lunedì 24 dicembre 2012

La “storia” del Master Plan in Costa Smeralda - Sandro Roggio


Master plan è un titolo importante. Fuori dall’Italia si dà preferibilmente agli strumenti di governo del territorio convalidati dalle istituzioni. In Sardegna è associato da qualche decennio a ogni proposta dell’impresa voluta dall’Aga Khan (evoca strategie aziendali progredite ed evita la poco elegante denominazione “lottizzazione a scopo edilizio”).
La storia della Costa Smeralda è anche segnata dai vari  tentativi di farsi approvare  programmi di crescita inammissibili, master plan alleggeriti via via che le norme urbanistiche si sono evolute. Con  lentezza,  ma  nel senso di una maggiore tutela del  paesaggio grazie a importanti leggi statali.
Insomma le idee  di espansione  di quella splendida parte di Gallura hanno fatto i conti con i tempi della maturazione della cultura del paesaggio. Poco sviluppata nei primi anni Settanta, quando il primo (più sconsiderato che impudente) programma di fabbricazione del Comune di Arzachena è coincidente con le attese del principe ismailita: che per questo mette a disposizione il suo progettista Luigi Vietti, architetto di successo negli anni ’30 (chiamato  nel dopoguerra  a prendersi cura di Cortina d’Ampezzo e Portofino).  La previsione per 370mila vani-abitanti sembra un’allucinazione  (complici le luci psichedeliche del tempo?). Finirà fortunatamente in archivio e senza  etichette,  anche per  all’allarme lanciato da Antonio Cederna  sul  «Corriere» tra il ’70 e il ’72...

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