giovedì 11 luglio 2019

Google Maps: le città palestinesi sono villaggi fantasma tra gli insediamenti - Thomas Suárez


In ‘1984’ di Orwell, Winston Smith si imbatte in un vecchio ritaglio di giornale che rivela che il Grande Fratello aveva incastrato tre uomini per crimini contro lo stato. Tutte le prove del passato in contraddizione con la “verità” mutevole del regime avrebbero dovuto essere distrutte, ma questo scampolo era stato trascurato. Winston completò il lavoro – anche se alla fine, anche distruggendo le prove non poteva cancellarne la conoscenza dalla sua mente.

Ciò che Orwell non avrebbe potuto prevedere era un mondo in cui il Grande Fratello non avrebbe avuto bisogno di distruggere le prove, un mondo in cui le prove non esistono in forma fisica e possono essere cambiate a volontà senza lasciare traccia. Tutte le ‘copie’ di un giornale virtuale si aggiorneranno istantaneamente su ogni nuova ‘verità’. I criminali del pensiero potrebbero, naturalmente, aver salvato una copia del precedente file virtuale, o persino uno screen-grab, ma tutti questi non saranno altro che numeri sui media. Quale prova di quale serie di cifre fosse quella vera, quando non c’è traccia fisica e legale? Vero, falso, falsificato, reale, nuovo, vecchio, passato, presente, causa, effetto e persino indicatore dell’ora e firme digitali, in definitiva non sono altro che insiemi di uno e zero senza distinzione, perché – per riscrivere un altro romanzo di Orwell – tutti i numeri sono creati uguali, nessuno più uguale di altri. Chiunque controlli la macchina da stampa virtuale che crea e riscriva la realtà secondo le necessità, indossa l’anello wagneriano del Nibelungo – ha il potere di governare il mondo.
Benvenuto nel presente. Benvenuto, ad esempio, su Google Maps…

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