lunedì 22 luglio 2019

la politica estera dell'Italia?



I misteri del Russiagate italiano e le inchieste fatte per incastrare i “nemici” - Fulvio Scaglione 

A quanto pare, la lezione del Russiagate non è servita. Due anni di indagini di tutti gli organi di sicurezza americani, migliaia di articoli, decine di libri, le indiscrezioni di impiegati pubblici infedeli elevate a baluardi della democrazia, tonnellate di pettegolezzi. Uno sforzo pazzesco per dimostrare che Donald Trump, se non era un agente al servizio del Cremlino, era comunque arrivato alla Casa Bianca grazie agli onnipotenti hacker russi. L’una e l’altra tesi poi clamorosamente smentite dalle conclusioni dello stesso procuratore speciale Robert Mueller, certo. Ma dopo che, in nome della “democrazia” e della “verità” ma in realtà solo in nome del pregiudizio e della rivalità politica, erano state prese per buone, anzi date per scontate, bufale colossali. Che qualcuno aveva interesse a far circolare e che la stampa, senza un minimo di coraggio e dignità, si prestava docilmente a diffondere.
Il “caso Salvini” ripropone molti degli interrogativi già affrontati con il Russiagate. Il leader della Lega dovrà dare spiegazioni e certo pagherà un prezzo politico al maldestro scaricabarile ai danni dell’onnipresente (almeno per quanto riguarda gli incontri con le delegazioni russe) Savoini. Anche la magistratura farà le debite indagini, e vedremo se salterà fuori qualcosa. Dal Rubligate in salsa lombarda, però, si leva anche un profumo di “barbe finte” che non può essere ignorato. A quel che sappiamo, le rivelazioni sui maneggi veri o presunti di Savoini erano già state proposte nel febbraio scorso dall’Espresso. Non è che allora fosse successo granché, anzi: la cosa era passata via senza tanti clamori. Qualche giorno fa, però, arriva Buzzfeed, un sito americano che a suo tempo si era molto agitato col Russiagate. Che cosa ci rivela Buzzfeed? Le stesse identiche cose dell’Espresso, però con qualche brano audio in più. Non ci sono, negli audio, i passi più compromettenti, quelli in cui si parla di quattrini. Ma ci sono le trascrizioni.
Si prospettano quindi le seguenti ipotesi. La prima: quel giorno, nel salone dell’Hotel Metropol’ di Mosca, c’erano sia i giornalisti dell’Espresso (che infatti dicono di aver scattato di persona le fotografie pubblicate in febbraio) sia quelli di Buzzfeed. Questi ultimi, però, hanno aspettato fino a oggi per sparare lo scoop, chissà perché. La seconda: sono stati i giornalisti dell’Espresso a fornire il materiale a quelli di Buzzfeed. Ma perché? La terza: c’erano solo i giornalisti dell’Espresso e, curiosamente, quelli di Buzzfeedhanno avuto in seguito lo stesso identico materiale. Ma da chi? E perché il fornitore non ha indicato anche i nomi dei tre personaggi russi, che Buzzfeedsostiene essere dei pezzi grossi? Con 200 dollari a un cameriere del Metropol’ quei nomi sarebbero venuti fuori… 
La quarta: l’Espresso e Buzzfeed hanno lo stesso procacciatore di scoop.
Per carità, Salvini dovrà spiegare tutto e bene. Non piace a nessuno l’idea, anche solo ipotetica, che si possano mettere in piedi maneggi milionari con le aziende di Stato per interessi privati. Ma non è che da questo scoop si levi odore di violetta. Per essere più precisi: si leva odore di servizi segreti e di operazioni mirate, con precisi obiettivi politici.
