giovedì 17 settembre 2020

Ingiustizia è fatta

 


In un commento postato sulla sua pagina social, Dana Lauriola, sottolinea: «Uno dei motivi per cui vado in carcere, scritto nero su bianco, è che non mi sono dissociata dalla lotta No Tav, l’altro è che ho continuato a vivere in Valle di Susa. Sono tranquilla per tutte le scelte che ho fatto in questi anni, ho amato la valle e la lotta No Tav per oltre 15 anni e continuerò a farlo anche se fisicamente lontana. Intanto vi abbraccio, vi farò avere mie notizie. Vi chiedo di continuare la lotta, con tutta la forza e il coraggio che avete».

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 VOGLIONO ARRESTARE LE NOSTRE IDEE, MA LE IDEE SONO COME IL VENTO

Di questo si tratta, la sentenza che ha colpito Dana è il frutto di un vero e proprio processo alle idee. Ad indicarlo chiaramente sono le motivazioni, non ancora depositate ma trapelate, che la giudice Elena Bonu ha addotto nel rifiuto delle misure alternative al carcere, ma è anche la natura stessa della pena comminata.

Una pena evidentemente spropositata: due anni per aver partecipato ad un’iniziativa durata 10 minuti, in cui la “colpa” di Dana sarebbe stata quella di spiegare ad un megafono i motivi della protesta.

Il movimento No Tav all’epoca dei fatti era in mobilitazione permanente da lunedì 27 febbraio, in seguito alla caduta di Luca dal traliccio. Giorni di rabbia e dolore, ma anche di determinazione, nonostante le cariche e gli scontri che continuavano a susseguirsi.

I No Tav quel giorno avevano deciso di liberare i caselli di una delle autostrade più care d’Italia, la Torino Bardonecchia, che dal lunedì della stessa settimana fino al giovedì era già stata occupata in maniera permanente dal movimento. Il senso di quella iniziativa era, ancora una volta, sottolineare l’enorme sperpero di denaro pubblico destinato alla costruzione dell’opera.

Il reato di Dana non è stato tanto quello di aver partecipato alla liberazione dei caselli, di per sé un reato trascurabile (sono centinaia i casi in cui processi che riguardavano iniziative del genere si sono risolti in pene modeste o addirittura in assoluzioni), ma è evidentemente quello di essere parte con determinazione e protagonismo di una delle lotte popolari più longeve ed efficaci del nostro paese, che ha messo in discussione governi e assetti istituzionali e che è la bestia nera di chi specula e devasta l’ambiente. La sua “responsabilità” è quella di essere stata per anni uno dei volti pubblici, una delle voci con cui il movimento ha parlato, ha gridato le proprie accuse verso un sistema ingiusto che ignora i reali bisogni dei territori.

Una delle motivazioni della sentenza con cui sono state rifiutate le misure alternative è che Dana non si sarebbe allontanata nè dal movimento No Tav nè dal territorio continuando a vivere in valle a Bussoleno. Lei è colpevole dunque di non aver abiurato le sue idee, di non essersi fatta intimidire dalle persecuzioni che quotidianamente colpiscono gli attivisti e le attiviste del movimento e di aver continuato a lottare con generosità, senza risparmiarsi. E’ colpevole di non aver voluto lasciare un territorio dove risiedono i suoi affetti, dove resistono le montagne che ha imparato ad amare e conoscere: un territorio che viene dipinto come un tessuto criminogeno. Gli abitanti della valle che si schierano contro il TAV in questa narrazione vengono considerati alla stregua di banditi invece che cittadini preoccupati per il proprio futuro e quello del territorio, già ferito, in cui vivono. Un processo alle idee che ricorda altri tempi, tempi in cui in giro per la valle venivano affissi cartelli con scritto “achtung banditen”, tempi in cui le donne che si opponevano al potere costituito erano soggette alla “caccia alle streghe”.

Ora come allora i persecutori, i carnefici si travestono da burocrati, nascondono la loro vigliaccheria dietro una presunta oggettività del diritto. Un’oggettività del diritto che condanna sempre i più deboli, condanna chi resiste ed è supina ai ricchi, ai potenti. La politicizzazione del Tribunale di Torino, e in particolare di alcuni magistrati e di alcuni giudici che qui esercitano ormai è cristallina. La giudice Elena Bonu, conosciuta tra le aule per il suo sadismo, la pm Pedrotta che ha fatto della incriminazione verso i No Tav la sua ragione di vita, sono i degni eredi di Rinaudo (promosso nell’Unità di crisi della Regione Piemonte, al servizio di Cirio nella sua devastante gestione della pandemia), Padalino (invischiato negli scambi di favori, nelle nomine pilotate e nel peggiore marcio del sottobosco della magistratura), Caselli (vero iniziatore della strategia di intimidazione verso chi lotta in Val Susa). Un tribunale che, lavorando in piena sintonia con questura e carabinieri, è diventato a tutti gli effetti il braccio armato di Telt per portare avanti un’opera della cui inutilità ormai ne parla apertamente non solo la popolazione della valle ma  persino l’analisi costi benefici dello scorso governo e la Corte dei Conti Europea.

