giovedì 16 febbraio 2023

L’unica soluzione dei governi per la guerra è la guerra stessa - Riccardo Fiore

Ormai sono duemila anni che sentiamo parlare di “Pace”. In uno Stato come il nostro poi, con il Vaticano come coinquilino, la pace come messaggio centrale del cristianesimo è da sempre la parola più gettonata dai pulpiti cattolici: la pace dei popoli, la pace dell’anima, la pace del Signore, andate in pace, ecc ecc… La cosa più assurda però è che spesso sentiamo parlare anche di “Lotta per la pace” quindi poi agli attenti lettori sorge il dubbio: parliamo di pace e vicino troviamo la parola “Lotta”? Ciò significa che, in qualche modo, anche la gloriosa e decantata parola “Pace” si serve anche del suo contrario. Ecco appunto, “Lotta”.

La lotta, la guerra e il conflitto. Sinonimi tra di loro che alla fine ricadono sempre soprattutto sulle popolazioni più che sugli eserciti e sull’economia della guerra. Si chiede la pace con il culo delle popolazioni, con la lotta dei volontari, con la giusta Resistenza e con lo strascico dell’arrangiarsi degli sfollati. Bombardati anche noi in questo periodo da televisioni propagandistiche troviamo sui tanti schermi e sulla poca carta molte storie e immagini di civili in difficoltà. Proviamo così dai nostri comodi divani a capirci qualcosa e invece alla fine ne capiamo meno di prima perché le vere notizie sono contaminate e inondate dalle storie del dolore televisivo (quello che fa share) o dalla sofferenza multimediale legata ai video amatoriali web. Sentiamo parlare poco di validi programmi pacifisti, non sentiamo per niente parlare di prove di disarmo e soprattutto fino all’anno scorso non sapevamo neanche quale fosse lo stato europeo più grande per estensione dopo la Russia e ora vogliamo capire di guerre e conflitti?

Non sapevamo nulla del comico che guidava il governo giallo-blu, non sapevamo nulla delle proteste filorusse del 2014 e ignoravamo l’importanza del più grande “granaio” europeo. Sapevamo qualcosa sulla corrotta politica ucraina? Sapevamo che legame ci fosse con le organizzazioni di ultra-destra nelle regioni al confine russo? Sapevamo qualcosa del reggimento Azov? Sapevamo che tipo di simbologia neonazista usano i loro militari? Abbiamo anche ignorato che tra il 2017 e il 2018 l’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani abbia descritto i militari della brigata Azov come omofobi, sessisti, e razzisti. Ora invece? Cosa facciamo di bello? Continuiamo ad armare un faceto comico, ormai tragico, che elemosina pezzi di artiglieria in giro per il mondo. Si sente francese per missili, tedesco per i carri-armati, americano per i caccia e italiano per i fucili e i mitra.

Se siete arrivati fino a qui in questa lettura mi direte: – Allora sei un filo-russo? Rispondo – No! Semplicemente non vorrei armare nessuno e soprattutto non sono filo-americano che come sempre (gli americani) sono in cerca di burattini per combattere guerre lontane da casa loro.
Nutro un senso di acriticità nella visione di questa guerra che mi rende impassibile a capirne la vera natura e i vari cambiamenti. Non si può capire cosa succede veramente tra la marea di fake news, la continua stampa propagandistica e le battute di agenzia sui nostri piccoli politici. Piccoli come statisti, piccoli per i loro valori, piccoli come amministratori. Nessuno escluso.

La vera ragione è che l’uomo è troppo stupido per sopravvivere. Le guerre sono comportamenti di studio infatti è inutile nascondere che i soldati si preparano ad usare armi e ad uccidere e non al solo a difendersi come da anni ci viene detto in occasione di pompose kermesse militari. I conflitti esisteranno sempre perché la guerra è la natura dell’uomo e della sua economia. C’è chi la vuole perché è motivo di ricchezza e di potere, c’è chi la prepara e la studia producendo armamenti, e c’è anche chi tra la pace e la guerra sceglie la partita la domenica o il nuovo programma culinario in tv. Ipocrita Putin con la sua “Operazione Speciale” , ipocrita la Rai e ipocrita la letterina di Volodymyr durante il Festival. Ipocriti i nostri parlamentari che tutto hanno detto tranne che spiegarci come, secondo loro, si dovrebbe raggiungere una giusta e adeguata tregua. Ipocriti tutti noi che al posto di pensare alle popolazioni devastate pensiamo al gas per i nostri inverni o al carburante delle nostre automobili.

Allora a questo punto è doveroso tornare nel 1994 con un Carmelo Bene ospite da Costanzo. E’ giusto ricordare la geniale critica che CB fece all’ ipocrisia, la stessa ipocrisia costruita su falsi sentimenti di cui non riusciremo mai a liberarci:

“Non me ne fotte nulla del Rwanda, e lo dico.
Voi no, non ve ne fotte, ma non lo dite!”

da qui

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