mercoledì 4 aprile 2018

Il poster della famiglia felice - Commissione Sexta EZLN

Messico – Marzo 2018

Alle persone, gruppi, collettivi ed organizzazioni che, in tutto il mondo, hanno compreso e fatto propria l’iniziativa del Consiglio Indigeno di Governo e della sua portavoce:
Alla Sexta nazionale e internazionale:
A chi ha firmato per la portavoce del Consiglio Indigeno di Governo:
CONSIDERANDO CHE:
Primo ed unico:
La Famiglia Felice.

Un villaggio, o città, o come si chiami. Un luogo del mondo. Un muro. Incollato alla rugosa superficie del grande muro, un poster, cartellone, o una cosa così. Nell’immagine, un uomo e una donna sorridono ad una tavola traboccante di cibo. Accanto alla coppia, una bambina sorride; di lato, un bambino mostra la sua brillante dentatura. Su di essi, a lettere grandi e intimidatorie, si legge “LA FAMIGLIA FELICE”. Il cartellone è ormai vecchio, con la patina del tempo a spegnere i colori che, supponiamo, una volta fossero brillanti e, si potrebbe dire, felici. Mani anonime hanno aggiunto su dei foglietti di carta: “La famiglia felice è felice solo con la benedizione del divino”; “No alla famiglia omosessuale, a morte i froci e le lesbiche!”; “È la maternità a rendere felice la donna”; “Si stappano tubi. Preventivi senza impegno”; “Si affitta casa felice per famiglia felice. Astenersi famiglie infelici”.
Di fronte, sul marciapiede ai piedi del muro, la gente va e viene senza prestare attenzione all’immagine sbiadita. Ogni tanto, qualcuno sembra schiacciato da un pezzo caduto dal muro decrepito. Vero, questi crolli parziali si verificano con sempre più frequenza. Pezzi di muro si staccano e schiacciano a volte una sola persona o un piccolo gruppo, a volte comunità intere. La commozione tra la moltitudine dura solo pochi istanti, poi riprende la sua strada sotto lo sguardo pallido della famiglia felice.
Catastrofi grandi e piccole che non devono distrarci dall’essenziale: ad un certo intervallo di tempo, il supremo artefice di “famiglie felici” annuncia l’elezione, libera e democratica, del custode del poster. E proprio adesso, il felice calendario, di cui ora ti accorgi, che si vede dietro la famiglia felice segna che è tempo di scegliere. In queste date, un’attività febbrile percorre la folla che, senza fermarsi, pensa, discute e litiga sulle diverse opzioni offerte per custodire il gigantesco cartellone.
C’è chi segnala il pericolo che l’imperizia manifesta dei suoi rivali metta a rischio la malconcia immagine, simbolo di identità del villaggio, città, o cose così. Una persona si offre di rimodernarlo e restituirgli la lucentezza ed il colore di una volta (in realtà, nessuno ricorda quel tempo, quindi non si può nemmeno dire che una volta sia realmente esistito – certo, solo nell’indubbio caso che si possa attribuire esistenza al tempo -). Un altro dice che le amministrazioni precedenti hanno trascurato l’immagine e a questo si deve il suo visibile deterioramento.
Le diverse proposte infiammano le discussioni tra i passanti. Si incrociano accuse, calunnie, menzogne, argomenti con la solidità dell’effimero, condanne e sentenze apocalittiche. Si riflette sull’importanza e trascendenza del momento, sulla necessità della partecipazione cosciente. Non si è lottato tanti anni invano per poter scegliere chi custodisca la felice immagine della famiglia felice.
Si formano bande: là quella di chi insiste in un rinnovamento prudente; un’altra insiste nel postulato scientifico che “meglio il cattivo che si conosce, che il buono che non si conosce”; un’altra banda riunisce chi offre probità, buon gusto, modernità. Gli uni e gli altri gridano: “Non pensare! Vota!”. Uno striscione che ostacola l’andirivieni della gente, recita “Qualunque appello a ragionare sul voto, è un invito all’astensione. Non è il momento di pensare, ma di prendere partito”.
Le discussioni non sempre sono misurate. È così importante scegliere il responsabile dell’immagine, che non poche volte le bande arrivano alla violenza.
C’è chi parla di abbondante quantità di felicità per chi risulti vincitore, ma, lungi dagli interessi mondani, sui volti austeri dei contendenti si avverte la serietà della questione: è un dovere storico, il futuro è nelle mani titubanti di chi dovrà scegliere, è una grave responsabilità che pesa sulle spalle della gente; peso che, felicemente, sarà alleviato quando si saprà chi sarà il vincitore e procurerà felicità alla felice immagine della famiglia felice.
È tale la frenesia che tutti si dimenticano completamente dell’immagine ritratta. Ma la famiglia felice, nella solitudine del muro, indossa il suo perenne e inutile sorriso.

