venerdì 15 gennaio 2021

Stacey Abrams: la donna dietro la vittoria storica di Joe Biden in Georgia - Claudia Torrisi

 

“La Georgia è uno Stato che i democratici possono e devono vincere”, scriveva a novembre del 2019, Stacey Abrams in un pezzo sul Washington Post. A distanza di poco più di un anno, i fatti le hanno dato ragione: non solo Joe Biden ha vinto in Georgia - stato del Sud tradizionalmente conservatore - dopo quasi 30 anni da quando l’aveva fatto Bill Clinton nel 1992, ma i democratici hanno ottenuto il controllo del Senato grazie all’elezione di due senatori nello Stato, il pastore nero Raphael Warnock e Jon Ossoff, un ex giornalista 33enne.

È un risultato storico per il partito Democratico, e il merito è in gran parte del lavoro condotto negli ultimi anni da Stacey Abrams e del suo impegno per portare la gente a votare.

Abrams, 46 anni, ha studiato allo Spelman College e alla Yale Law School, e per oltre dieci anni, fino al 2017, ha fatto parte della Camera dei Rappresentanti della Georgia. Nel frattempo, nel 2013, ha fondato il New Georgia Project, un'organizzazione che aiuta gli elettori, specialmente quelli appartenenti a minoranze, a registrarsi e partecipare al voto. Negli anni il progetto è riuscito a raggiungere potenziali elettori andando nei quartieri, nelle chiese, nei campus universitari.

L’anno successivo, dopo aver vinto le primarie del suo partito, Abrams si era candidata come governatrice della Georgia. È stata la prima donna nera a correre per questa carica. Un momento definito da un articolo su Business Insider "rivoluzionario non solo per le donne nere, ma per la Georgia, che era ancora composta da un elettorato largamente conservatore".

Prima di iniziare la campagna elettorale, Abrams aveva intuito che la strada per la vittoria per il partito Democratico stava nel riconoscere i cambiamenti che stavano avvenendo in Georgia, soprattutto a livello demografico: la popolazione stava diventando sempre più giovane e diversificata, in particolare nelle aree suburbane, le più densamente popolate. Per vincere, i Democratici avrebbero dovuto intercettare i georgiani più giovani, bianchi, neri, ispanici o di altre origini. Era un proposito che si era data non solo per la Georgia, ma l'aveva portato al partito a livello nazionale.

Alla fine, alle elezioni per la carica di governatore Abrams perse per 55 mila voti – 50,2%-48,8% il margine minore tra due candidati dal 1966 in elezioni locali - contro il Repubblicano Brian Kemp, al tempo segretario di Stato della Georgia nonché principale funzionario incaricato di sovrintendere al voto. Nonostante i numerosi appelli e le accuse di conflitto d'interessi, Kemp si era rifiutato di dimettersi.

L’elezione fu molto contestata: oltre un milione di cittadini georgiani erano stati esclusi dalle liste elettorali, quasi 670mila nel 2017. Secondo il New York Times, mentre era segretario di Stato, Kemp ha “supervisionato le epurazioni delle liste elettorali e sostenuto un inasprimento delle regole di registrazione”.

Come spiegava un articolo uscito sull’Economist, poco prima delle elezioni presidenziali del 2016, Kemp aveva accettato di sospendere “una norma locale che stabiliva di respingere le domande di registrazione alle liste elettorali se i dati della persona non coincidevano esattamente con quelli presenti nei registri dello Stato”. Bastava anche una lettera o un accento mancanti, o una firma dissimile da quella di altri documenti. A quel punto il cittadino aveva 40 giorni di tempo per rettificare.

Associazioni per la difesa dei diritti civili avevano fatto causa alla Georgia, accusando lo Stato di aver respinto circa 35mila domande tra il 2013 e il 2016, in maggioranza di cittadini neri e in seconda battuta di origina ispanica o asiatica. Kemp ha dunque sospeso la regola, e lo Stato ha patteggiato. Poco tempo dopo però la Georgia ha approvato una legge che ripristinava la necessità della “corrispondenza esatta”, dando ai cittadini 26 mesi per correggere le inesattezze. Secondo un’inchiesta dell’Associated Press il 70% degli elettori esclusi era composto da neri. Una circostanza rilevante dato che solo il 32% della popolazione della Georgia è rappresentato da neri.

