martedì 3 luglio 2018

Deportata attivista ebrea americana Ariel Gold, direttrice di Code Pink





Gold aveva organizzato la sua visita in anticipo con le autorità israeliane ma è stata ugualmente deportata. Avrebbe dovuto partecipare a un corso di studi dell’università ebraica di Gerusalemme ma all’aeroporto di Tel Aviv le hanno contestato l’intenzione di voler svolgere attività a sostegno del Bds
Il movimento sionista e i fondatori di Israele hanno ripetuto per decenni, e lo ripetono ancora, che lo Stato di Israele è sorto per accogliere tutti gli ebrei di ogni parte del mondo. Tutti proprio no. Tutti ad eccezione degli ebrei che non approvano le politiche nei confronti dei palestinesi ed esprimono aperto dissenso in campo internazionale. E’ questo il caso di Ariel Gold, notissima attivista americana di Code Pink, alla quale ieri è stato impedito di entrare nel paese ed è stata espulsa.
“Sono all’aeroporto di Tel Aviv e mi stanno deportando. Avevo ottenuto un visto (d’ingresso) in anticipo ma si rifiutano di onorarlo e mi stanno deportando”, ha scritto questa mattina Gold su Facebook.
L’attivista aveva organizzato la sua visita in anticipo con le autorità israeliane, ma è stata comunque deportata. Avrebbe dovuto partecipare ad un seminario e un corso di studi dell’università ebraica di Gerusalemme ma all’aeroporto le hanno contestato l’intenzione di voler svolgere attività a sostegno del Bds il movimento internazionale di boicottaggio di Israele per le sue politiche verso i palestinesi sotto occupazione. Gold era già venuta in passato in Israele e durante una visita a Hebron, nei Territori palestinesi occupati, era stata duramente contestata dai coloni ebrei insediati nella città e arrestata dai militari israeliani.
  Code Pink è un’organizzazione di donne statunitensi che si battono contro il militarismo, l’uso dei droni militari contro i civili e per i diritti civili nel loro Paese. In Medio Oriente, Code Pink appoggia la lotta dei palestinesi per la libertà e l’indipendenza e aderisce al Bds. Per questa ragione nei mesi scorsi è stata inserita nell’elenco di organizzazioni “ostili” colpilato dalle autorità israeliane.
Di seguito pubblichiamo un articolo scritto da Michele Giorgio per il quotidiano Il Manifesto all’inizio di quest’anno  e pubblicato anche da Nena News,  sul rilascio da parte di Israele di una lista nera di organizzazioni che sostengono il movimento Bds nella quale è stata inserita anche Code Pink.
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di Michele Giorgio –  il Manifesto
Ha risposto subito alla nostra mail Ariel Gold, direttrice di Code Pink, organizzazione statunitense di donne che si batte contro la guerra e il militarismo americano. Da anni Code Pink porta avanti una campagna incessante contro l’impiego dei droni e di denuncia dell’uccisione di migliaia di civili in Asia e Medio Oriente da parte degli Usa nella cosiddetta “guerra al terrorismo”. In Medio oriente Code Pink chiede giustizia, libertà e diritti umani per i palestinesi sotto occupazione israeliana.
«Siamo sconvolti ma non sorpresi – scrive Ariel Gold al manifesto – del rilascio da parte di Israele di una lista nera di organizzazioni che sostengono il movimento Bds per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni in nome dei diritti dei palestinesi». Gold è una ebrea e la sua famiglia vanta una storia antica e importante – è una discendente del rabbino Joseph Karo autore nel XIV secolo del “Shulchan Aruch” – ma è anche un’antisionista e oppositrice delle «politiche repressive di Israele nei confronti dei palestinesi». Un anno fa, racconta, mentre a Hebron denunciava la condizione di migliaia di palestinesi nella zona H2 della città fu aggredita da alcuni coloni israeliani che le urlarono di «andare ad Auschwitz».
Dal 1 marzo Ariel Gold, le sue compagne di Code Pink e gli attivisti e membri di altre 19 organizzazioni e ong in tutto il mondo sostenitrici del Bds, non potranno più entrare in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Non avranno più modo di farlo perché chiedono il boicottaggio internazionale di Israele sino a quando i diritti politici e umani dei palestinesi non saranno osservati e realizzati. Secondo il governo Netanyahu, e in particolare il ministro per gli affari strategici Gilad Erdan, il Bds non contesterebbe le politiche di Israele ma intenderebbe «delegittimarlo».
«Le organizzazioni di boicottaggio hanno bisogno di sapere che Israele agirà contro di loro e non permetterà loro di entrare nel suo territorio per danneggiare i suoi cittadini. Siamo passati dalla difesa all’offesa» ha avvertito domenica Erdan, al quale è stato assegnato un budget di 75 milioni di dollari per combattere il Bds ovunque nel mondo. La lista nera rende ufficiale una politica già in atto da tempo e che ha visto diversi esponenti del movimento Bds fermati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ed espulsi nel giro di qualche ora. Tra questi Isabel Phiri, esponente di spicco del World Council of Churches. Già dallo scorso marzo una legge autorizza il blocco ai valichi di confine dell’ingresso di persone favorevoli al boicottaggio di Israele.
Tra le organizzazioni nella lista nera, assieme Bds Italia, figurano anche Jewish Voice for Peace (70 filiali e 15mila membri) schierata contro il governo Netanyahu, e persino Afsc (American Friends Service Committee) una società religiosa di quaccheri che si batte per la giustizia sociale, la pace, l’abolizione della pena di morte ed i diritti umani. Afsc nel 1947 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace per il suo sostegno agli ebrei e a tutte le altre vittime del nazismo. «Mettendo al bando venti organizzazioni per i diritti umani, tra cui Code Pink – spiega Ariel Gold – Israele si sta isolando ulteriormente come uno Stato di apartheid in cui un gruppo di persone gode di diritti e privilegi superiori semplicemente a causa della propria religione».
Non usa mezze parole la direttrice di Code Pink. Per lei l’attacco al Bds è parte di una campagna del governo Netanyahu volta a far tacere tutti coloro che denunciano le politiche di occupazione nei Territori e che colpisce il diritto di espressione sulla questione palestinese. «Dai recenti arresti di attivisti palestinesi nonviolenti – prosegue Gold – a questa lista nera di organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo, è chiaro che Israele sta aumentando la repressione di attivisti dei diritti umani e sta precipitando nel razzismo e nell’estremismo di destra con l’appoggio dei suoi sostenitori nell’amministrazione Trump».
Code Pink, in linea con le altre organizzazioni americane e del resto del mondo inserite nella lista nera, fa sapere che «rimarrà fedele al lavoro di sostegno della libertà palestinese e per l’uguaglianza e la giustizia per tutti i popoli».

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