori della G4S, un’agenzia di sicurezza danese-britannica che svolge servizi sanitari, ma che si dà il caso sia anche una delle più grandi imprese carcerarie private del mondo. L’azienda che paga l’uomo che mi sta facendo il tampone nasale è stata oggetto di numerose controversie sugli abusi nelle carceri. Per quanto riguarda me, vengo trattato abbastanza bene. Il test è negativo, ma un’ora dopo non mi è permesso salire sull’aereo – viene fuori che il test era del tipo sbagliato.

Trascorro circa un’ora in un aeroporto di Copenaghen quasi completamente vuoto, e mi sottopongo di nuovo al test. Trovo una camera d’albergo, vicino alla stazione di Nørreport, sorprendentemente economico. Sono poche le persone che viaggiano in questi giorni. È strano essere in una stanza d’albergo in una città dove ho vissuto per quasi dieci anni. Nella stanza controllo il cellulare e mi rendo subito conto che sta succedendo qualcosa di strano e violento a Washington DC. Passo le successive quattro ore incollato alla CNN, a guardare una massa di persone vestite in modo bizzarro entrare nel Campidoglio. Distruggono finestre, estraggono pistole.

I poliziotti non stanno facendo molto per fermare la folla. Non posso credere che la CNN continui a riferirsi a quegli stupidi clown chiamandoli terroristi o insurrezionisti. Sono idioti scoordinati, Youtuber con le pistole, niente di più. È uno spettacolo, che divora se stesso producendo un altro spettacolo: lo Stato bipartitico. È uno spettacolo triste, certo, ma è anche una conclusione in qualche modo logica di questa presidenza. È iniziata come un teatro idiota e violento e finirà come un teatro idiota e violento.

Poche ore dopo le rivolte del Campidoglio, sono dentro a un aereo che vola verso ovest, mi allontano dalla provincia e mi avvicino al decadente centro dell’Impero.

Dodici ore dopo sono a New York. Quando atterriamo, controllo il cellulare. Una sostenitrice di Trump – veterana della guerra in Iraq – è stata uccisa al Campidoglio. Un altro «insurrezionista» ha avuto un infarto quando per errore si è fulminato i testicoli con un taser; ora è morto. Ci sono notizie di diversi altri attacchi cardiaci durante l’evento. Forse l’evento violento nel complesso era semplicemente troppo emozionante per i partecipanti.

Prendo i bagagli e lascio l’aereo.

Al JFK il personale militare ti fa compilare un modulo per il tracciamento dei contatti. È un’operazione piuttosto caotica e poco tecnologica: i moduli fotocopiati devono essere compilati e consegnati a un soldato in divisa dietro una scrivania.

Prendo la metropolitana per tornare a casa nel Lower East Side. È tranquilla, non molti viaggiatori, poca frenesia. È tutto così strano e così lento. Prima internet ha infranto la realtà, poi il COVID-19 ha infranto il tempo.

 

Grattacieli vuoti nel distretto finanziario

Mi sveglio il mattino dopo alle 5:30 e scendo al deli. Un’aurora invernale sta penetrando il buio bluastro, i raggi del sole illuminano le torri del distretto finanziario. La città ora è piena di edifici e uffici vuoti. Forse questi edifici si possono usare per qualcos’altro?

Su Canal Street è crollato un semaforo, è caduto in un mucchio di rifiuti abbandonati. I cavi fuoriescono dal terreno come le radici di un albero morto e riverso. Nonostante il crollo (vandalismo? incidente?) il semaforo è ancora acceso, e le sue luci si riflettono nei sacchi neri lucidi della spazzatura. Qualcuno ha legato una striscia gialla con su scritto «Police Line Do Not Cross» tutto intorno a quel triste spettacolo. Un enorme camion Amazon nuovo fiammante si muove lento lungo la strada, sono le prime consegne della giornata. Tutto sta cadendo a pezzi, tutto è sporco e rotto, ma quel camion scintillante e pulito si muove silenziosamente in una strada piena di buche e spazzatura, come un veicolo fantasma venuto dal futuro.

