martedì 17 aprile 2018

Sanità nel territorio. Ritorno al passato. E anche peggio - Paola Correddu



Fino agli anni ’70 il medico condotto, con anche 5000 assistiti, in servizio giorno e notte, senza poter dedicare un minuto della propria giornata alla famiglia o allo svago, dava risposte di salute che andavano dalla risoluzione di problemi odontoiatrici a quelli ginecologici e psichiatrici, visto lo scarso ricorso a figure specialistiche da parte di una utenza a quei tempi poco esigente.
A partire dagli anni ’80, per consentire anche ai medici di famiglia di avere una vita privata, si è andati incontro ad un ridimensionamento del numero di assistiti per ciascun medico e ad una riorganizzazione della sanità del territorio, basata su un modello di progressivo decentramento del servizio grazie all’istituzione della Guardia Medica, presidio presente anche nei piccoli centri, con attività notturna, prefestiva e festiva, a supporto di quella diurna del medico di fiducia, così da offrire un’assistenza medica capillare per tutte le 24 ore.
Dopo questi decenni di decentramento dei servizi, che hanno favorito una maggiore inclusività ed impedito che parti di popolazione potessero essere più svantaggiate di altre, invece di ottimizzare i risultati raggiunti e portare sempre più la sanità al domicilio dei cittadini, particolarmente di quelli più svantaggiati e fragili, ecco che si ritorna al passato, anzi anche peggio, con una controriforma sanitaria che mira ad un nuovo aggressivo accentramento.
Dicono che sia in nome di una razionalizzazione della spesa e riqualificazione della sanità nel territorio. In realtà, l’unico vero risultato sarà lo smantellamento della sanità pubblica a favore di quella privata, con impossibilità di accesso alle cure primarie per le fasce più deboli della popolazione. Come vedremo si risparmierà ben poco e, se risparmio ci sarà, verrà fatto sulla pelle dei cittadini.
La controriforma della rete sanitaria territoriale mira al superamento del servizio di guardia medica fino alla sua scomparsa, con riorganizzazione dell’attività di medicina generale secondo un modello di continuità assistenziale H16 e non più H24 com’è attualmente. Il numero delle guardie mediche verrà ridotto da 190 a 29 (in un secondo tempo spariranno anche queste) e i medici verranno associati in una forma organizzativa detta AFT o aggregazione funzionale territoriale, 62 su tutto il territorio regionale, costituita da medici di famiglia e medici di guardia medica in un rapporto di 5/1, per un bacino d’utenza di 30 mila persone.
Il servizio verrà garantito dalle 8 alle 24 nei giorni da lunedì a venerdì, coperto dalle 8 alle 20 dai medici di assistenza primaria, e dalle 20 alle 24 dai medici di guardia medica; sabato e festivi il servizio verrà garantito dalle 8 alle 20 dalla guardia medica. Dopo le 24 e sino alle 8 del mattino, per le sole urgenze, il servizio dovrà essere garantito dal 118 che dunque dovrà occuparsi oltre che di emergenze anche di codici bianchi, venendo meno ai suoi compiti istitutivi.
Un ritorno al passato ed anche peggio, visto che i piccoli centri, anche quelli che distano più di 30’ dal più vicino presidio ospedaliero, geograficamente isolati e con strade tortuose e difficilmente praticabili , non solo verranno privati della guardia medica ma, durante le ore notturne, non avranno alcun servizio sostitutivo, se non quel servizio emergenziale, il 118 che, così come è organizzato in questo momento, non potrà certo fronteggiare la richiesta di un così vasto territorio senza il filtro di una postazione medica locale. Ma non solo perderanno la guardia medica, verranno anche privati dell’ambulatorio del medico di fiducia, associato ad altri medici nel centro di maggiori dimensioni, così da costringere l’utenza a faticosi pellegrinaggi.
Questa riforma porterà all’isolamento sanitario dei piccoli paesi, che in Sardegna sono la maggior parte, favorendone l’ulteriore spopolamento o comunque costringendo i cittadini a ridurre l’attenzione per la propria salute vista la difficoltà di accesso alle cure. Ci sarà un sovraccarico del 118 che già oggi opera in condizioni di enorme difficoltà e una presa d’assalto del Pronto Soccorso da parte di un’utenza che non avrà più riferimenti sul territorio, con conseguente incremento degli accessi e dei ricoveri impropri.
Mi auguro che tutti i Sindaci, che nei rispettivi centri, rappresentano la massima autorità sanitaria, abbiano il coraggio di ribellarsi ad una riforma sanitaria scellerata e penalizzante, che metterà a rischio la vita delle persone, e abbiano la forza di difendere le comunità di cui sono rappresentanti. E mi auguro che i cittadini tutti, rendendosi conto della pericolosità di questa controriforma scendano in piazza per protestare e difendere un diritto fondamentale, il diritto alla salute, costituzionalmente sancito a prescindere dal censo di appartenenza.
(Paola Correddu è un’attivista della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica)

Nessun commento:

Posta un commento