sabato 18 aprile 2020

ricordo di Nabeel Khair


Il bel sorriso triste di Nabil - Yousef Salman

Ciao caro Nabil
né io né Nabil abbiamo mai voluto stare in seconda fila o nelle retrovie, abbiamo sempre voluto stare in prima fila, nella lotta per la realizzazione dei diritti del popolo palestinese, la difesa dei diritti umani e anche nella lotta contro il Coronavirus, come bravo, generoso, di grande umanità ed apprezzato medico igienista in Sardegna.
Perciò abbiamo sempre pagato un caro prezzo ed a tutti i livelli.
Ma Nabil ha pagato di più, ammalandosi di Corona virus, stando più di 14 giorni in terapia intensiva e alla fine perdere anche la vita.
Nabil Kheir, l’ho conosciuto in Kuwait all’età di 14 anni, giocavamo a pallone, io nella prima squadra del Club Nablus e lui nel giovanile.
Poi ci siamo incontrati di nuovo in Italia per studiare Medicina, io arrivai nel 1972 e lui nel 1976 e non ci siamo mai perso le tracce da quegli anni.
Nel 1982 la coppia Salman e Kheir, qualche mese prima dell’invasione israeliana al Libano e il compimento delle orrende stragi di Sabra e Shatila, formano il direttivo nazionale e locale romano del GUPS, (Unione Generale degli Studenti Palestinesi in Italia), io a dirigere la sezione nazionale e lui quella della capitale per 3 anni.
Insieme abbiamo girato l’Italia per spiegare la questione palestinese e far crescere la solidarietà italiana a favore della lotta del popolo palestinese all’autodeterminazione, del diritto al ritorno dei palestinesi alle loro case e alle loro terre dalle quali sono stati cacciati con la forza delle armi per dare spazio alla creazione dello stato sionista d’Israele e al loro diritto alla creazione del loro stato libero e sovrano con Gerusalemme, sua capitale.
Non esistono palestinesi che non hanno conosciuto Nabil Kheir con il suo permanente sorriso, la sua tuonante voce e il suo continuo dinamismo e lavoro a favore della sua causa, Nabil era un militante dirigente cristiano (la maggioranza assoluta non ha mai conosciuto la sua fede religiosa) di Al Fatah, ne fu anche il Segretario, era diventato una bandiera e un punto di riferimento.
Nel 1985 si è trasferito a Cagliari per stare con la sua consorte e collega Rita, dalla quale ha fatto 3 bei ragazzi e dove ha svolto fino a ieri la sua attività professionale e politica nel direttivo della Comunità Palestinese Sarda.
Nel 2012, insieme a tutte le Comunità Palestinesi d’Europa, abbiamo costruito l’Unione Generale delle Comunità Palestinese d’Europa e fu eletto alla carica del Vice-Presidente. Una carica che ha ricoperto fino a ieri.
Nabil ha avuto un momento di smarrimento e di difficoltà che ha segnato il suo sorriso e il suo essere nel 2014, con la morte di sua figlia maggiore Yasmeen (24 anni) in un incidente ad Amman in Giordania. Nonostante il duro colpo ha continuato a lavorare e a lottare per la sua nobile causa della Palestina.
Nabil continueremo a ricordare il suo bel e triste sorriso, la sua forte e tuonante voce, la sua dura determinazione, la sua forza d’animo, colma del sacrificio e della speranza. Sarai sempre nei nostri cuori e nelle nostre lotte, per una Palestina libera, laica e democratica.
Ciao, riposa in pace caro fratello.



L’amarissima sorte del dottor Khair – Benigno Moi

Nabeel Khair, palestinese arrivato a Cagliari 40 anni fa per diventare medico, da medico è poi morto, l’8 aprile scorso, di Covid-19.
Morto curando pazienti sardi, prevalentemente anziani, in una manciata di piccoli paesi simbolo dello spopolamento delle zone interne della Sardegna.
Morto il giorno in cui il Governo M5S-PD decreta di chiudere i porti (perché non sicuri…) con una decisione confusa, di fatto destinata ai migranti che scappano dalla Libia ancora in guerra. Libia dove, sempre l’8 aprile, le truppe di Haftar bombardano l’ospedale al-Khadra. Ospedale che cura i malati di Covid-19 nell’area di Bab-Hadba,Tripoli.
Nabeel, palestinese cristiano nato in una Betlemme occupata, militante e dirigente di Al Fatah in Italia ed Europa, muore due giorni prima di un Venerdì Santo senza i rituali riti della settimana santa per cristiani.

Nasce in Palestina e muore a Cagliari, 5 anni dopo la figlia Jasmine, nata a Cagliari e morta per un banale incidente in Giordania, dove stava facendo il suo dottorato post laurea in Scienze Politiche.

Se ne va, Nabeel, nei giorni in cui ci dicono di starcene a casa. Se ne va, lui che come milioni di altri palestinesi aveva vissuto il “ritorno a casa”, la “Marcia del Ritorno”, come uno dei momenti più significativi e partecipati negli ultimi anni della resistenza palestinese all’occupazione israeliana dei territori.
Sono solo coincidenze, suggerite dall’emozione dell’evento; accostamenti amari che sembrano avallare l’idea della fatalità.
Ma se ne va, Nabeel, mentre l’esercito israeliano continua i suoi raid e gli arresti nei territori occupati, nonostante la pandemia e le preoccupazioni per la sovraffollata Gaza. E questa non è coincidenza o amara contraddizione, della Storia, bensì conferma dello stato permanente di irrazionalità delle politiche di dominio, dell’impotenza e ipocrisia degli organismi internazionali di controllo. Impotenti di fronte alle epidemie come di fronte ai virus di guerra, profitto, colonialismo. Impotenti e complici di fronte alla folle corsa suicida di questo disgraziato pianeta.
Anche per questo ci pare doveroso ricordare il medico e militante Nabeel Khair.

  


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