(intervista di Alessandro Bianchi)
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto
cambi”. Le elezioni europee viste come un terremoto da molti commentatori
si possono riassumere in estrema sintesi con altri cinque anni di
"maggioranza Ursula" pronta a continuare il suo viaggio verso il
baratro dell'Armageddon, fedele ai dettami dei padroni di
Washington. "L’esito di tali elezioni - riassumibile nella
nozione di funesta stabilità - conferma, in buona sostanza, il cupo declino
filosofico-valoriale dei popoli del vecchio (in ogni senso) continente", dichiara
ad "Egemonia" l'Ambasciatore Alberto Bradanini, una delle nostre
bussole di riferimento costanti nei frastornati e difficili tempi attuali.
A lui abbiamo chiesto un commento sulle forze di estrema destra in ascesa,
l'astensionismo e i margini di costruzione di una forza di reale cambiamento
nel vecchio continente. "Non v’è dubbio che per assicurarsi il
controllo sulle scelte dei paesi vassalli l’egemonia plutocratica americana si
serve della Nato, una struttura un tempo difensiva, oggi di aggressione, a
tutela degli interessi Usa, che condiziona in modo sistemico le scelte dei
paesi colonizzati, selezionandone i ceti politici". E questa
egemonia non si contrasta certo con il melonismo (italiano, francese o tedesco
che sia) o l'astensione, ma con un "faticoso percorso di
conoscenza e consapevolezza, avendo fede nel convincimento (da non intendersi in
termini presuntuosi) che nella storia ha motivato tanti uomini di buona
volontà" per gettare le basi per un reale cambiamento.
L'INTERVISTA COMPLETA:
Ambasciatore, i principali vincitori delle elezioni europee sono
sicuramente le destre estreme e l’astensione. Nulla dovrebbe cambiare con la
famigerata “maggioranza Ursula” a guidare il timone verso il baratro
dell’Armageddon contro la Russia. È lo scenario che si aspettava?
L’esito di tale sceneggiata non è stata certo una sorpresa. Del
resto, se le elezioni servissero a qualcosa, affermava A.
Bierce, le avrebbero già abolite. Serviranno dunque a ben poco
anche quelle europee dell’anno 2024. È bene infatti non dimenticare che
l’Europa costituisce un’indistinta mescolanza di paesi vassalli dell’impero americano
(di cui è figlia primogenita!) e che il Parlamento Europeo è un finto
Parlamento, occupandosi di diverse e inutili questioni, ma non di quella
principale, fare le leggi: il suo incarico principale è invece quello di
garantire un ottimo impiego a 720 individui altrimenti a rischio
disoccupazione. L’esito di tali elezioni - riassumibile nella nozione di funesta stabilità -
conferma in buona sostanza il cupo declino filosofico-valoriale dei popoli del
vecchio (in ogni senso) continente. Alla luce di ciò, in nome dei principi di
convivenza pacifica, democrazia ed equità sociale, dovremmo tutti gridare: viva
l’instabilità! Purtroppo, dunque, dalle urne non è sortito alcun impulso
virtuoso a favore del mondo del lavoro, dei beni pubblici, della sovranità
costituzionale e della pace. Si continuerà a morire in Ucraina e in Palestina
(ammesso che l’Europa potesse fare qualche differenza) e a coloro che hanno
confermato tali inverecondi ceti politici, di tutto ciò nulla è importato.
L’inerzia fattuale, valoriale e di pensiero della società europea – Italia in
testa, beninteso, tra le più inossidabili, ma in verità tutto l’Occidente -
riflette un cupo deflusso storico di natura strutturale. La
maggioranza dei popoli che la compone è preda di una plastica regressione verso
l’età etica e ideologica della pietra.
Non è un caso che in tale cupo scenario siano divenute superflue persino le
operazioni di destabilizzazione dall’esterno alle quali i noti padroni
atlantici del mondo ci hanno abituati dal secondo dopoguerra in
avanti. Oggi, il lavaggio del cervello rende di più e costa meno. E il successo
è garantito con l’ausilio della strategia della paura: paura di perdere il
lavoro, di impoverirsi, di veder dileguare il potere d’acquisito di salari e
pensioni, l’assistenza sanitaria, un qualche futuro per i propri figli, una
paura che minaccia persino il valore supremo della pace, che ingenuamente
pensavamo acquisito per sempre!
