giovedì 17 aprile 2014

18 aprile 2006: muore Mario Tommasini

ci sono stati tempi in cui qualcuno pensava di cambiare il mondo, e nel suo piccolo si riusciva. Mario Tommasini è uno di quelli - franz


…Col dopoguerra si apre la lunga stagione delle lotte politiche e sindacali. Mario è tra i protagonisti. Se ne accorgono anche i giornali di parte avversa. Dopo una tumultuosa manifestazione, la Gazzetta di Parma scrive che a distinguersi tra gli operai è “il solito Tommasini”. Manifestazioni che non di rado finiscono con arresti, manette e carcere di San Francesco. Anche nella primavera del 1953. Mario è in cella con altri compagni. C’è anche Ettore Ghiozzi (il padre del futuro attore Gene Gnocchi). Nell’ora d’aria tutti sono in cortile. Gli agenti maltrattano un carcerato che grida, li implora. Non è che stia chiedendo chissà cosa. E’ stato operato  da poco e vorrebbe andare subito al gabinetto, non mettersi in fila con gli altri. Mario va a cercare d’aiutarlo. Accorrono altri agenti. Il carcerato che si lamenta non è un “politico”, è un “comune”, cioè un rubagalline o qualcosa di simile. Arriva anche un gruppo d’altri carcerati, comunisti di Reggio Emilia. E rimproverano Mario: “Tu sei un compagno. Non sai che il partito ci impedisce di avere rapporti con i “comuni”?. Mario li manda”a quel paese”. “Sono un compagno per questo. Per essere dalla parte di chi è maltrattato, senza chiedergli se è comunista o no”. Poi chiede agli altri di sedersi in cortile. Non se ne sarebbero andati senza prima avere avuto la garanzia che il carcerato ammalato sarebbe stato trattato bene. Le garanzie arrivano e Mario è chiamato nell’ufficio del direttore: “Senti Tommasini, tu mi dai troppi guai. Vattene da San Francesco… …Assessore ai Trasporti (e riesce a togliere ai privati le linee provinciali), con delega per l’Istituto psichiatrico di Colorno. In un giorno di nebbia, l’8 marzo 1965, va a visitare il manicomio. Gli sembra che la nebbia gli entri anche in corpo.  Quando da ragazzo, sentiva questa parola, manicomio, la sentiva avvolta da un cupo mistero. Capitava, a volte, che scomparissero dai borghi persone segnate da “differenze”, da “manie”. Chiedeva: “Dove sono andate?”. Gli rispondevano: “A Colorno, al manicomio. Per farsi curare”. Ma da là non tornava mai nessuno. Ci sono quasi 1200 internati a Colorno, spesso in condizioni disumane, 170 infermieri e 4 medici. Mario entra, percorre i lunghi corridoi, guarda le finestre sempre sprangate da inferriate. Sente lamenti. Vede persone legate ai letti, altre che si trascinano come se non sapessero dove andare. O sedute per terra, gli occhi persi chissà dove. Donne scapigliate. Il professore che l’accoglie gli consiglia di tornare un altro giorno. Di lasciar perdere, anzi, quell’incarico. “Mi sembra troppo impressionato”. Tommasini ascolta il consiglio. Riprende con l’utilitaria della Provincia la strada per Parma. Forse, davvero, sarà meglio rinunciare. Ma più si allontana da Colorno più gli tornano in mente i volti incontrati in manicomio. Anche quei poveretti scomparsi dai borghi. Anche vecchi partigiani chiusi chissà mai perché la dentro. “No, non posso abbandonarli”. E torna a Colorno. Quel giorno, e quasi ogni altro giorno da allora… …Berlinguer, quando viene a Parma, non va nella federazione del partito, ma a Vigheffio, per incontrare Mario. Non solo per le incomprensioni. Anche per la convinzione maturata nel tempo che il comunismo sognato da quando era ragazzo ha ben poche somiglianze con la realtà che incontra anche nei suoi viaggi nell’Unione Sovietica. Nel 1990 Tommasini è candidato alle elezioni regionali. E’ secondo soltanto al presidente della Regione. Ma ancora il partito gli nega quello che tutti si aspettano: un assessorato per allargare all’intera Emilia Romagna l’azione straordinaria fin qui condotta. Da tutta Italia si alzano le proteste. Enzo Biagi scrive: “Mario Tommasini è quello che il Vangelo chiama “un giusto”. Non serve nelle amministrazioni italiane? Non c’è bisogno di buoni esempi? Se a chi salva un’anima spetta il paradiso, al compagno Tommasini compete l’amore e la gratitudine che si deve a chi ha incoraggiato la speranza sulla Terra”. Nascono attorno a Tommasini, negli anni del Consiglio regionale, movimenti politici che prendono il nome di “Nuova solidarietà” e, successivamente, nel 1998, di “Libera la Libertà”. Il 1998 è l’anno delle elezioni comunali. Mario è corteggiato da varie parti ma a tutti risponde la stessa cosa: non gli interessano le poltrone, vuole l’assicurazione che saranno realizzati i suoi progetti: in particolare Esperidi. Le garanzie non arrivano. Sarà questa la miccia che innescherà il grande “strappo” tra i Democratici di Sinistra e Mario, che decide a presentarsi in autonomia. Mancano poche settimane alle elezioni. Mancano i fondi. Non manca l’entusiasmo, soprattutto nei giovani. E dalle urne la lista Libera la Libertà esce terza sfiorando il 19 per cento…
  
Tommasini credeva alla forza del cinema come mezzo di comunicazione delle problematiche sociali. Non è un caso che nel 1974, nel tentativo di rendere pubblica la vita del manicomio e di uscire dall’idea della follia come isolamento e segregazione, a Colorno fu girato “Nessuno o tutti: matti da slegare”, di Marco Bellocchio, Silvano Agosti, Sandro Rulli e Sandro Petraglia. Un film documentario che, per la prima volta, non evidenziava il lavoro svolto da medici, assistenti sociali, tecnici o politici ma raccontava, attraverso le loro voci, la vita di ragazzi che avevano vissuto in case di cura e manicomi. Nel 1980 Mario promuove la realizzazione del film di Enrico De Vincenzi “Gli orti dell’amore” ispirato all’esperienza degli orti e giardini sociali di Parma. Nel 1984, Agosti gira a Parma anche il  documentario “D’amore si vive”, una riflessione su amore, sesso e tenerezza.

il sito della fondazione dedicata a Mario Tommasini:

Nessun commento:

Posta un commento