martedì 12 gennaio 2021

L’affare del secolo con l’Egitto - Giorgio Beretta

Ha suscitato forte attenzione l’annuncio fatto dalla famiglia Regeni alla vigilia del nuovo anno durante la popolare trasmissione televisiva Propaganda Live di presentare un esposto «contro il governo italiano» per «violazione della legge n. 185 del 1990».

 

Famiglia Regeni contro l’export di armi all’Egitto

La legge, hanno spiegato i genitori di Giulio Regeni, «vieta l’esportazione di armamenti verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa».

La decisione dei Regeni arriva all’indomani delle dichiarazioni della procura generale del Cairo che – non solo ha respinto la richiesta della procura di Roma di fornire il domicilio dei quattro agenti della National Security dell’Egitto (il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato) definendola «immotivata» e «basata su false conclusioni illogiche», ma, gettando ulteriore fango su Giulio Regeni – ha affermato che il comportamento di Giulio «non era consono al suo ruolo di ricercatore».

Navi vendute all’Egitto: consegnata in sordina la prima fregata della commessa militare

Non è casuale che le dichiarazioni della procura generale del Cairo siano state fatte all’indomani della consegna alla Marina militare egiziana della prima delle due fregate militari Fremm (leggi anche Armi all’Egitto: Italia punta a commessa del secolo, ma gli attivisti non ci stanno). La consegna, avvenuta lo scorso 23 dicembre presso i cantieri del Muggiano a La Spezia, in Liguria, è stata fatta – ha evidenziato la Rete italiana pace e disarmo in un comunicato – «con una cerimonia in sordina e non pubblicizzata».

«Il tentativo di tenere nascosta la consegna e la successiva partenza alla volta dell’Egitto manifesta chiaramente l’imbarazzo da parte del Governo italiano per tutta questa operazione: non solo nessun rappresentante dell’esecutivo ha partecipato alla cerimonia, ma non ci risulta alcun comunicato ufficiale da parte dei vari ministeri in qualche modo coinvolti», commenta Rete Pace e Disarmo.

 

Fremm all’Egitto e dichiarazioni del procuratore del Cairo

Il nesso tra l’invio all’Egitto della prima fregata militare e le dichiarazioni del procuratore generale del Cairo non è solo temporale. Vi è una precisa correlazione tra i due fatti: prima della consegna della nave militare, infatti, la procura egiziana si era limitata ad esprimere solo delle «riserve» sull’indagine dei magistrati italiani.

La recente dichiarazione della procura egiziana, all’indomani della consegna della nave militare, ha alimentato l’arroganza delle autorità egiziane e pone pesanti interrogativi sulla strategia finora adottata dal governo italiano e, in particolare, dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nei rapporti con l’Egitto. Non si tratta – si noti bene – delle normali relazioni commerciali tra due Paesi, ma di un aspetto preciso: la fornitura di sistemi militari italiani al regime di al Sisi.

 

Stop Armi Egitto: la società civile si mobilita

Fin dai primi annunci riguardo alla “commessa del secolo” – un colossale affare da 9 miliardi che farà dell’Egitto il maggiore acquirente di sistemi militari italiani – le associazioni della società civile hanno promosso l’iniziativa “#StopArmiEgitto” per chiedere al governo di riferire in parlamento riguardo alle forniture di armamenti all’Egitto. Cosa finora mai avvenuta.

Rete italiana Pace e Disarmo e Amnesty International si sono pertanto mobilitate di nuovo ai primi di dicembre, all’indomani dalla chiusura da parte della procura di Roma delle indagini sul caso Regeni, per chiedere al Governo l’immediato richiamo dell’ambasciatore italiano dall’Egitto e la cancellazione degli accordi di cooperazione e vendita di armamenti al regime di al Sisi.

La mobilitazione, convocata in brevissimo tempo e in un periodo di lockdown, ha visto la partecipazione di rappresentanze in oltre trenta città italiane.

 

Vendita di armi italiane all’Egitto: l’appello dei sindacati

In questo contesto è da segnalare la positiva presa di posizione unitaria dei sindacati CgilCisl e Uil. Con una lettera inviata a tutte le strutture territoriali, le maggiori organizzazioni sindacali italiane hanno comunicato di aver formalizzato la propria adesione alla mobilitazione nazionale “Stop Armi Egitto” e hanno invitato a partecipare ai presìdi cittadini.

Una presa di posizione quanto mai rilevante e nient’affatto scontata perché l’obiettivo della manifestazione, chiaramente espresso nell’appello promosso dalla Rete italiana pace e disarmo, non era solo la richiesta di “verità e giustizia” per l’omicidio di Giulio Regeni e “libertà e giustizia” per Patrick Zaki, ma – come ribadiva anche un comunicato diffuso dalla Segreteria nazionale delle Cgil – la sospensione della vendita di armi all’Egitto.

Un passo importante che segna, per la prima volta dopo vari anni, una presa di posizione unitaria sulla questione delle esportazioni di sistemi militari italiani. Ed è auspicabile che diventi l’occasione per riaprire il confronto anche all’interno delle associazioni sindacali su un tema che interessa direttamente il mondo del lavoro: la produzione e il commercio di armamenti.

Egitto: l’Ue prende posizione su Regeni e repressione

Sempre sulla questione dell’omicidio di Giulio Regeni, va ricordata la risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 18 dicembre. La mozione – che è stata approvata con 434 voti favorevoli, 49 contrari e 202 astensioni – «deplora il tentativo delle autorità egiziane di fuorviare e ostacolare i progressi nelle indagini sul rapimento, sulle torture e sull’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni nel 2016» e chiede «all’Ue e agli Stati membri di esortare le autorità egiziane a collaborare pienamente con le autorità giudiziarie italiane».

Non solo. La risoluzione deplora la crescente repressione in atto in Egitto per mano delle autorità statali e delle forze di sicurezza egiziane, ed evidenzia che «gli arresti e le detenzioni in corso rientrano in una strategia più generale di intimidazione delle organizzazioni che difendono i diritti umani nonché di crescenti restrizioni alla libertà di espressione».

 

Una risoluzione per dire “stop” alla fornitura di armi

La risoluzione è particolarmente rilevante perché non si ferma alle pur necessarie denunce delle violazioni dei diritti umani e a ribadire «la richiesta di un riesame approfondito ed esaustivo dei rapporti dell’Ue con l’Egitto», ma presenta una significativa novità. Chiede infatti agli Stati membri di dare seguito alle conclusioni del Consiglio Affari esteri del 21 agosto 2013 sull’Egitto, in cui si annunciava la sospensione delle licenze di esportazione di qualsiasi attrezzatura che potrebbe essere utilizzata a fini di repressione interna.

Di più: la risoluzione «invita gli Stati membri a sospendere tutte le esportazioni verso l’Egitto di armi, tecnologie di sorveglianza e altre attrezzature di sicurezza in grado di facilitare gli attacchi contro i difensori dei diritti umani e gli attivisti della società civile, anche sui social media, nonché qualsiasi altro tipo di repressione interna» e chiede all’Unione di «dare piena attuazione ai controlli sulle esportazioni verso l’Egitto per quanto riguarda i beni che potrebbero essere utilizzati a fini repressivi o per infliggere torture o la pena capitale».

È ormai venuto il momento che anche il Parlamento italiano faccia sentire la sua voce riguardo alle forniture di sistemi militari all’Egitto. Non è più possibile tacere fingendo di non sapere.

da qui

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