L’egemonia occidentale, predominante sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sembra stia andando in pezzi. L’Europa probabilmente presto avrà il proprio esercito, a meno che l’intero progetto non crolli prima. È una realtà nuova, e sembra diversa in ogni paese, in ogni città, in ogni quartiere.

Nel mio quartiere tutto ha un’aria un po’ postapocalittica, un po’ Mad Max.  C’è una clinica per il trattamento con metadone nel mio isolato, e il quartiere è un centro di eroina, sempre di più da quando è iniziata la pandemia, che ha invertito la direzione di dieci anni di gentrificazione in dieci settimane. In un certo senso, è un sollievo liberarsi dei turisti; molti abitanti del quartiere ne parlano, anche se tutti stanno lottando per capire come guadagnarsi da vivere in una città vuota. I musicisti e le persone che lavorano nei ristoranti sono disperati. Ho la sensazione che la maggior parte degli artisti non sia poi così spaventata; sono abituati a sopravvivere – in un modo o nell’altro – in un sistema che premia solo pochi fortunati.

Mi piace la nuova New York, ma a volte è cupa. Quest’estate un tossico ha colpito un altro tossico alla testa con una catena antifurto per la bici. In primavera, una volante della polizia stava parcheggiata all’angolo ogni notte, con tutte le luci lampeggianti, indicando uno stato di emergenza permanente. A volte sembra che stia andando tutto in rovina. Ma se fai due passi verso West Village o Brooklyn, la gente è seduta col suo brunch come sempre. Il futuro non è distribuito in maniera uniforme, e nemmeno l’impatto del crollo finanziario e del COVID-19.

Il fallito colpo di Stato del titanio

La vera tragedia dell’era Trump è il fatto che il bombardamento quotidiano di spettacolo e assurdità fa sì che si trascurino gli eventi cruciali. Nel novembre 2019 la CIA ha supportato un tentativo non riuscito di colpo di Stato in Bolivia. La Bolivia è un paese povero che possiede le più grandi riserve al mondo di titanio, un elemento fondamentale nella produzione delle batterie che alimentano computer, telefoni e automobili elettriche.

 

L’estate del nostro scontento

È stato facile unirsi alle proteste esplose in tutti gli Stati Uniti dopo l’omicidio di George Floyd. Succedeva sempre qualcosa fuori dalla mia finestra. Mi piacevano gli slogan. Le persone in testa ai cortei nelle manifestazioni gridavano attraverso i megafoni: «Sveglia! Svegliatevi! Questo è un problema anche vostro!», rivolgendosi a sconosciuti passanti, alla gente che mangiava nei locali all’aperto appena costruiti. Come molti altri, mi sono trovato da entrambi i lati di queste situazioni, più di una volta. Ma gli slogan inclusivi mi piacevano comunque, anche quando erano rivolti a me. Gli effetti disumanizzanti del capitalismo totale colpiscono tutti, non vi pare?

Una patetica settimana di giugno ho finito i soldi e ho speso i miei ultimi risparmi per comprare riso e pomodori in scatola. Ne ho comprati abbastanza per andare avanti due mesi. Avere tutto quel cibo nella mia cucina mi sembrava bellissimo. Tutti stanno cominciando a rendersi conto che la normalità come la conosciamo non tornerà.

Alle manifestazioni ho incontrato un po’ di amici. È stato bello tornare a vedere le persone dopo settimane di isolamento. Un giorno, mentre partecipavo a un corteo da qualche parte in centro, abbiamo superato un accampamento di senzatetto che vivevano sotto dei ponteggi. C’era un uomo anziano avvolto in coperte grigie anche se era metà maggio e faceva caldo. Stava leggendo una copia lacerata di un romanzo horror di Dean R. Koontz, The Face Of Fear. Non ha alzato lo sguardo dal libro neanche per un secondo mentre il corteo gli passava accanto. Quell’uomo – che era afroamericano – non ha accennato a un solo movimento. Stava lì seduto, folgorato dal suo libro. Forse quel libro riusciva meglio del nostro corteo a comprenderlo e confortarlo per l’orrore e la crudeltà della sua esistenza.

