lunedì 27 giugno 2022

Di Conquista dell’America e Leggenda nera - Lia (di Haramlik)

  

 (Metto qui un post che avevo scritto su Facebook, ché è una riflessione che voglio continuare.)

Due dati sulla colonizzazione spagnola e una premessa: dal s. XVI, l’operato della Spagna in America è stato oggetto di una violentissima campagna denigratoria chiamata Leggenda nera, il cui scopo apparente era/è la denuncia dei crimini commessi dai conquistatori spagnoli.
In realtà, la Leggenda servì (e continua a servire ancora oggi, in questo momento) a sottrarre il colonialismo alla sua dimensione planetaria, legata alla comparsa e al consolidamento del capitalismo (ve la immaginate, l’Europa di oggi, se non ci fosse stato il colonialismo?) e a gettarne tutte le responsabilità su un unico paese, la Spagna, che nel s. XVI era il più potente e al cui posto aspiravano le metropoli concorrenti: Olanda, Francia e Inghilterra in particolare. Potenze che, in seguito, ne presero effettivamente il posto, come “portatrici di civiltà”, compiendo crimini maggiori, più efferati e in tempi più vicini a noi.

Se facciamo un bilancio, oggi, dei crimini coloniali o neocoloniali commessi da Olanda, Francia, Inghilterra, Belgio, Stati Uniti (e mettiamoci pure Israele), la Spagna spicca solo per una cosa: per essere stato il paese che si è posto più scrupoli, riflessi in un’imponente legislazione a favore delle popolazioni indigene e nella creazione, dal primo istante, di un meticciato senza uguali nel pianeta. Nessuna altra potenza coloniale espresse, nei secoli passati, uomini come Bartolomé de las Casas, in nessuno ci furono polemiche interne sulla legittimità della Conquista come ci furono in Spagna.
Pierre Vilar scrive: “E’ degno di nota, per una potenza coloniale, avere avuto un Las Casas e non averlo lasciato isolato e privo di influenza. La Escuela de Salamanca, con Melchor Cano, Domingo de Soto e Francisco de Vitoria, a metà del s. XVI, riuscì a spostare la discussione dal piano umanitario a quello giuridico del “diritto delle genti”. […] L’essenziale, di fatto, è distinguere tra una pratica brutale (ma non più brutale di qualsiasi altra colonizzazione) e una dottrina, che include una legislazione dalle intenzioni sommamente elevate, che sono peraltro costantemente mancate in colonizzazioni più moderne.”

Fare della Spagna lo “straw man” del colonialismo ha peraltro svolto, e continua a svolgere, un ruolo di rafforzamento delle “ragioni” del razzismo dei paesi “bianchi”, che sono alla base del loro discorso “civilizzatorio”. L’Africa, si sa, comincia con i Pirenei. Gli spagnoli erano diversi, impasto di mori ed ebrei, scuri e cattolici. Facile raffigurarli nella rappresentazione dell’Altro.
E arriviamo a oggi: è indubbio che buona parte della cultura ispanoamericana è di matrice spagnola. Dalla sua storia all’unità linguistica, fino ai suoi uomini più rappresentativi, a cominciare da José Martì. Per secoli, inoltre, la Spagna rimane fuori dal novero delle “potenze occidentali”, in una situazione economica e sociale che non è quella dei paesi dal capitalismo pienamente sviluppato. Gettare discredito sulla Spagna serve a gettarlo sulle radici culturali dell’Ispanoamerica e a creare il terreno per missioni “civilizzatorie” sempre nuove, costanti nel tempo. Ad affascinare quei gruppi sociali ispanoamericani avidi di “modernizzazione” e a ribadire la presunta superiorità di quei paesi che ancora oggi, per sostenere le loro politiche di rapine, hanno bisogno di vendere ai colonizzandi la narrazione della loro presunta superiorità, anche morale.

E quindi, no: non è un bello spettacolo, quello della furia antispagnola dei benintenzionati cittadini USA. Dovrebbero guardare in casa loro, per essere credibili. Suggerirei il monumento al Maine di New York, per esempio.

(Come fonti sto usando R. Fernandez Retamar, “Contra la Leyenda Negra”, e G. Bellini, “Spagna e Ispanoamerica, storia di una civiltà”.)


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