sabato 14 agosto 2021

UN PUGNO DI DOMANDE ALLA “GALASSIA ANARCHICA” E AL RESTO DELL’UNIVERSO


Chi scrive questa breve riflessione-provocazione è un uomo cis, trentenne, bianco, con cittadinanza italiana, relativamente benestante, ad oggi in buono stato di salute psicofisica, attualmente assunto presso un centro vaccinale in qualità di infermiere e, per concludere l’elenco, anarchico.

Tutta questa bio unicamente per sgombrare il campo il più possibile da qualsiasi fraintendimento e per giocare a carte scoperte, coi miei privilegi in bella mostra.

La volontà di scrivere nasce da una personale inquietudine, data dal periodo storico che stiamo vivendo, e dall’intento di portare un contributo alla riflessione, non certo per abbozzare un’analisi esaustiva, per la quale mi accorgo di non possedere strumenti sufficientemente adeguati e di non essermi confrontato abbastanza con chi mi circonda (e che non necessariamente frequenti ambienti con la A cerchiata in bella mostra).

Scelgo lo stile dell’elenco puntato e la forma interrogativa per rendere il più possibile fruibili e immediate le mie considerazioni e al contempo per esprimere il fatto di avere a disposizione, allo stato dell’arte, molte più domande che risposte.

 

·        Siamo davvero cert* di aver elaborato analisi “a tutto tondo” del periodo storico attuale, nello specifico in riferimento alla pandemia di Covid-19 che tutt* ci troviamo ad affrontare? Ci si è concentrat* eccessivamente sulle misure repressive e coercitive portate avanti dalle istituzioni nazionali ed internazionali? Sono forse passate in secondo piano le ricadute sulla quotidianità di ciascun* di noi che, volente o nolente, è parte integrante del tessuto sociale e come tale ne è influenzato in un rapporto di interdipendenza (ricadute in termini di salute psicofisica, reddito, relazioni, abitudini, ecc.)?

 

·        Cosa significa fino in fondo e quali implicazioni può avere schierarsi “contro la scienza”? Cosa si intende davvero con “dominio tecno-scientifico”? Non è forse vero che proprio grazie al pensiero scientifico, al metodo empirico, al ragionamento induttivo e alla ricerca sul campo si è aperta la Modernità, prendendo le distanze da epoche in cui il modo dominante di spiegare il mondo era quello imposto dal tiranno di turno o da istituzioni religiose? Quanto è impregnata di scienza e tecnologia la nostra quotidianità? Potremmo realmente farne a meno? Quali conseguenze comporterebbe? Ne saremmo colpit* tutt* allo stesso modo?


Non usiamo forse farmaci per curarci, ormoni per transizionare, chirurgia medica per intervenire a più livelli sui nostri corpi? Il privilegio di non dover convivere ancora oggi con determinate patologie non deriva forse da campagne di vaccinazione di massa?

Infine, non sono forse discipline scientifiche anche botanica, antropologia, filosofia, storia? Non provengono da scienziati e ricercatrici gli studi di cui ci serviamo per lottare, ad esempio, contro progetti di “grandi opere” o per denunciare la catastrofe climatica in corso?

È possibile mantenere un approccio critico alla scienza e alle sue derive, senza per questo buttare il bambino insieme all’acqua sporca?

 

·        Siamo d’accordo sul riconoscere che la specializzazione dei mestieri e delle professioni sia, insieme al pensiero scientifico, un ulteriore elemento che ha permesso il passaggio alla Modernità (e che poi si è mantenuto nella Post- Modernità)? Al netto dei rischi e delle criticità legati alla notevole rilevanza della figura dell’ “esperto” nell’epoca contemporanea, come si giustifica una sempre più diffusa diffidenza, se non astio manifesto, nei confronti di chi si è format* e specializzat* in una determinata branca del sapere, dedicando allo studio e al lavoro sul campo la propria esistenza?

Non ne ha forse beneficiato l’intera società e ciascun* di noi nel proprio vivere quotidiano?

Se è vero che in certi ambienti anarchici la delega è percepita come il male assoluto e, al contrario, il “Do It Yourself” un principio guida, non è forse connaturata al vivere collettivo una certa percentuale di delega e di fiducia? Possiamo davvero definirci competent* in ogni ambito del sapere umano e perciò sentirci legittimat* a formulare sempre e comunque un giudizio di merito? È così negativo affidarsi a professionist* per la produzione di farmaci, la costruzione di una casa o di un’infrastruttura, l’assistenza e la cura, l’insegnamento, la produzione di alimenti, la ricerca sul campo?