Penso che ormai sia ovvio per quasi tutti: gli Stati Uniti sono diventati una semi-oligarchia, una nazione che ha più aspetti in comune con altri paesi americani come il Brasile e il Messico di quanto a molti piaccia ammettere. Non è solo un problema americano. Anche l’Italia e gran parte dell’Europa risentono degli effetti della globalizzazione; non c’è più una base manifatturiera e quindi non c’è modo di sostenere finanziariamente gran parte della popolazione.

 

Non finisce mai

Ultimamente sono stati lanciati vari appelli a riscrivere la storia dell’arte, la storia del cinema, la storia della cultura in generale. L’idea è quella di creare nuove storie, più inclusive, più riflessive rispetto alle tragiche eredità del colonialismo, del razzismo, e così via. Di recente il New York Times ha iniziato a pubblicare necrologi giornalieri con il titolo Overlooked No More [«mai più ignorati»], dove si celebrano persone di colore, minoranze sessuali e donne per i loro successi nei campi della scienza, dell’arte e della letteratura. Un’iniziativa solidale, che però naturalmente sarebbe dovuta arrivare molto prima – gli artisti più interessanti spesso erano persone non eterosessuali e con una tonalità di pelle diversa dal rosa. Ma in fondo non è crudele e offensivo celebrare le persone solo quando ormai sono morte? Questa iniziativa non significa forse che in realtà è stato proprio il New York Times – il «quotidiano di riferimento» della nazione più ricca della Terra – a ignorare questi innovatori fino a ieri?

I necrologi giornalieri di Overlooked No More sembrano gesti vuoti, rituali quotidiani di autocommiserazione. Anche il fatto che tutti questi necrologi siano sempre scritti in base a criteri come la razza o il genere è eloquente. E poi tutti quegli uomini e quelle donne che, per motivi socioeconomici, non hanno avuto accesso a un alloggio, alle cure sanitarie e all’istruzione? Loro non meritano di non essere «mai più ignorati»?

Il desiderio di riscrivere la storia è comprensibile, ma sarà sempre un’impresa difficile. La storia è sempre una finzione. Servono nuove strutture culturali. Ho sempre trovato stimolanti le prime espressioni di arte femminista e gli albori della musica hip-hop, perché questi movimenti hanno respinto i sistemi di produzione esistenti per promuovere la creazione di nuove strutture autonome. Crea i tuoi musei, crea le tue etichette discografiche.

Gli attuali sistemi di produzione culturale possono essere riformati? Dipende dai destinatari della domanda. In un certo senso, è una questione di classe. Soltanto coloro che nascono all’interno delle cosiddette «classi creative» credono veramente che il sistema sia aperto e democratico, che sia riformabile. Per la maggior parte degli altri sembra irrimediabilmente chiuso.

Quando mi sono trasferito a New York nel 2006, c’era una quantità di giovani artisti che andavano in giro con i loro portfoli bussando alle porte delle gallerie di Chelsea. Una cosa che non vedevo più da tanto, tantissimo tempo. Viviamo a tutti gli effetti in una società neofeudale dove la cultura è ormai ridotta a cultura di corte, una pratica artistica cortese eseguita da individui accuratamente selezionati. Andy Warhol e molti altri artisti della sua generazione provenivano dalla classe lavoratrice, ma a quanto pare ormai la classe lavoratrice non ha più accesso ai saloni della cultura in Occidente.