Ai piedi della lunga e alta parete, una bambina alza la mano chiedendo di parlare. Le bande non la vedono nemmeno, ma non manca qualcuno che dice: “poverina, è una bimba e vuole parlare, lasciamola parlare”. “No”, dice un’altra banda, “è un trucco della banda avversaria, è per dividere il voto, è una distrazione affinché non riflettiamo sulla gravità del momento, è un chiaro invito all’astensione”. La banda più in là, obietta: “Che capacità può avere una bambina di opinare sul cartellone? Le mancano studi, deve crescere, maturare”. E da quella parte: “non perdiamo tempo ad ascoltare una bambina, dobbiamo concentrarci sulla cosa importante: decidere chi è il migliore per custodire il cartellone”.
La “Commissione per la Nitidezza e Legittimità per l’Elezione dell’Addetto alla Custodia dell’Immagine della Famiglia Felice” (CNLEACIFF), ha emesso un serio e breve comunicato, conforme alla gravità dei tempi: “Le regole sono chiare: NON SONO AMMESSE BAMBINE”.
Nuove riflessioni degli analisti esperti: “l’unica cosa ottenuta dalla bambina è stato legittimare la CNLEACIFF. Chiedendo la parola, la bambina è entrata nel gioco ed ha perso, il resto non conta”; “Il fallimento della bambina è sintomo del fallimento del processo di rinnovamento, le istituzioni dovrebbero lasciare che la bambina parli”; “È stato commovente, lei, con la sua manina alzata a chiedere attenzione, poverina”; “È stato un risultato avverso, il prodotto di un’analisi sbagliata della congiuntura, il contesto e la correlazione di forze, questo segnala l’assenza di un’avanguardia rivoluzionaria che guidi le masse”; “Eccetera”.
Ma le discussioni sono durate solo pochi minuti, e l’andirivieni dei passi e delle ingiustizie ha seguito il suo corso. Non si è ascoltato la bambina mentre indicava non l’immagine, ma il muro su cui la famiglia felice mostrava la sua ormai deteriorata placidità.
In piedi su un mucchio di macerie, circondata da cadaveri di bambine e pietre sbriciolate, la bambina denunciava, laconica, l’evidente:
“Cadrà”.
Ma nessuno ha sentito…
Un momento… nessuno?
(Continua?…)
-*-

In base a quanto sopra esposto, la Commissione Sexta dell’EZLN convoca il:
CONVERSATORIO (o semenzaio):
“Sguardi, Ascolti e Parole: Proibito Pensare?”
In cui diverse persone del Congresso Nazionale Indigeno, del Consiglio Indigeno di Governo, delle arti, delle scienze, dell’attivismo politico, del giornalismo e della cultura, condivideranno quello che vedono e sentono.
Il conversatorio si svolgerà dal 15 al 25 aprile 2018 presso il CIDECI-Unitierra, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico.
Hanno confermato la loro partecipazione, tra altr@:
Marichuy (portavoce del Consiglio Indigeno di Governo).
Lupita Vázquez Luna (consigliere del Consiglio Indigeno di Governo).
Luis de Tavira Noriega (direttore di Teatro).
Mardonio Carballo (scrittore).
Juan Carlos Rulfo (cineasta).
Paul Leduc (cineasta).
Cristina Rivera-Garza (scrittrice).
Abraham Cruzvillegas (artista visivo).
Néstor García Canclini (antropologo).
Emilio Lezama (scrittore e analista politico).
Irene Tello Arista (columnist e attivista).
Erika Bárcena Arévalo (avvocata e antropologa).
Ximena Antillón Najlis (psicologa, specializzata in vittime di violenza).
Jacobo Dayán (accademico e attivista dei Diritti Umani).
Marcela Turati (giornalismo d’indagine).
Daniela Rea Gómez (giornalista).
Carlos Mendoza Álvarez (filosofo).
John Gibler (giornalista).
Javier Risco (giornalista).
Alejandro Grimson (antropologo).
Enrique Serna (romanziere).
Paul Theroux (scrittore).
Juan Villoro (scrittore).
Pablo González Casanova (sociologo e zapatista, non necessariamente in questo ordine).
Gilberto López y Rivas (antropologo).
Alicia Castellanos Guerrero (antropologa).
Magdalena Gómez Rivera (avvocata).
Bárbara Zamora (avvocata).
Margara Millán Moncayo (sociologa femminista).
Sylvia Marcos (psicologa e sociologa femminista).
Jorge Alonso Sánchez (antropologo).
Fernanda Navarro y Solares (filosofa).
Néstor Quiñones (artista grafico).
Raúl Romero (sociologo).
Rafael Castañeda (militante politico).
Luis Hernández Navarro (giornalista).
Carlos Aguirre Rojas (sociologo ed economista).
Sergio Rodríguez Lascano (militante politico).
Carlos González (avvocato e attivista nella lotta dei popoli originari).
Adolfo Gilly (militante politico, storico e analista).
Carolina Coppel (videasta).
Mercedes Olivera Bustamante (antropologa femminista).
María Eugenia Sánchez Díaz de Rivera (sociologa).
“Lengua Alerta” (musicista).
“Panteón Rococó” (musicisti).
“El Mastuerzo” (guacarockero).
“Batallones femeninos” (musiciste femministe).
“Los Originales de San Andrés” (musicisti zapatisti).
“La Dignidad y la Resistencia” (musiciste zapatiste).

Quando anche le/gli altr@ invitati (i cui nomi non sono indicati per proteggere le/gli innocent@) confermeranno la loro presenza, renderemo pubblico l’elenco completo, così come i giorni e l’ora degli interventi di ognuno.
L’indirizzo per registrarsi come escucha-vidente [spettatore – n.d.t.], media libero o prezzolato, è:
(per favore, indicare nome, città, stato o paese, singolo o collettivo).

Come detto prima, che ci siate… o non ci siate, la questione è che guardiate, ascoltiate e pensiate.

Dalle montagne del Sudest Messicano.
Per la Commissione Sexta dell’EZLN (sezione “Inviti e ovvietà)
SupGaleano.
Messico, marzo 2018

Traduzione “Maribel” – Bergamo

da qui

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