È un’invettiva,
un lamento, una memoria, un atto d’accusa,
una fotografia di dolore, e molto altro, tutto in 83 pagine. L’ho letto due
volte di seguito, sembra che parli solo di Antigua, parla sempre più di tutti noi,
nessuno si senta escluso...
Si
può leggere, ad esempio:
“…se
in un luogo c’è un ministero della Cultura significa che non c’è cultura. Avete
mai sentito dire che sotto l’ombrello di un ministero della Cultura sia
spuntato qualcosa di culturale?...”
e
“…la
Scuola Alberghiera, un istituto che insegna agli antiguani come essere dei
bravi domestici, come essere dei bravi nessuno, perché un domestico non è che
questo…”
Inizia
così:
Se vai ad Antigua da turista, ecco ciò che vedrai. Se arrivi
in aereo, atterri all’aeroporto internazionale V.C. Bird. Vere Cornwall (V.C.)
Bird è il primo ministro di Antigua. Magari sei il tipo di turista che si chiede
come mai un Primo Ministro ha voluto che un aeroporto portasse il suo nome:
perché non una scuola, perché non un ospedale, perché non un grande monumento
pubblico? Sei un turista e dunque non hai ancora visto una scuola di Antigua,
non hai ancora visto l’ospedale di Antigua, non hai ancora visto un monumento
pubblico di Antigua. Mentre l’aereo atterra, magari ti dici, Che bella isola,
Antigua – più bella delle altre isole, e dire che erano belle, a modo loro, ma
fin troppo verdi, avevano una vegetazione fin troppo rigogliosa, il che per un
turista significa che deve piovere molto, e la pioggia è proprio la cosa che
tu, in questo momento, non vuoi, perché pensi alle giornate faticose, fredde,
lunghe e buie che hai trascorso lavorando sodo nel Nord America (o, peggio
ancora, in Europa), per guadagnare il denaro che ti ha permesso di venire in
questo posto (Antigua), dove splende sempre il sole e dove il clima sarà
deliziosamente caldo e secco per il periodo dai quattro ai dieci giorni che
trascorrerai qui; e siccome sei in vacanza, siccome sei un turista, non ti
chiedi nemmeno cosa possa significare esser costretti a vivere dal mattino alla
sera in un posto che soffre costantemente di siccità, e quindi stare attenti a
ogni goccia d’acqua che si usa (pur essendo al tempo stesso circondati da un
mare e da un oceano: il Mar dei Caraibi da una parte, e l’Oceano Atlantico
dall’altra)…
non perdetevelo, poche pagine, costa poco, vale moltissimo - franz
Per molti Antigua è soltanto un’isola di spiagge bianchissime
accarezzate dagli alisei, una per ciascun giorno dell’anno. Jamaica Kincaid,
che ci è nata, ce ne mostra una faccia diversa. E, d’improvviso, è come se
nello smalto verdeazzurro dei Caraibi si scoprisse una ferita in suppurazione,
prodotta da politici predatori, interessati solo a perpetuare lo sfruttamento
di chi, tanto tempo fa, colonizzò l’isola. Nulla riesce a contenere l’incalzare
degli insulti che, con algida insofferenza, Jamaica Kincaid riversa su tutti,
turisti compresi. Nulla riesce a placare il suo furore, neppure la
consapevolezza che i discendenti dei colonizzatori siedono ormai «sul mucchio
di immondizie della storia». Che il turista sprovveduto sfogli pure le pagine
patinate delle solite guide: chi metterà in valigia questo scarno libretto
scorgerà un’altra Antigua, che porta ancora i segni terribili di «una malattia
europea» ma è finalmente un luogo ben
distinto – e non il fondale per un dépliant pubblicitario. Come ha scritto
Salman Rushdie,Un
posto piccolo è «una lamentazione di grande forza e lucidità
che si potrebbe definire torrenziale se il linguaggio non fosse controllato con
tanta finezza».
Il libro smentisce tutte le
immagini da cartolina che il turista occidentale ha di quei luoghi, mettendo
l’accento su quali ferite ha arrecato al paese lo sfruttamento, prima del
colonialismo inglese e poi dei politici locali. Un posto piccolo è una vera e
propria invettiva che ha il suo punto di forza in una prosa precisa, in uno
stile ossessivo e ripetitivo che ci ricorda un altro grande scrittore mai in
pace con il suo paese: Thomas Bernhard.
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