Kobane aveva 525.000 abitanti, prima dell’arrivo dell’orda
dell’Isis, adesso, dopo la Resistenza, ci sono solo 25.000 abitanti, il
distretto è distrutto per la gran parte, andrebbe bonificato (per le bombe
inesplose) e avviata e, magari, terminata la ricostruzione.
Pochi mesi fa era il simbolo della
civiltà contro la barbarie, il mondo, almeno così dicevano pubblicamente i
governanti, era in ansia per Kobane, e se avesse potuto, dicevano, avrebbe
fatto tutto il possibile.
In realtà i curdi hanno fatto
tutto da soli, e tutti quei governi in ansia e le organizzazioni internazionali
potrebbero intervenire per la ricostruzione, almeno come ringraziamento per
quella città curda.
Se chiedono gli aiuti forse è
perché si sono dimenticati di loro, veti incrociati, giochi di potere, e magari
a qualcuno l’Isis non dispiace troppo, anzi, meno male che c’è.
Kobane e Gaza sono città gemelle,
fronteggiano l’invasione, i bombardamenti, resistono, macerie dappertutto, e
poi chi se ne vuole ricordare più?
Karl von Clausewitz avrebbe detto
che la mancata ricostruzione è la continuazione della guerra con altri mezzi.
L’UIKI (Ufficio d’informazione del
Kurdistan in Italia) diffonde il “Rapporto sulle necessità urgenti a Kobane”,
dove si descrive la distruzione, si spiega che la ricostruzione è necessaria e
che servono molte risorse materiali e finanziarie (qui il
rapporto, in italiano, e qui il
sito, in inglese, sulla ricostruzione di Kobane)
Prendo e condivido.
RispondiEliminacome darti torto? :)
EliminaSu Kobane Lucia Goracci ci ha offerto servizi lucidi, senza se e senza me. Ma noi italiani siamo capaci di avere una politica estera degna di questo nome?
RispondiEliminarimpiango Andreotti ministro degli esteri
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