Non sta forse nella mutua solidarietà e nell’interdipendenza una delle

caratteristiche definenti del vivere in una comunità umana?

 

·        Oltre all’interdipendenza, mi preme sottolineare il concetto di “vulnerabilità”. È capitato anche a voi nei mesi scorsi di incontrare conoscenti che hanno manifestato sprezzo nei confronti del pericolo di contagiarsi/contagiare? Persone convinte di essere tanto sane e forti da non avere nulla da temere? O che addirittura hanno ironizzato/criticato chi optava per comportamenti diversi dai propri, talvolta bollandoli come espressioni di timore o paura ingiustificati.

Ci sentiamo davvero così invincibili?? Lo saremo anche in futuro? Abbiamo preso in considerazione lo scenario della malattia e della morte per noi stess* e per le persone che amiamo?

Anche fosse la paura a guidare i comportamenti di chi abbiamo di fronte, siamo ancora in grado di comprendere tali sentimenti? Di entrarci in contatto creando una relazione empatica?

Nei nostri gruppi di affinità potrebbero esserci persone immunodepresse, sieropositive, con patologie e fragilità… tuteliamo anche loro? Se già ora hanno bisogno della scienza medica, gliela negheremmo? Valgono meno di chi, almeno per il momento, sceglie o può scegliere di non ricorrervi?

Il tanto abusato slogan “Si parte e si torna insieme” può repentinamente trasformarsi nell’intramontabile “Si salvi chi può”?!

 

·        Parallelamente ad una spregiudicata e generica critica alla “tecno-scienza”, procede a passi svelti una altrettanto generica esaltazione della “natura” e di tutto quanto venga percepito-definito “naturale”.

Qualcun*, di grazia, mi saprebbe fornire una definizione esaustiva di questi termini?? Una definizione utilizzabile nell’anno 2021, se possibile.

Non è quantomeno curioso che su questo terreno così scivoloso e spesso anacronistico, siano venute a coincidere posizioni un tempo apparentemente agli antipodi? Può essere ritenuto esemplificativo il caso dello spazio “La piralide” di Bergamo che tenta goffamente di sincronizzare le proprie battaglie con le peggio esternazioni omotransfobiche di Arcilesbica o di gruppuscoli nazisti d’Oltralpe?

Possiamo stare un poco più attent* ad utilizzare spregiudicatamente il concetto di “natura”, in particolare quando conduce a pericolosi cortocircuiti del pensiero e prese di posizione violentemente escludenti?

 

·        Un’ultima riflessione sul linguaggio, i toni del dibattito-scontro in corso e sulle parole e le espressioni che scegliamo di utilizzare.

Innanzitutto, cosa ci fa essere tanti sicur* delle nostre opinioni e visioni del mondo da arrivare a denigrare ed attaccare chiunque non le condivida per intero?

Perché mettere sempre e comunque in dubbio le competenze, l’etica, l’intelligenza, l’attitudine altrui e mai (cristo!!) la propria?!

Sono automaticamente le/gli altr* gli infami, i servi, i paurosi, gli ignoranti, il “gregge di pecore” (espressione molto in voga e talvolta uscita pure dalla bocca e dalle tastiere di fantomatic* antispecist*)?

Ancora, perché utilizzare impropriamente termini quali “dittatura”, “apartheid”, “cavie”? Siamo forse palestinesi sotto occupazione israeliana? Viviamo in Corea del Nord? Siamo Uigur* in Cina? Abbiamo vissuto sotto al Fascismo italiano? Siamo allevati e sfruttati per i test pre-clinici di farmaci, additivi e cosmetici?

Abbiamo mai sperimentato la condizione di “senza documenti”/”clandestini” e ciò che essa comporta nella vita quotidiana delle persone che la fronteggiano? Siamo sicur* di voler paragonare un Green Pass ad un passaporto o ad un permesso di soggiorno? Mettere sullo stesso piano un controllo di polizia rivolto ad un* cittadin* italian* ed un rastrellamento su un treno o un checkpoint militare?

  

Mi sono dilungato troppo? Probabilmente sì.

Com’è probabile che sia stato superficiale e incompleto.

Non importa ora, lo siamo tutt*.

Mi auguro di essere riuscito ad esprimermi nella maniera migliore per essere compreso e che i contenuti di questo testo non urtino troppo la sensibilità di chi si prenderà il tempo di leggerli.

Rimango a disposizione per proseguire questo dibattito, meglio ancora se di persona.

 Un abbraccio libertario. 

ilmestieredelcorvo.blog

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