Il fatto è che il divario più pressante in Occidente è tra chi ha una laurea e chi non ce l’ha. E questo divario è anche razziale. C’è qualcosa di terribilmente sbagliato, qualcosa che va oltre la razza e il genere. Il marciume del capitalismo totale ha infettato ogni aspetto della società americana, dalla sanità al diritto alla casa, al mondo accademico, all’arte, al cinema e alla musica pop. Tutto gira intorno ai soldi, come se nessuno credesse più in niente.

Anche la sorveglianza ormai spesso opera in modo grottesco, sinistro, nel contesto di una struttura a scopo di lucro, descritta da Jackie Wang nel suo Carceral Capitalism. Il mercato ha invaso ogni singolo aspetto della società. L’orrore del sistema neoliberista è evidente a tutti. C’è la sensazione diffusa che l’intero sistema debba essere ricostruito (anche i sistemi culturali), che l’America sta affrontando qualcosa che non si risolve con piccoli aggiustamenti.

È fondamentale costruire nuovi sistemi culturali che vadano oltre i confini della click economy, oltre l’idea ingenua di riformare l’irreparabile. In fin dei conti il virtue signalling è controproducente. Bisogna affrontare il nocciolo del problema, ovvero le forze brutali del capitalismo totale.

Criticare il virtue signalling è complicato. Spesso le dichiarazioni pubblicate online suscitano empatia, ma è ovvio che per la maggior parte si tratta di post di persone ansiose di far vedere che sono parte del «lato buono» e che quindi non dovrebbero essere silenziate. Spesso, il virtue signalling agisce come misura preventiva, come controllo preventivo dei danni. Un fenomeno simile si è verificato in Cina negli anni Settanta, quando tutti hanno dovuto dichiarare pubblicamente la loro fedeltà alla nuova Rivoluzione Culturale per evitare di essere ostracizzati.

Per il blogger e scrittore Mark Fisher, il 2005 è stato l’anno in cui il «tempo culturale» si è fermato. In quell’anno è stato inventato l’iPhone, e tutta la cultura, soprattutto la musica, è diventata immediatamente disponibile. Forse è stato questo a soffocare l’innovazione culturale: la tecnologia è una forza trainante nei cambiamenti sociali, ma non sempre in senso positivo. I nazionalsocialisti tedeschi non sarebbero mai potuti salire al potere senza nuove tecnologie dell’informazione come la radio e il cinema.

Il terrore dev’essere affrontato per quello che è. Ad alimentare il rapido precipitare dell’America nell’oligarchia non sono il razzismo o il sessismo, ma la globalizzazione e la sua finanziarizzazione; una nuova tecnologia, che presto – quando l’automazione basata sull’IA diventerà una realtà – lascerà gran parte della società americana senza lavoro. È questa l’origine del crollo. Wall Street non si preoccupa della vostra sessualità, si preoccupa soltanto dei soldi.

Non ci può essere alcun cambiamento sociale all’interno dei social media. I fallimenti della Primavera araba hanno dimostrato che un cambiamento significativo non può nascere online. Qualsiasi movimento sociale confinato all’interno delle realtà commerciali della click economy è destinato a fallire. Internet è stato inventato dall’esercito americano, e questa origine è parte del suo DNA. Quella di una vita sociale al di fuori dei social media rimane una necessità primaria.

Nel frattempo, è palese che milioni di persone stanno lottando per sopravvivere. C’è bisogno di alloggi adeguati, cibo e acqua in quantità sufficienti, assistenza sanitaria, e politiche che non siano né razziste né algoritmiche. Serve un cambiamento materiale, non simbolico. Suggerire che il razzismo sistemico, l’oppressione di classe sistemica e il sessismo sistemico verranno risolti con un Ghostbusters tutto al femminile o un James Bond non-bianco è profondamente offensivo, ed è un’idea molto pericolosa, poiché trasforma questioni complesse e urgenti in banali sciocchezze.