Abrams non ha formalmente concesso la vittoria a Kemp, sostenendo che l’esclusione degli elettori avesse inficiato il voto. «Voglio essere chiara: questo non è un discorso di concessione della vittoria, perché concessione significa riconoscere che un’azione sia giusta, vera o appropriata», aveva detto. «Come donna di coscienza e di fede, questo non posso ammetterlo. Ma il titolo di governatore non è importante quanto il titolo che condividiamo, quello di elettori. Ed è per questo che continuiamo a combattere». In ogni caso, ricorda Al Jazeera, il supporto ricevuto dalla candidata democratica è stato significativo - ha ricevuto più voti di qualsiasi democratico in corsa per qualsiasi carica nello Stato - e indicava che a livello elettorale in Georgia qualcosa stava cambiando.

Nonostante l’elezione persa, dunque, Abrams non si è fermata, anzi. «Dopo il 2018, Stacey non si è scoraggiata, demoralizzata o ha deciso di lasciar perdere. È andata subito a lavorare per abbattere le barriere e dare potere alle comunità che erano state trascurate, sia in Georgia che in tutto il paese», ha raccontato Vanita Gupta, presidente e CEO della Leadership Conference on Civil and Human Rights. «Ha contribuito a creare l’infrastruttura che sta portando risultati incredibili in Georgia e in tutto il paese».

Dopo la sconfitta, Abrams ha fondato Fair Fight, un'organizzazione nazionale per il diritto al voto con lo scopo di combattere l’esclusione degli elettori. L’obiettivo è sempre quello di portare più persone possibili ai seggi, specialmente quelle appartenenti a comunità storicamente escluse. Il progetto, infatti, prova anche a educare e responsabilizzare giovani elettori neri o di minoranze e li incoraggia a iscriversi nei registri.

In questi due anni Abrams «ha lavorato instancabilmente per portare l’attenzione di Biden e del partito Democratico sulla Georgia, assicurandosi che la voce dei cittadini fosse ascoltata ai seggi», ha detto Nsé Ufot, CEO del New Georgia Project, aggiungendo che non sarebbero stati raggiunti questi risultati senza la sua leadership. La strategia di Abrams ha funzionato: dalle primarie alle presidenziali, l’affluenza alle urne in Georgia è cresciuta di almeno 1 milione di persone dal 2016, secondo i dati dell’US Election Project dell’Università della Florida.

«Come donna nera cresciuta in Mississippi, ho imparato che se non alzi la mano, le persone non ti vedono e non ti danno attenzione», ha detto alla CNN lo scorso aprile. 

Grazie allo sforzo combinato di Fair Fight e New Georgia Project, si è arrivati al risultato di 800mila nuovi elettori presenti negli elenchi dello Stato. Nel frattempo, altre organizzazioni dal basso stavano nascendo in tutto lo Stato con lo scopo di far registrare i cittadini e farli partecipare al processo democratico: Black Voters Matter, una coalizione al lavoro principalmente nei quartieri abitati da persone nere, Urban League of Greater Atlanta, attiva nella periferia della principale città della Georgia.

L’impegno di Abrams, scrive il Washington Post, infatti, si inserisce nella tradizione di generazioni di donne nere, soprattutto degli Stati del Sud, che si sono organizzate costruendo a livello locale coalizioni e mobilitando le comunità di cui facevano parte, trasformando il partito Democratico allargando l’elettorato. “Il lavoro di Abrams nel combattere l’esclusione dal voto prima e dopo la sua sconfitta elettorale è solo un episodio nella lunga storia della politica dei neri del Sud. Il suo lavoro si fonda su una grande storia di organizers nere che usano le urne come strumento – insieme ad altri come la protesta, la costruzione di istituzioni nere, il riconoscimento internazionale – per consentire agli Stati Uniti di essere all’altezza dei loro ideali democratici”.

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