mercoledì 2 settembre 2020

Darién Wanderers: ecco il documentario sui migranti che sognano l’America - Irene Masala

 

Dieci minuti densi, capaci di farci entrare a suon di immagini, infografiche e testimonianze nella vita di migliaia di migranti che sognano l’America, quella ricca. Persone disposte a rischiare il tutto per tutto per una vita più dignitosa. E che, per questo, intraprendono un pericoloso viaggio cercando di attraversare il Darién Gap, la giungla che separa il Sud America dall’America centrale.

Ecco in anteprima Darién Wanderers (I viandanti del Darién), il documentario indipendente scritto e diretto da Irene Masala e Lucas Serna Rodas e prodotto da Utopías Project.



Darién Gap: cosa accade al confine tra Colombia e Panama

Il numero di bambini migranti che ogni anno attraversano il Darién Gap, la giungla che separa il Sud America dall’America centrale, è aumentato di oltre sette volte nel 2019. Dai 522 bambini in transito nel 2018 si è passati ai quasi 4 mila del 2019. E di questi circa il 50% aveva meno di 6 anni.

Lo riferisce l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia. Le persone che nel 2019 hanno cercato di passare la frontiera naturale tra Colombia Panama sono circa 24 mila, provenienti da oltre 50 differenti Paesi, soprattutto da Asia Africa.

«Il drammatico aumento del numero di bambini migranti che si spostano attraverso il Darién Gap sottolinea l’urgente necessità di un’azione per proteggere questi minori e garantire il loro accesso a servizi essenziali come l’assistenza sanitaria, l’acqua e l’igiene», dice Kyungsun Kim, rappresentante Unicef a Panama.

Che continua: «Ciò richiede sforzi coordinati e rafforzati da parte dei governi e degli attori umanitari sul campo per rispondere a questo flusso».

 

Dove inizia il pericoloso viaggio verso il Darién

Alcuni migranti percorrono decine di migliaia di chilometri, dal continente asiatico a quello africano, fino a Cile o Brasile, e da lì in poi dritto fino a Colombia e Panama. Alcuni riescono a viaggiare in aereo fino in Ecuador, uno dei Paesi con politiche migratorie più blande.

La maggior parte delle persone in transito proviene da CamerunBangladeshIndiaRepubblica democratica del CongoNepalPakistanHaiti Ghana. Migliaia di persone in viaggio, molte delle quali hanno investito gli ultimi averi nella speranza di questa traversata.

 

Darién Wanderers, migranti in transito verso gli Usa

Questo flusso migratorio sommerso, che attraversa l’America Latina per confluire negli Stati Uniti e in Canada, è al centro del mini documentario indipendente Darién Wanderers (I viandanti del Darién), che mostra le ultime tappe del viaggio in Colombia, dal porto turistico di Turbo, in Antioquia, fino a Capurganá, piccolo paesino ormai da anni destinazione turistica nella costa nord-occidentale dell’Urabá.

I migranti riescono a muoversi dentro la Colombia grazie a un documento, chiamato salvacondotto, che gli consente di raggiungere la frontiera più vicina per uscire dal Paese nonostante non siano in possesso di documenti regolari.

Una volta sbarcati a Capurganá, i migranti devono aspettare che arrivi il coyote, la persona che li accompagnerà per una parte del viaggio attraverso la selva del Darién. Gli agenti dell’Ufficio migrazione presenti a Capurganá si occupano di controllare i salvacondotti dei migranti, ma non della sicurezza delle persone in transito.

Stando a quanto riportato da Cesar Mesa, direttore dell’ufficio Unhcr di Apartadó intervistato per il documentario, le autorità etniche alla frontiera riferiscono di un flusso giornaliero tra i 100 e i 200 migranti, per un totale superiore alle 35 mila persone l’anno.

 

Darién Gap, le foreste diventano una trappola per migranti

Il viaggio attraverso le foreste può richiedere giorni, o addirittura settimane, e un numero incalcolabile di persone muore o scompare. A oggi nessuna organizzazione operante sul luogo è stata in grado di stabilire con esattezza il numero dei migranti che hanno perso la vita nel Darién Gap.

Le foreste di Darién sono così fitte che l’autostrada Pamamericana, che attraversa il continente americano da nord a sud, deve interrompersi a Panama e riprendere in Colombia. La selva si estende infatti per 575 mila ettari ed è uno dei luoghi con la maggiore biodiversità al mondo, con 160 specie di mammiferi.

Una foresta che, negli ultimi 30 anni, è stata campo di battaglia, massacri e sequestri di civili da parte di guerriglieri delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, di paramilitari e narcotrafficanti.

Secondo un’indagine di Interpol e polizia colombiana, il passaggio di migranti attraverso il Darién frutta ai trafficanti circa un milione di dollari a settimana. Molti, inoltre, sono abbandonati dai coyote a metà tragitto senza più soldi, acqua né cibo. I più fortunati sono intercettati dagli agenti del Senafront, la polizia panamense che si occupa di monitorare l’area di frontiera, mentre gli altri incontrano le bande criminali che gestiscono la zona.

 

Covid-19: il nuovo coronavirus colpisce il Darién

L’applicazione delle misure sanitarie per prevenire l’ulteriore diffusione del coronavirus, compresa la chiusura delle frontiere, ha comportato una serie di cambiamenti nella mobilità di transito dei migranti.

Secondo l’ultimo report dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), attualmente sarebbero 2.536 i migranti bloccati a Panama, la maggior parte dei quali originari di Haiti. Di questi, circa il 30% è costituito da minori e tra loro ci sono anche sei donne incinte.

Le autorità locali hanno inoltre deciso di erigere una serie di recinzioni sanitarie per controllare l’ingresso e l’uscita delle persone nella provincia del Darién e per garantire la sicurezza della popolazione locale.

 

Panama: la Corte interamericana interviene in difesa dei migranti

Recentemente la Corte interamericana per i diritti umani ha ordinato a Panama di garantire a tutti i migranti l’accesso ai servizi sanitari essenziali nei centri di detenzione. La decisione della Corte ha riguardato due centri di immigrazione nello specifico, entrambi nella provincia del Darién, nei quali si presentavano gravi situazioni di sovraffollamento e presenza di casi di Covid-19 tra le persone in stato di detenzione ingiustificata.

Il caso è stato presentato alla Corte dal Center for Justice and International Law perché lo stato detentivo dei migranti, diventato definitivo a causa della pandemia, violerebbe gli standard internazionali sui diritti umani.

da qui


Nessun commento:

Posta un commento