Le forze di destra in Francia e Germania che sono i veri vincitori delle
elezioni europee nei loro paesi rappresentano forze di cambiamento nel sistema
attuale o verranno facilmente assorbite dallo stesso come è successo con
Fratelli d’Italia in Italia?
Quelle formazioni politiche di destra (apparentemente vincitrici) non
faranno la differenza: in Germania perché mancano i numeri, in Francia perché
il lepenismo è da tempo normalizzato (sia nelle posizioni
anti-Ue che anti-Nato), in analogia al melonismo italiano,
diventato antisovranista che più non si può, mentre digerisce senza medicinali
coadiuvanti sia le bellicose consegne imperiali che le ingiunzioni della
finanza nordeuropea che saccheggia da trent’anni quel che rimane della nostra
ricchezza. La società europea occidentale, in realtà, non è in preda a
misteriose spinte eversive, irreperibili ribellismi
anarchici, improbabili derive antisemitiche o radicalismi
populisti, tantomeno di sinistra (di vera sinistra,
del resto, non si vede l’ombra!). La società europea è invece il deprimente
riflesso di un popolo addormentato che – dopo annose sedute di elettrochoc
cultural-consumistici, dopo essere stata sconfitta dalla lotta di classe
combattuta in seno all’attuale modo di produzione –
teme l’instabilità e accetta dunque ingiustizie, derive belliciste e
asservimento politico-ideologico, favorendo i privilegi della plutocrazia
dominante. Va detto che nemmeno in tali umilianti condizioni viene meno la
sorveglianza piramidale (esplicita o sotterranea), perché il popolo resta
inquieto per definizione, non si sa mai!
Negli anni ’30 del secolo scorso le forze che muovevano le logiche di
mercato si sono affidate alle destre reazionarie e xenofobe per impedire
l’ascesa di un modello realmente alternativo rappresentato da quelle comuniste.
Chi muove le fila del neoliberismo e della Nato sta immaginando uno scenario
similare un secolo dopo?
I protettorati europei dell’impero unipolare (sempre meno tale, grazie al
cielo, alla luce del progredire di un benvenuto pluralismo politico, economico
e militare) vengono sono controllati senza nemmeno ricorrere a minacce o
all’uso della forza. È sufficiente mobilitare i noti strumenti di seduzione,
carriere, denari e onori, di cui dispongono ad libitum le
oligarchie belliciste atlantiche (sovraniste come nessun altro, ma tale
aggettivo perde misteriosamente il suo significato dispregiativo se viene
applicato al sovrano). Quel che, tuttavia, continua a sorprendere è la
dabbenaggine dei più, per usare un eufemismo, i quali chiudono gli occhi su
tutto ciò e non cessano di considerare quella nazione una democrazia,
anzi la migliore democrazia disponibile sul mercato, espressione della sola
nazione indispensabile al mondo (nel lessico malato di M. Albright,
poi ripresa da W. Clinton), voluta da Dio per guidare un’umanità altrimenti
ingovernabile. Da non credere! Non v’è dubbio che per assicurarsi il controllo
sui paesi vassalli la plutocrazia americana si serve della Nato, una struttura
un tempo difensiva, oggi di aggressione, che condiziona profondamente le scelte
dei paesi colonizzati, selezionandone le classi dirigenti. A tale profilo di
sorveglianza, deve aggiungersi la pressoché totale supervisione sui media e
l’accademia, attraverso meccanismi controllati di informazione, agenzie
compiacenti o in proprietà occulte, finanziamenti nascosti a ONG, accordi
segreti e via ingarbugliando. Lo scarso spessore del ceto politico, di cui la
popolazione addormentata ha mostrato di avere minima consapevolezza, un ceto
caratterizzato dalla virtù dell’obbedienza, si abbina all’esiguità intellettuale e
professionale di operatori mediatici (salvo immancabili eccezioni che non fanno
la differenza) e al circo accademico, referenziale a sé stesso, al quale è
affidato il compito di svelare a un popolo disattento come funzionerebbe il
mondo. Come sopra rilevato, una popolazione sopravvissuta a siffatti
elettrochoc culturali si muove in modo frastornata davanti a tante umiliazioni.
