mercoledì 2 aprile 2014

4 aprile 2011: hanno ammazzato Juliano Mer Hamis, a Jenin, Juliano è vivo

troppo spesso vengono uccisi gli esseri umani migliori, quelli che rendono i “nemici” umani, e quindi troppo difficili da odiare.
Juliano Mer Hamis e Vittorio Arrigoni erano di questa razza (sono stati uccisi dalla stessa razza di assassini), “muore giovane chi è caro agli dei”, diceva Menandro, Juliano e Vittorio sono patrimonio dell’umanità.
guardate i tre filmati, è davvero tempo ben speso, promesso - franz


…“La ricerca dell’identità può avvenire solo attraverso l’attività culturale”, diceva Juliano, che considerava l’esistenza stessa del teatro una forma di resistenza. Tra le macerie del campo, circondato dalla violenza dell’occupazione e da un contesto di negazione, il Freedom Theatre era punto di luce, barlume di resistenza e di vita.
Un lavoro che diventa anche doppia sfida: contro l’occupazione israeliana e i suoi effetti collaterali, contro l’annientamento della vita culturale e il trauma seminato nei più piccoli, fatto di violenza e assenza di prospettiva futura; e contro l’involuzione che, a suo dire, sta permeando la società palestinese, in un attaccamento a religione e tradizione distorto dalle condizioni subite.
 “Quando tutte le strutture dell’identità crollano, o vengono distrutte, gli uomini tornano alle basi più elementari della propria identità. Non c’è più politica, non ci sono strutture sociali, non c’è cultura e non c’è comunicazione. Solo regole e ordini, ciò che è giusto e sbagliato. Un pericolo per la libertà”. (1).
Juliano Mer-Khamis sapeva di rischiare la propria vita. Perché non sono le armi a spaventare un nemico ben equipaggiato: ma la cultura, la forza delle idee, la loro libera espressione e circolazione.
E il Freedom Theatre era prima di tutto questo: un luogo di crescita individuale, di elaborazione collettiva, capace di rappresentare una minaccia per tanti, fuori e dentro il campo di Jenin. Un impegno grande e nobile il suo, che anche dopo la morte ha lasciato un segno indelebile in chi ha creduto nel suo sogno…

Qualsiasi cosa io faccia, è contro la separazione», diceva Juliano Mer-Khamis, regista e attore che amava definirsi «al cento per cento palestinese» e «al cento per cento israeliano». Juliano era nato a Nazareth nel nord di Israele da una coppia di comunisti, Arna Mer, ebrea, e Saliba Khamis, arabo cristiano. I suoi genitori lasciarono il “Maki”, partito comunista israeliano, nel 1968 perché non contemplava l’idea di uno Stato unico su tutta la Palestina storica. Arna e Saliba avrebbero voluto per i propri figli uno Stato in cui ebrei e arabi avessero medesimi diritti. A decenni di distanza l’occupazione da parte di Israele dei Territori Palestinesi non è cessata. Si è incancrenita. Non c’è pace senza giustizia, diceva Juliano, che faceva la spola tra Haifa, dove viveva, e il campo profughi di Jenin, dove nel 2006 aveva fondato il Freedom Theatre

un’intervista:


il suo teatro a Jenin:




 l’orazione funebre:

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