In un’epoca come questa, sconvolta dai cambiamenti climatici e dalla pandemia di Coronavirus, ci si aspetterebbe che le ragioni della vita prevalessero sulle ragioni del denaro. Ma se c’è qualcosa che abbiamo imparato in questi trent’anni di resistenza è che solo la determinazione dei popoli, la forza e la dignità di chi si oppone possono mettere un freno all’egoismo, all’arroganza, alla prepotenza di chi amministra e gestisce il potere.

La pandemia in cui stiamo vivendo ha approfondito in noi la consapevolezza che prendersi cura di chi ci sta vicino, dei posti in cui viviamo è la priorità assoluta. In fondo quando diciamo “Si parte e si torna insieme” è questo che intendiamo. Quindi abbiamo deciso di non lasciare sola Dana ad affrontare le prepotenze del potere, ma di farle sentire tutta la nostra solidarietà e vicinanza con un presidio permanente sotto casa sua, in Via Pietro Ravetto 38 a Bussoleno, in maniera che sia grande la vergogna di chi si presenterà per provare a tradurla in carcere.

Invitiamo tutti e tutte a portare solidarietà a Dana e testimoniare la propria indignazione verso questa assurda decisione.

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In Val Susa la vergogna dello Stato. Dana e Stefano liberi subito!


Sono venuti che era ancora notte e sono venuti in forze. Hanno la paura di chi sa di avere torto.

Questa mattina alle 5, con un blitz in pieno stile, con blindati e celerini, le forze dell’ordine hanno applicato la paradossale sentenza nei confronti di Dana emessa dal Tribunale di sorveglianza di Torino nella persona della giudice Elena Bonu. Ma ad attenderli hanno trovato il popolo No Tav deciso a sostenere Dana in questo momento e a non far passare sotto silenzio questa vergognosa prepotenza contro una donna, una compagna e contro un intero territorio.

 

Un intero quartiere di Bussoleno è stato militarizzato per ore, impediti gli accessi agli abitanti del paese che volevano testimoniare con un gesto d’affetto la loro vicinanza a Dana. Nonostante il dispiegamento di forze però i No Tav sono riusciti a raggiungere la casa e a gridare forte il dissenso verso questa ingiustizia. Una marcia della vergogna per chi è venuto a prelevare Dana, che ha reagito con spintoni a giovani e anziani, minacce e insulti. La Digos di Torino si è distinta come al solito nell’esercizio dell’arroganza verso chi lotta per difendere la propria valle.

I volti di questi loschi individui con i distintivi erano pieni di paura e vergogna mentre Dana a testa alta ha salutato i solidali prima di venire condotta all’auto.

Come se non bastasse, mentre questo enorme dispositivo di uomini e mezzi veniva messo in campo per tradurre Dana i carcere, tre volanti dei carabinieri notificavano a Stefano, compagno No Tav, i domiciliari per 5 mesi.

Dopo che l’auto con a bordo Dana era già lontana dall’abitazione la celere ha caricato a freddo un gruppo di abitanti di Bussoleno la cui unica colpa è quella di aver voluto salutare una propria concittadina finita nelle mani dell’ingiustizia, ferendo alla testa un giovane No Tav.

 

Questa mattinata ha sancito che la Val Susa è fuori dallo Stato di Diritto, è un territorio occupato come diciamo da anni, dove le forze dell’ordine possono fare il buono e il cattivo tempo al servizio dei potenti senza che nessuno dagli scranni istituzionali faccia domande. Un luogo dove Telt, l’azienda promotrice dell’opera, amministra direttamente la giustizia utilizzando tribunali e polizia come una milizia privata. Un luogo dove un reato sociale, una iniziativa durata dieci minuti, una lettura di un volantino al megafono può costare due anni di carcere.

E che dire di questo governo supino allo strapotere delle lobbies del cemento e del mattone? Che dire di quella parte di maggioranza che per anni si è professata No Tav? Quelli che si professavano vicini alle esigenze dei cittadini adesso tacciono di fronte allo Stato d’eccezione che viene applicato in tutta la sua violenza in Val Susa.

Quanto ci è costato questo abuso di potere che è andato in scena questa mattina? Quanto ci costano i pool di magistrati, quanto ci costano le decine di agenti della Digos che si occupano quasi esclusivamente dei No Tav?

 

Mentre una pandemia sta sconvolgendo il pianeta le priorità che vengono portate avanti sono chiare, continuare a finanziare il sistema delle grandi opere inutili e perseguitare, arrestare, colpire chi vi si oppone.

In valle però si continua a resistere da trent’anni con determinazione e senza paura, in questa valle abbiamo imparato a prenderci cura del territorio e del nostro prossimo, a non lasciare nessuno indietro, abbiamo imparato che il concetto di giustizia, quello vero, non coincide quasi mai con la violenza della legge. Abbiamo appreso che si è vivi, si è giusti solo se ci si ribella, e noi continueremo a farlo, perché sappiamo che questa grande opera è mortifera, sappiamo che non vogliamo un futuro di devastazione, inquinamento, tumori e desolazione sociale per il territorio in cui viviamo. Quindi non lasceremo sola Dana, non lasceremo solo Stefano e continueremo la loro, la nostra battaglia, come sempre pronti con il cellulare sul comodino e gli scarponi vicino al letto.

da qui

  



Il magistrato Livio Pepino: «In val Susa uno schema repressivo ormai consolidato»

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