Il Professor Erspamer in una sua recente riflessione ha definito le
elezioni europee “consultazioni ridicole” in cui i cittadini sono chiamati a
votare per “un’istituzione governata non da un Parlamento ma da commissari
nominati da chi ha già il potere, in particolare finanziario”. L’astensionismo
non era l’arma più efficace?
Le tecnocratiche e non-elette istituzioni
europee (prive del crisma di vera democrazia) sono state costruite
senza alcuna partecipazione dei popoli (quando nel 2005 olandesi e francesi
vengono consultati sulla cosiddetta Costituzione Europea, questa è sonoramente
bocciata, ma i conduttori euroinomani di quella locomotiva se
ne infischiano, cambiando solo il nome a quell’insulto politico-giuridico e
spingono il treno ancora più avanti.
Basta un rapido sguardo: non è il Parlamento a fare le leggi, ma la
Commissione che poi le manda al Consiglio, cioè dai governi, per l’approvazione
definitiva, che arriva solo e sempre se Francia e Germania sono d’accordo.
Quanto alla Banca centrale europea, non prevista dai cosiddetti Trattati
istitutivi, essa è una banca privata, indipendente per statuto
da qualsiasi istituzione democratica che risponda al popolo (di fatto però
dipendente dai mercati e dalla Bundesbank!): essa ha solo il compito di tenere
a bada l’inflazione (vale a dire gli interessi dei creditori), non certo di far
crescere l’economia o ridurre la disoccupazione, non sia mai! Sul tema
astensionismo, infine, la riflessione, in termini di logica, è banale: esso
viene digerito senza fare una piega dalle oligarchie dominanti (anche se i
non-elettori possono avere una diversa ermeneutica), le quali lo leggono quale
espressione di sostanziale accondiscendenza allo status quo. È
sempre meglio votare, dunque, il meglio quando c’è, o il meno peggio quando
manca il primo.
L’astensione in Italia ha superato il 50% mostrando chiaramente come coloro
che hanno sofferto per l’inflazione, precarietà, dittatura del neoliberismo,
genocidio in corso a Gaza e armi al regime di Kiev non hanno visto
un’alternativa credibile in nessuna delle forze politiche. Cosa è mancata alle
forze che si sono proclamate di cambiamento in Italia nell’attirare quei voti e
come si ricostruisce un’alternativa credibile?
L’astensionismo riflette lo scoramento di un popolo abbandonato, che
percepisce il vuoto di chi dovrebbe rappresentarne i bisogni. Non a caso esso è
superiore al Sud, terra obliterata dai maggiordomi europeisti e atlantici dei
governi di turno. Si tratta di regioni tra le più povere dell’Unione, persino
in rapporto ai paesi entrati dopo la caduta del Muro di Berlino. Sebbene
l’Italia sia uno dei paesi fondatori di tale Disunione, il divario
tra Mezzogiorno d’Italia e le regioni benestanti è rimasto tale, ampliandosi in
molti settori. Oggi, tutta la Penisola rischia un percorso di
mezzogiornalizzazione, al termine della corsa depredatoria in atto dall’entrata
in vigore del famigerato Trattato di Maastricht (1° gennaio 1993). Affinché
l’Italia possa sperare per i propri figli in un avvenire degno di questo nome,
una futura classe dirigente dovrà mettere in cantiere una strategia di
intelligente fuoriuscita (così come dalla Nato, del resto), un tema difficile,
ma ineludibile. Così facendo, tale ipotetica classe dirigente
darebbe anche un contributo straordinario alla pace e alla stabilità nel
Mediterraneo (divenendone la Regina), quel mare che non a caso i
nostri illustri antenati romani chiamavano nostrum.
Qual è il dato che più la preoccupa e quello che invece le offre un raggio
di speranza da questa tornata elettorale?
Il quadro delineato non autorizza alcuna speranza. E anzi suggerirei di
abolire il facile e ricorrente uso di tale termine. Esso induce a fantasticare
su scenari improbabili, in vista dei quali non esistono le condizioni. Nella
miserrima, attuale contingenza storica si può solo investire sul faticoso
percorso di conoscenza e consapevolezza, avendo fede nel convincimento (da non
intendersi in termini presuntuosi) che nella storia ha motivato tanti uomini di
buona volontà: siamo in pochi, ma abbiamo ragione!
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