 

Spettacolo 1 / Spettacolo 2

Quando ero in Cina nel 2002 e in Russia nel 2010, la gente sembrava avere paura di criticare il governo. In quei paesi si percepisce nell’aria che farlo può essere pericoloso. Quando sono andato in Nigeria nel 2012, mi ha sorpreso sentir parlare apertamente dell’idiozia e della corruzione dei leader politici e delle élite. Ovunque si potevano comprare giornali che facevano a pezzi i politici nigeriani senza timori, con satira e arguzia.

Spero che l’America vada nella direzione della Nigeria anziché in quella della Cina o della Russia. Paradossalmente la libertà di stampa oggi non è nelle mani della stampa, ma nelle mani della Silicon Valley, di Facebook e Google. Ed è a dir poco una pessima idea far collaborare la Silicon Valley e il governo per decidere cosa sia legale dire e cosa no.

La Silicon Valley ha sostituito Hollywood nel ruolo di centro di potere di cui il Partito Democratico è sempre alleato. La Silicon Valley è il vero centro del potere in America oggi. È lì che i padroni della tecnologia lavorano e vivono, è il centro di un nuovo tecno-feudalesimo dove solo chi impara a programmare avrà accesso al bottino del nuovo ordine tecnocratico. Il potere della Silicon Valley sul discorso pubblico supera quello di media, industria dell’intrattenimento e mondo accademico messi insieme.

Molti politici stanno già abbracciando le rivolte del Campidoglio come un nuovo 11 settembre, come un modo per frenare il dissenso, per avere la nazione unita attorno a un nuovo presidente. La guerra al terrorismo è stata un fallimento, e sarebbe un peccato vedere gli errori commessi ripetersi in altri modi. Lo spettro del terrorismo islamico è stato sempre gonfiato in modo sproporzionato, e un’altra guerra contro un altro nemico invisibile è destinata a fallire. Nei giorni seguenti alle insurrezioni di Capitol Hill, i principali media hanno accennato a una nuova ortodossia: l’America è ora minacciata internamente da gruppi paramilitari fascisti.

Se lo spettro del populismo razzista di destra è molto reale – del resto lo abbiamo vissuto per quattro anni –, il fatto che i gruppi paramilitari fascisti americani rappresentino un’autentica minaccia rimane un’ipotesi (vale la pena ripeterlo: le masse che hanno fatto irruzione nel Campidoglio non hanno compiuto atti di violenza coordinata e non avevano obiettivi o dichiarazioni da fare. La maggior parte ha scattato selfie e ha trasmesso in diretta le proprie azioni criminali in questo bizzarro primo esempio di iperrealtà televisiva cripto-politica violenta).

Sembra più probabile che lo spettro della violenza di destra – che di volta in volta è una minaccia reale, proprio come il terrorismo islamico lo è stato occasionalmente – sarà utilizzato per far rispettare lo status quo, per produrre consenso in uno Stato bipartitico tecnocratico che si è allontanato sempre più da quella che si può definire una vera democrazia. Questo paradosso, il fatto che l’America può avviarsi verso il totalitarismo proprio nell’atto di combatterlo, ha molti precedenti storici.

Nel mezzo di questa crisi esistenziale della democrazia americana è importante mantenere la calma e non indulgere a fantasie apocalittiche e alla paura dell’ignoto. A minacciare l’America non è l’estremismo, ma il ritorno allo status quo. Nessuno dei due partiti sembra disposto o in grado di fornire soluzioni immediate che potrebbero ridurre al minimo la crisi – soluzioni come l’assistenza sanitaria universale o il reddito di base universale. Cinque persone sono morte durante le rivolte del Campidoglio. Trecentomila americani – per lo più poveri – sono morti di COVID-19.