D’altra parte la tendenza è questa. Nel maggio scorso, il ministro e vice-cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache è stato costretto alla dimissioni per un video pubblicato dal quotidiano Suddeutsche Zeitung e dal settimanale Der Spiegel, entrambi tedeschi, in cui lo si vedeva promettere favori illegittimi e prebende illegali, in cambio di tangenti, alla sedicente figlia di un inesistente oligarca russo, durante una serata di bevute in una villa di Ibiza.
Tutto falso, tranne la gonzaggine di Strache, che ora è sotto processo per tradimento. Però qui tutto ha trionfato tranne che la verità. Il video era stato girato nel 2017, mesi prima delle elezioni politiche che avrebbero proiettato Strache ai vertici del Governo austriaco. In altre parole: quando Strache prometteva tutto ciò che voleva ma non aveva alcun potere per mantenere le promesse. Mentre il video è stato pubblicato nel 2019, in una situazione completamente diversa, al chiaro scopo di fregarlo. Chi ha organizzato il tutto? Chi ha tenuto in frigo per due anni il video assassino, e con esso anche lo sdegno per la scarsa moralità di Strache? A quale scopo? E’ ancora giornalismo, questo?
E considerazioni analoghe si potrebbero fare per un altro grande “scoop” degli ultimi anni, i Panama Papers. Ovvero gli 11,5 milioni di documenti illegalmente sottratti nel 2015 allo studio legale panamense Mossack-Fonseca e poi passati alla Suddeutsche Zeitung (di nuovo) e al consorzio internazionale ICIJ, che ha sede negli Usa.
Qui la questione è ancora più chiara. Qualcuno ha rubato i documenti dello studio e li ha passati al giornale e al consorzio. Poiché nessuno ha mai rivelato la fonte di questo leak, è lecito presumere che si sia trattato di un furto puro e semplice, compensato con denaro. In seguito, i file di Mossack-Fonseca sono serviti per sputtanare un bel po’ di personaggi pubblici, dai politici ai calciatori, dagli attori ai finanzieri, in nome del fatto che questi erano titolari di società off-shore, cosa che non è di per sé illegale.
Particolare interessante: i principali finanziatori dell’operazione erano americani e, certo per combinazione, non uno degli oltre 4 mila personaggi coinvolti nelle rivelazioni era americano. Ma si sa, i ricconi a stelle e strisce non amano le società off-shore, mai ne aprirebbero una. In compenso molta stampa occidentale si esercitò intorno a Vladimir Putin. Il nome del Presidente russo non era citato in nessuno degli 11,5 milioni di documenti ma comparvero molti articoli per sostenere che i tre oligarchi clienti dello studio Mossack-Fonseca non avrebbero potuto arricchirsi senza la complicità del Presidente. Compensare un ladro per il suo furto è più etico che essere titolare di una società off-shore? Non poteva non sapere è un criterio per gestire la giustizia o per mettere alla gogna? E’ ancora giornalismo?
Per chiudere il cerchio, rivolgiamo un pensiero a Julian Assange.  I metodi e la personalità dell’attivista australiano possono non piacere. Ma la domanda è: perché Assange deve stare in carcere e i giornalisti dei Panama Papers o del “caso Strache” devono invece essere celebrati come paladini della democrazia? E’ un caso o un progetto? E inoltre: i giornalisti che, quanto Assange fu arrestato, filosofeggiavano sul fatto che non tutti devono sapere tutto, che cosa pensano del fatto che, invece, su Salvini, i ricconi dei Panama Papers e quel pirlone di Strache è proprio tutto ciò che dobbiamo sapere?
da qui



