venerdì 11 novembre 2016

La vittoria di Trump lacera il velo dell’ipocrisia – Edoardo Salzano


8 novembre 2017-8 novembre 1917: Amara ironia della storia, 100 anni dopo la rivoluzione sovietica, coronamento geopolitico di un secolo di lotta del movimento operaio contro il capitalismo, trionfa al centro dell’Impero, l’espressione più brutale e immediata del mondo nordatlantico. Molte riflessioni potrebbero aprirsi attorno a questa parabola. Oggi voglio segnalarne un aspetto.

È giusto preoccuparsi della vittoria di Donald Trump. Il fatto stesso che il bottone che potrebbe far esplodere la guerra nucleare sia nelle mani di un uomo dall’equilibrio instabile è un rischio grande. Ed è probabile che la sua influenza globale potrà accelerare l’ulteriore riduzione degli spazi di democrazia, già divenuti sempre più stretti in tutto il mondo, a partire dagli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. La quasi contemporaneità del churchilliano discorso di Fulton, della fondazione della Mont Pèlerin Society e della Dottrina Truman sono eventi incatenati dalla stessa logica: la nascita del neoliberalismo e la soppressione di ogni tentativo di superamento del sistema capitalistico, in tutte le sue dimensioni.

A partire da quegli anni la politica che ha guidato l’evoluzione del mondo ha seguito la stessa direzione, con poche seppur significative eccezioni. Non a caso David Harvey poneva - tra i quattro cavalieri dell’Apocalisse rappresentativi del neoliberalismo, oltre a Margaret Tathcher, Ronald Reagan sr. e Augusto Pinochet, anche Deng Xiao Ping, epigono della vicenda storica del capitalismo di stato d’impronta bolscevica. 

Allo svilupparsi di questa linea corrispondeva la decadenza delle politiche ispirate al socialismo: dal soggiacere sempre di più all’egemonia dei neoliberalismo (fino a diventare i servitori del Mercato), allo spappolarsi in mille rivoli di quei soggetti che, pur non volendo perdere il collegamento con l’eredità delle lotte degli struttati dei secoli scorsi, non riuscivano a individuare i grandi temi dello sfruttamento XXI secolo, e quindi le forze ideali e sociali su cui fondare la propia azione .

Ma veniamo all’oggi. Veniamo alla vittoria di Donald Trump su Illary Clinton.  Con una domanda.

Siamo sicuri che la vittoria della ex segretaria di stato di Barack Obama sarebbe stata molto migliore? Le forze economiche che sono alle sue spalle sono le stesse che conducono l’avanzata (e raccolgono i benefici) del neoliberalismo. Sono i promotori e i fomentatori delle guerre che insanguinano il Medio Oriente, parti dell’Asia e l’Africa. I popoli che rappresentano sono largamente pervasi dalle stesse tensioni razziste e xenofobe che hanno trovato ampio sfogo nelle truculenti gradassate di Donald Trump.

Dietro Obama e Clinton c’era e c’è una politica che sbandiera grandi principi e stila grandi manifesti e audaci costituzioni, e poi si dimostra incapace, o disinteressata, ad essere fedele a quelle parole. Forse la vittoria di Trump ha l merito di lacerare il velo dell’ipocrisia. Rivela ciò che davvero si agita nelle menti e nei cuori delle persone che, nel mondo nordatlantico,  eleggono i presidenti e i governi.

Squarciato il velo dell’ipocrisia si può vedere meglio la strada che bisogna percorrere. Bisogna comprendere che se i grandi problemi provocati dal neoliberalismo non vengono risolti alla radice, cioè contrastando nei fatti l’ideologia e le pratiche di quel sistema, se non si abbandonano le mille forme in cui si manifesta lo sfruttamento delle risorse altrui, la distruzione fisica del pianeta Terra, la spesa infame per l’alimentazione delle guerre, l’accumulazione della ricchezza in frazioni sempre più piccole della popolazione del mondo,  il malessere sociale sarà indotto, dalla mancanza di proposte alternative a rinverdire le fronde della destra più aggressiva.

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