sabato 6 luglio 2019

STIAMO FACENDO IL CALLO AL RAZZISMO - Marco Aime


Sono davvero fortunati gli africani ad avere al loro fianco un personaggio come Fabio Carini, l’organizzatore della Mezza maratona di Trieste del 5 maggio. Fortunati ad avere uno che lotta per il loro bene, che per proteggere quelli di loro che sono bravi nella corsa dallo sfruttamento, aveva pensato di escluderli dalla corsa. Per il loro bene!
Come dire che l’apartheid sudafricano era un modello per preservare la genuinità dei neri dalla corruzione del capitalismo bianco. Sembra impossibile eppure è tutto vero.
Diventa persino difficile parlare di un gesto così miserabile, che non meriterebbe nemmeno tre righe, ma non si può tacere, non si può accettare che dopo averlo annunciato e messo per iscritto, i responsabili se la cavino con un “ma era una provocazione, no?”. Si stava scherzando, un colpetto per togliersi la polvere dalla spalla e via. Tutto finito, uno scherzo, no?
No! Se si voleva denunciare lo sfruttamento di certi atleti, si potevano denunciare quei manager scorretti che lucrano sulla pelle dei fondisti africani. Il problema è che certi atteggiamenti, per il tono, il linguaggio e i contenuti, non sarebbero stati tollerati qualche stagione fa. Invece oggi spostiamo sempre più in là il limite del tollerabile.
Ricordate nel 2009 quando l’allora semplice deputato, ma capogruppo del Carroccio in Consiglio comunale a Milano, Matteo Salvini propose di instituire vagoni della metropolitana milanese separati per gli extracomunitari (allora si chiamavano così) perché così ci sarebbe stata più sicurezza per gli italiani?
Uno scenario da Alabama degli anni Cinquanta, quando Rosa Parks, divenuta un simbolo di chi si batte per i diritti civili, si rifiutò di cedere il posto sull’autobus a un bianco… Dieci anni or sono, la trovata di Salvini suscitò alcune reazioni, anche da parte di esponenti del Popolo della libertà, il partito nato dall’Unione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale.
Se oggi qualcuno riproponesse una idea simile, la reazione, se ci sarà, sarà minore. La prima volta la frase suscita anche un po’ di indignazione, ma la seconda volta passa inosservata. Ci sembra normale, ci abbiamo fatto il callo e l’asticella della tolleranza si è alzata ancora una volta.
da qui

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