Salvini servitore di tre padroni - Alberto Negri


L’Arlecchino di Goldoni era servitor di due padroni, la Lega di tre. Salvini ha allineato le sue posizioni su Stati uniti e Israele ma anche sulla Russia, l'unica che avrebbe pagato senza contropartita. Ecco cosa non quadra: la politica estera dell'Italia,
L’Arlecchino di Goldoni era servitor di due padroni, la Lega di tre. Salvini un mese fa è volato in Usa e si è allineato con Trump sulle sanzioni all’Iran, in pieno contrasto con la linea europea e gli interessi delle nostre imprese. Tutto questo senza che i Cinquestelle dicessero una parola. È andato diverse volte in Russia e forse – ma è da accertare – ha ricevuto soldi da Mosca, per poi non fare niente sulle sanzioni. E nel dicembre scorso il ministro degli interni è andato in Israele e ha schiacciato le sue posizioni su quelle dello Stato ebraico come mai aveva fatto un ministro nella storia della repubblica italiana, mettendo persino a rischio i soldati italiani in Libano, si ricorderà, con le sue dichiarazioni contro Hezbollah.
Negli Stati uniti ora compaiono registrazioni che replicano quanto già apparso sui giornali mesi fa. C’è qualche cosa che non quadra: due Stati ottengono da Matteo Salvini appoggi importanti in contrasto con la nostra politica estera e pure gratis. La Russia invece paga per non avere contropartite. Qual è la logica?
Come vedete bene le questioni aperte non sono soltanto eventuali finanziamenti russi alla Lega, sui quali è in corso un’indagine della procura di Milano. La questione di fondo è la politica estera di questo governo e di questo Paese, che nel 2011 con la caduta di Gheddafi ha subito la peggiore sconfitta dalla seconda guerra mondiale. Il progetto della Lega è di entrare a far parte del «nuovo atlantismo» che vede la Nato tradizionale sempre meno importante. Anzi in queste ore la vecchia Nato è in crisi nera per lo scontro tra Trump e Erdogan sulla prima consegna ad Ankara del sistema missilistico di difesa S-400 russo mentre gli Usa hanno congelato la fornitura dei caccia F-35 (di cui la Turchia produce 900 componenti). Una sfida che ci interessa: gli Usa, con il favore di Salvini, potrebbero «scaricare» all’Italia una parte delle mancate forniture alla Turchia dei cacacciabombardieri F-35.
Donald Trump sta cercando di costituire alleanze trasversali perché la Nato non gli serve quasi più. La sua prima visita all’estero è stata in Arabia saudita, con un carico miliardario di armi, per vedere come avvicinare Riad a Israele e costituire un fronte tra Usa- monarchie del Golfo, stati arabi «amici» e Stato ebraico.
Questa alleanza ha quattro funzioni 1) tenere a bada il ritorno della Russia in Medio Oriente e la crescente influenza cinese 2) mettere nel mirino l’Iran sciita, avversario delle monarchie sunnite e di Israele, che è riuscito a tenere in piedi Assad con l’aiuto di Putin 3) manovrare l’integralismo islamico secondo le necessità degli Usa e delle monarchie arabe facendo fuori i Fratelli Musulmani che si oppongono alle dittature regionali 4) comprarsi – ma pare difficile per il momento – i palestinesi con i soldi del Golfo.
In questo quadro la nuova Nato dovrebbe fare leva sui Paesi dell’Est che tutti sono entrati nell’Alleanza ben prima di entrare nell’Ue, per fronteggiare la Russia e contenere l’espansione dei progetti nel gas e infrastrutturali della Germania con Mosca e Pechino. La manovra è riuscita solo in parte trascinando la Polonia nel campo americano ma è fallita quando si è trattato di attuare l’avvicinamento tra Varsavia e Israele.
Per questo la Lega si è opposta agli accordi dei Cinquestelle con la Cina. La Lega obbedisce alle grandi strategie degli Stati Uniti che intendono mantenere sotto tiro Pechino. E comunque anche nel caso gli Usa e la Cina si mettessero d’accordo sui dazi gli spazi di mercato saranno occupati soprattutto da aziende americane non da quelle europee e italiane.
Per quanto riguarda il Mediterraneo, Salvini si allinea a Israele, privando l’Italia del ruolo storico di Paese «ponte» con la Sponda Sud. In poche parole la politica estera leghista rinuncia a ulteriori spazi di manovra sperando che alleati forti come Usa e Israele lo tengano in sella bilanciando il suo isolamento in Europa con una posizione di rilievo nella Nuova Nato. Per questo obiettivo è più disposto a pagare che a essere pagato.
In questo contesto i russi avrebbero beneficiato Salvini per niente. O forse per qualche partita futura. Del resto Putin e Trump si guardano con simpatia e forse un giorno appianeranno la questione Ucraina, visto che l’Europa non ci riesce. Mentre Israele tiene sotto botta il Cremlino e i suoi oligarchi che per operare all’estero si servono di passaporti israeliani, Non c’è un contrasto così lacerante ad avere tre padroni, tre padrini, tre sponsor. Sono questi i moderni sovranisti del protettorato americano.


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