 

Aerei spia su Red Hook

Ieri ho preso il traghetto per Red Hook per incontrare il mio amico Peter. Non lo vedevo da quasi un anno. Vive a Los Angeles, ma ora è finalmente venuto a New York per vedere amici e familiari. Mi ha parlato di una curiosa esperienza. Un amico gli aveva parlato di un coltello da cucina giapponese che gli avevano regalato a Natale. Peter non ha alcun interesse per i coltelli da cucina e aveva rapidamente dimenticato l’aneddoto. Ma il giorno dopo, il suo feed su Instagram era pieno di pubblicità dello stesso coltello da cucina giapponese. Questo è il capitalismo della sorveglianza, un nuovo tipo di sistema di informazione telepatico dove tutto ciò che diciamo, cerchiamo o facciamo, si rispecchia nelle nostre vite in un ciclo di psicosi collettiva infinita.

Mentre Peter mi raccontava la storia del coltello, due aerei spia Hawkeye hanno attraversato lo spazio aereo vuoto di Manhattan. I piloti si stavano solo godendo quel tramonto spettacolare oppure eravamo di fronte a un esempio di allerta militare per una nazione che di fatto si ritrova senza un presidente?

Trump è ora bannato permanentemente da Twitter, cosa che ha creato un silenzio totale. Le continue assurdità provenienti dalla Casa Bianca sono state improvvisamente silenziate. Questo divieto dimostra l’infinito potere ottenuto dalle megasocietà della Silicon Valley.

 

Criptarsi con la poesia

Forse sta andando tutto in malora, che ci piaccia o no. Quindi cosa possiamo fare? Be’, perché non considerare l’abbondanza di bellissimi film girati in Unione Sovietica negli anni che hanno portato al crollo? Penso soprattutto – ma non solo – ai film di Andrei Tarkovsky. Questi film non sono stati creati all’interno di un sistema democratico, e questo è rilevante perché, siamo realistici: l’America non è più una vera democrazia (non tutti vi hanno accesso, il sistema bipartitico è una farsa). In secondo luogo, questi film sono stati creati all’interno di un sistema in cui non c’era libertà di parola. E non credo che l’Occidente ormai goda della totale libertà di parola. Che si incolpi il mercato, la correttezza politica, o gli algoritmi, non cambia nulla. Penso che tutti sappiamo che in qualche modo è vero.

Quindi è uno spettacolo di merda, certo. Ma invece di disperare, perché non celebrare le gioie astratte di questi film sovietici? Forse la loro sublimità è uscita dalle condizioni restrittive in cui sono stati creati. Questi film erano così poeticamente codificati da rendere impossibile la censura da parte dalle autorità. Questi film sono usciti dalla Guerra Fredda. Stiamo assistendo all’inizio di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, che è principalmente una guerra economica ma anche una guerra dell’informazione.

Non ci sarà una vera guerra tra la Cina e gli Stati Uniti. La Cina non va in guerra in un altro continente da migliaia di anni, e l’era neocoloniale americana sembra esaurita, conclusa. Emergerà un nuovo mondo bipolare, e forse questa non è una cosa negativa per la cultura. Forse l’arroganza del consumismo vuoto che ha dominato la cultura occidentale dal 1989 è potuta fiorire solo perché l’Occidente non aveva altri imperi con cui confrontarsi. In un nuovo mondo bipolare, la guerra dell’informazione sarà una realtà quotidiana, i progressi nell’IA determineranno gli esiti geopolitici.

In questo nuovo panorama, l’unico modo per produrre arte è attraverso il criptaggio. Una modalità di criptaggio si chiama poesia, ma ce ne sono anche altre. Pensa a come puoi criptare te stesso. Non basta utilizzare app di messaggi pseudocriptati come Signal, il criptaggio dovrà essere il tuo. La depressione è anticriptografica e reazionaria, non porta a nulla. O, come si suo dire: «se non ridi, piangerai». Su col morale e mettiti al lavoro. Forse il mondo sta finendo, ma del resto il mondo finisce sempre al tramonto e rinasce sempre la mattina dopo all’alba.

 

Traduzione di Clara Ciccioni

 

Jakob S. Boeskov è un artista che vive a New York. Ha scritto e diretto i film Empire North e Roy Camera, e ha scritto per Lettre International e DIS Magazine.

 

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