«Noi siamo Charlie. Ma siamo
anche i genitori dei tre assassini»
Siamo professori di Seine-Saint-Denis. Intellettuali, scienziati, adulti, libertari,
abbiamo imparato a fare a meno di Dio e a detestare il potere e il suo
godimento perverso. Non abbiamo altro maestro all’infuori del sapere. Questo
discorso ci rassicura, a causa della sua ipotetica coerenza razionale, e il
nostro status sociale lo legittima. Quelli di Charlie
Hebdo ci facevano ridere; condividevamo i loro valori. In
questo, l’attentato ci colpisce. Anche se alcuni di noi non hanno mai avuto il
coraggio di tanta insolenza, noi siamo feriti. Noi siamo Charlie per questo.
Ma facciamo lo sforzo di un cambio di punto di vista, e proviamo a
guardarci come ci guardano i nostri studenti. Siamo ben vestiti, ben
curati, indossiamo scarpe comode, o molto ovviamente al di là di quelle
contingenze materiali che fanno sì che noi non sbaviamo sugli oggetti di
consumo che fanno sognare i nostri studenti: se non li possediamo è forse anche
perché avremmo i mezzi per possederli. Andiamo in vacanza, viviamo in mezzo ai
libri, frequentiamo persone cortesi e raffinate, eleganti e colte. Consideriamo
un dato acquisito que La libertà che guida il popolo e Candido fanno parte del
patrimonio dell’umanità. Ci direte che l’universale è di diritto e non di fatto
e che molti abitanti del pianeta non conoscono Voltaire? Che banda di
ignoranti… È tempo che entrino nella Storia: il discorso di Dakar ha già
spiegato loro. Per quanto riguarda coloro che vengono da altrove e vivono tra
noi, che tacciano e obbediscano.
Se i crimini perpetrati da questi assassini sono odiosi, ciò che è
terribile è che essi parlano francese, con
l’accento dei giovani di periferia. Questi due assassini sono come i nostri
studenti. Il trauma, per noi, sta anche nel sentire quella
voce, quell’accento, quelle parole. Ecco cosa ci ha fatti
sentire responsabili. Ovviamente, non noi personalmente: ecco cosa
diranno i nostri amici che ammirano il nostro impegno quotidiano. Ma che
nessuno qui venga a dirci che con tutto quello che facciamo siamo sdoganati da
questa responsabilità. Noi, cioè i funzionari
di uno Stato inadempiente, noi, i professori di una scuola che ha lasciato quei
due e molti altri ai lati della strada dei valori repubblicani, noi, cittadini
francesi che passiamo il tempo a lamentarci dell’aumento delle tasse, noi
contribuenti che approfittiamo di ogni scudo fiscale quando possiamo, noi che
abbiamo lasciato l’individuo vincere sul collettivo, noi che non facciamo
politica o prendiamo in giro coloro che la fanno, ecc. : noi siamo responsabili
di questa situazione.
Quelli di Charlie Hebdo erano i nostri fratelli: li piangiamo come
tali. I loro assassini erano orfani, in affidamento: pupilli della nazione,
figli di Francia. I nostri figli hanno quindi ucciso
i nostri fratelli. Tragedia. In qualsiasi cultura questo
provoca quel sentimento che non è mai evocato da qualche giorno: la vergogna.
Allora, noi diciamo la nostra vergogna. Vergogna e collera: ecco
una situazione psicologica ben più scomoda che il dolore e la rabbia. Se
proviamo dolore e rabbia possiamo accusare gli altri. Ma come fare quando si prova vergogna e si è in collera verso
gli assassini, ma anche verso se stessi?
Nessuno, nei media, parla di questa vergogna. Nessuno sembra volersene
assumere la responsabilità. Quella di uno Stato che lascia degli imbecilli e
degli psicotici marcire in prigione e diventare il giocattolo di manipolatori
perversi, quella di una scuola che viene
privata di mezzi e di sostegno, quella di una politica urbanisticache rinchiude gli
schiavi (senza documenti, senza tessera elettorale, senza nome, senza denti) in
cloache di periferia. Quella di una classe politica
che non ha capito che la virtù si insegna solo attraversol’esempio.
Intellettuali, pensatori, universitari, artisti, giornalisti:
abbiamo visto morire uomini che erano dei nostri. Quelli che li hanno uccisi
sono figli della Francia. Allora, apriamo gli
occhi sulla situazione, per capire come siamo arrivati qua, per
agire e costruire una società laica e colta, più giusta, più libera,uguale, più
fraterna.
«Nous sommes Charlie», possiamo appuntarci sul bavero. Ma
affermare solidarietà alle vittime non ci esenterà della responsabilità
collettiva di questo delitto. Noi siamo anche i genitori dei tre assassini.
Catherine Robert, Isabelle Richer, Valérie Louys et Damien Boussard
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