sabato 23 gennaio 2021

Dana, Fabiola e altre detenute in sciopero della fame


AGGIORNAMENTO 22/01: da stamattina anche Fabiola è entrata in sciopero della fame

Abbiamo appreso la notizia che da questa mattina (21 gennaio 2021) Dana e altre due detenute hanno cominciato lo sciopero della fame, costrette dalla grave situazione che stanno vivendo all’interno del carcere delle Vallette.

Sono importanti le motivazioni che le hanno spinte a questa forma di protesta pacifica:

§  La diminuzione delle ore di colloquio previste per legge (anche in videochiamata)
Le sei ore che ogni detenuta ha a disposizione per legge per effettuare colloqui in presenza che, sospesi per via della pandemia Covid-19, sono stati sostituiti da video chiamate che però non mantengono mai il monte ore settimanale complessivo, ma al contrario lo diminuiscono se non direttamente dimezzato.

Questo mancato mantenimento delle ore di colloquio familiare previste per legge, colpiscono duramente il diritto all’affettività garantito dal Ministero di Grazia e Giustizia, ma non solo, vanno a calpestare la dignità delle detenute e dei detenuti.

§  Il secondo punto delle motivazioni dello sciopero tratta il tema dei colloqui in presa in tempi di restrizioni dettate dai DPCM emanati dal Governo.

Dal momento in cui il carcere ha riaperto la possibilità di effettuare le visite familiari, tantissimi parenti si sono recati al carcere per effettuare le prenotazioni, solo che una volta presentatisi in loco, a tutti quelli provenienti da fuori Torino è stato vietato l’accesso al carcere con la scusante della Zona Arancione. Come se non fosse un motivo di primaria necessità quello di incontrare i propri parenti detenuti. Ma non solo, sono stati respinti e colpevolizzati per essersi presentati, nonostante non sia giunta a loro alcuna comunicazione da parte della Casa Circondariale.

A fronte di questa immotivata privazione, il carcere delle Vallette non prevede ad oggi alcuna forma sostitutiva che garantisca le 6 ore di colloquio anche sottoforma di video chiamata.

Per queste ragioni da questa mattina Dana, S. Calabria e M.E. Calabrese hanno iniziato lo sciopero della fame che porteranno avanti ad oltranza fino a che non saranno nuovamente garantiti i loro diritti.

Le loro istanze invocano alla possibilità che vengano immediatamente riammesse le videochiamate, la telefonata ordinaria e anche quella aggiuntiva introdotta proprio durante la sospensione dei colloqui in presenza. Ma, siccome il problema del taglio delle ore non è solamente per chi non ha ancora accesso alle visite in presenza, viene richiesto che tutti i detenuti e le detenute abbiano possibilità di integrare con videochiamate le ore in presenza così da raggiungere comunque il monteore complessivo settimanale.

Altra importante richiesta si riferisce alla necessità di ristabilire al più presto le prenotazioni dei colloqui via mail, che ancora oggi è in disuso. Questo certamente renderebbe più agevole e più sicuro, a livello sanitario, la possibilità per le famiglie di effettuare la prenotazione alla visita.

Inoltre, viene richiesto che la chiamata con il proprio legale non rientri nell’elenco delle telefonate ai familiari, evitando così che quella chiamata ne sottragga una con i propri cari. D’altronde le visite in presenza degli avvocati sono certamente escluse dal monte ore settimanale. Pertanto la logica vorrebbe che lo stesso avvenisse con le telefonate.

Il Covid-19 in carcere è già stata fonte di paura e enorme stress per tutte le detenute e i detenuti, basti pensare alle rivolte che si sono scatenate lo scorso marzo, pertanto al centro di questo sciopero c’è anche la richiesta urgente di ricevere reali misure di tutela sanitaria che il carcere di Torino ancora non ha previsto. E quindi, di ricevere notizie in merito al vaccino e alla sua somministrazione, di mettere in atto in tempi brevi un’indagine medica accurata su tutti i detenuti così da riuscire ad effettuare una reale mappatura dei contagi e poter prevenire terrificanti scenari.

Aggiungiamo che a Dana, S. Calabria e M.E. va tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà, mentre vogliamo sottolineare ancora una volta, la responsabilità di tutte le istituzioni che si occupano direttamente e/o indirettamente delle carceri (o meglio non se ne  occupano) in questa continua violazione dei minimi diritti delle detenute e dei detenuti e dei loro familiari.

da qui


Il Movimento NOTAV risponde alla direttrice del carcere di Torino

 

Sulle dichiarazioni della Direttrice della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno, dove si difende dalle accuse ricevute in questi giorni da molti familiari e amici delle detenute e dei detenuti, alcune di loro in sciopero della fame da giovedì 21 gennaio, ma che ammette in modo diretto la negligenza del carcere nel garantire i diritti all’affettività (attraverso il mantenimento delle ore di colloquio previste per legge) e alla salute di tutta la popolazione detenuta delle Vallette, rispondiamo che:

La Direttrice del Carcere ha il dovere di rendere noti questi problemi conla finalità di risolverli, facile farlo dopo che le detenute li evidenziano con una protesta così forte.

 

L’Asl effettua i tamponi solamente a chi mostra dei sintomi, ma non ha mai effettuato un tracciamento completo e approfondito sui detenuti e sulle detenute così da stabilire chi sono i positivi, da chi invece non lo è. Per cui chiediamo che lo screening venga fatto anche per tutte le detenute e i detenuti.

 

Le comunicazioni telematiche nel 2021 sono la base nella società, quindi è inaccettabile che la Direzione del carcere si nasconda dietro la mancanza di fondi, al contrario deve assumersi la responsabilità del proprio ruolo e richiedere con forza che il Governo stanzi immediatamente dei fondi per permettere l’acquisto di mezzi e strumenti che garantiscano a tutta la popolazione carceraria di mantenere il proprio diritto all’affettività e quindi assicurarsi i colloqui familiari in video chiamata come in presenza. L’acquisto di soli 15 portatili rappresenta la cifra di decadenza in cui verte il carcere di Torino, che non si distanzia molto dalla situazione esistente anche nelle altre strutture.

 

Il fatto che il DPCM emanato dal Governo non tuteli il diritto all’affettività delle detenute e dei detenuti, non consentendo ai familiari lo spostamento per motivo di prima necessità per andare a trovare i propri parenti in carcere, non giustifica la struttura che invece proprio da DPCM ha tutta la facoltà di introdurre nuove misure che favoriscano il mantenimento dei rapporti affettivi e che mantengano la dignità dei detenuti durante la permanenza in carcere.

 

La necessità di garantire dignità e rispetto alle famiglie dei detenuti favorendo le modalità di prenotazione dei colloqui. Per prenotare bisogna “tentare la sorte” poiché gli uffici sono aperti ad intermittenza e senza indicazioni di orario, quindi diventa obbligatorio recarsi continuamente al carcere sperando che sia aperto.

 

Infine, pensiamo che la sicurezza interna e asfissiante nei confronti di alcune detenute funzioni e quindi, evidentemente, la Direttrice ha più a cuore il mantenimento del silenzio, che i problemi sollevati.

da qui


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