…La partecipazione al capitale
da parte delle fondazioni è stata fatta pagare poco, mentre, dall’altra, esse
hanno ottenuto un potere di co-decisione molto rilevante e, tra l’altro, hanno
cercato di frenare l’attività della Cassa Depositi e Prestiti nel settore dei finanziamenti agli enti
locali.
Da allora, la Cassa interviene
in maniera sempre più estesa nel sistema industriale del paese, cosa che in sè
non sarebbe necessariamente negativa. Ma in concreto essa, nella sua azione,
privilegia il sostegno al vecchio establishment,
mentre fornisce un’equivoca copertura finanziaria allo stesso Tesoro per
ridurre, ma solo formalmente, il debito pubblico.
Così essa acquisisce dal
governo delle partecipazioni di controllo in alcune grandi strutture
imprenditoriali, senza peraltro ottenere alcun potere decisionale, che viene
lasciato alle vecchie consorterie burocratico-politico-affaristiche. Per altro
verso, essa spinge in direzioni certamente poco accettabili. Valga ricordare
soltanto tre casi recenti, quello dell’intervento nel settore delle multiutility e in specifico proprio nel caso Hera;
il tentativo di sostenere finanziariamente e senza contropartite Telecom
Italia; infine l’ingresso nel capitale di Generali…
La fuga dei cervelli ci
costa quasi un miliardo di euro all'anno. E' quanto emerge incrociando i dati
sul costo sostenuto dallo Stato italiano per la formazione dei propri studenti
e quelli
pubblicati qualche giorno fa dall'Istat sulle "Migrazioni internazionali e interne della popolazione
residente", anche per scopi lavorativi. L'istituto nazionale di statistica
nel 2011 ha rilevato un vero e proprio boom di laureati con oltre 25 anni di
età in fuga verso l'estero, soprattutto in cerca di occupazione. La crisi
economica nel nostro Paese non dà ormai possibilità di lavoro neppure ai
laureati più brillanti, che cercano fortuna oltre confine.
Un'altra statistica, di Eurostat, mostra infatti che in Italia nel 2011 il tasso di disoccupazione dei laureati di età compresa fra i 30 e i 34 anni supera, seppur di poco, quello dei diplomati di pari età: 8,3 per cento contro 8,2 per cento. Una situazione che tra i Paesi più industrializzati si verifica soltanto in Italia e che giustifica la fuga dei laureati oltre i confini italiani. In Germania, tanto per rimanere in Europa, si verifica esattamente il contrario: 2,6 per cento di disoccupati tra i laureati e 6 per cento tra i diplomati. Stesso discorso in Francia dove la disoccupazione tra i laureati è metà di quella tra i diplomati.
E tornando in Italia, l'anno scorso si è registrato un forte incremento - più 29 per cento - di laureati che hanno scelto l'espatrio: oltre 10mila e 600…
Un'altra statistica, di Eurostat, mostra infatti che in Italia nel 2011 il tasso di disoccupazione dei laureati di età compresa fra i 30 e i 34 anni supera, seppur di poco, quello dei diplomati di pari età: 8,3 per cento contro 8,2 per cento. Una situazione che tra i Paesi più industrializzati si verifica soltanto in Italia e che giustifica la fuga dei laureati oltre i confini italiani. In Germania, tanto per rimanere in Europa, si verifica esattamente il contrario: 2,6 per cento di disoccupati tra i laureati e 6 per cento tra i diplomati. Stesso discorso in Francia dove la disoccupazione tra i laureati è metà di quella tra i diplomati.
E tornando in Italia, l'anno scorso si è registrato un forte incremento - più 29 per cento - di laureati che hanno scelto l'espatrio: oltre 10mila e 600…
Con il primo dell'anno scatta un
provvedimento che segnerà profondamente la vita degli italiani. La riforma
della previdenza è entrata pienamente in vigore, dato che comincia a dispiegare
concretamente i suoi effetti. Da oggi infatti si va in pensione con un'età
maggiore: gli uomini a 66 anni e 3 mesi, le donne a 62 anni e 3 mesi. Si è
passati al sistema contributivo puro, spariscono le pensioni di anzianità e le
cosiddette «finestre». Insomma: parte la nuova previdenza. Lo ha ricordato il
presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, ai microfoni di «Start» su
RadioRai1. «L'età pensionabile è agganciata all'aspettativa di vita - ha detto
- perchè per fortuna si vive di più, quindi si lavorerà di più e si percepirà
una pensione per più tempo».
PENSIONE
COMPLEMENTARE - «La riforma è cominciata vent'anni fa con Amato, poi
con Dini e tutti i governi che si sono susseguiti. Di fatto la riforma
Monti-Fornero, chiude un ciclo di transizione molto lungo», ha aggiunto
Mastrapasqua. A chi gli chiedeva se il sistema sarà sostenibile dalle singole
persone ha poi risposto: «Serve la «seconda gamba» della pensione
complementare, che in Europa è molto diffusa ma che in Italia stenta ancora a
decollare. Su questo tutti (Inps, assicurazioni e banche) devono lavorare».
Mastrapasqua ha anche ricordato un dato «allarmante»: nel Vecchio Continente,
ha sottolineato, «la media di coloro che hanno la pensione complementare è di
circa il 91%, in Italia è il 23%. Un differenziale troppo ampio sul quale
bisogna riflettere per capire quali sono gli errori che sono stati fatti»…
…Il numero dei dipendenti
pubblici, nel 2011, si è fermato a 3 milioni 283 mila, segnando il terzo
ribasso consecutivo. Dal 2008 al 2011 i 'travet' sono diminuiti di quasi 154
mila unità, circa il 5%, l'equivalente degli abitanti di un capoluogo come
Cagliari, Foggia o Ravenna…A differenza dell'Italia nel resto d'Europa i
dipendenti pubblici aumentano, come si evince dall'ultimo rapporto Eurispes
sulla p.a. Dal 2001 al 2011, infatti, gli addetti nel pubblico impiego sono
cresciuti soprattutto in Irlanda e in Spagna, dove si è registrato un aumento
rispettivamente del 36,1 per cento e del 29,6 per cento; altri paesi mostrano
incrementi vicini al 10 per cento (Regno Unito 9,5 per cento e Belgio 12,8 per
cento); infine, un altro gruppo di paesi mostra un trend crescente ma contenuto
(in Francia del 5,1 per cento, in Germania del 2,5 per cento, nei Paesi Bassi
del 3,1 per cento). L'Italia, risulta l'unico paese in cui, nei dieci anni
considerati, il numero dei dipendenti pubblici si sia ridotto…
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