In questi giorni si sentono tante sparate sui migranti e sui
rifugiati e coloro che si danno da fare per aiutarli che disorientano, quando
non imbrogliano coloro che ascoltano questa… interminabile campagna elettorale.
La propaganda politica afferma che stiamo subendo un’invasione da
parte dei migranti: «Ci portano via il lavoro, le case… rischiamo di perdere la
nostra cultura, addirittura… la fede».
Per carità, nessuno vuol negare che il problema migranti sia un
vero problema. Lo è e per questo attende di essere affrontato dalla politica
con una legislazione che congiunga legalità e umanità, e con una prassi
rispettosa della verità e più ancora delle persone.
Certamente questo problema è accaduto nella peggiore delle
stagioni possibili, ma la povertà e la disperazione della gente che fugge da
casa propria e dalle prigioni lager della Libia non ha calendario. Altrettanto
vero è che noi non possiamo accogliere e trattare con dignità tutti quelli che
arrivano in Italia, ma questo non ci autorizza a trattare da delinquenti quelli
che doverosamente salviamo dalle onde del Mediterraneo e
quelli che si danno da fare per questo scopo.
È disgustosa la propaganda di quei partiti che, per guadagnare
voti, inventano e gonfiano le cifre e le conseguenze e nascondono la verità ai
cittadini, usando furbescamente l’insicurezza e la paura di questo tempo. Per
non dire dell’uso strumentale della religione… con il libro dei Vangelo e il
rosario… sventolati in pubblico per raccogliere voti e consensi da parte di chi
vuole il Crocifisso negli uffici pubblici, ma caccia i “poveri cristi” come
fossero degli appestati.
È davvero un’“invasione”?
Per questo e per dare le giuste proporzioni al problema della
migrazione in Italia su Il Sole 24 Ore del 15 luglio u.s. è
stato pubblicato un interessante articolo di Riccardo Barlaam dal titolo: In Europa solo
il 2% degli africani in fuga.
Dopo aver ricordato che anche i nostri avi, ai primi del
Novecento, hanno lasciato l’Italia a causa della fame, della siccità, della
mancanza di lavoro, delle guerre e della persecuzione politica, l’autore afferma
che non si può limitare lo sguardo a quello che vediamo attorno a noi.
Se si guarda un po’ più lontano, si vede che c’è un’Africa più
vasta con una popolazione di oltre un miliardo di persone e i suoi 54 Stati
diversi, che non si limita alla costa che si affaccia sul Mediterraneo, e con
l’Africa c’è un mondo… in cui i rifugiati sono molto più numerosi di quelli che
noi conosciamo.
Ci rendiamo allora conto che non è in atto un’«invasione di
immigrati» verso l’Italia, anzi. Secondo l’agenzia per i rifugiati dell’ONU
(UNHCR) siamo di fronte a un calo degli sbarchi. A volte si dimentica (o si
vuol dimenticare) che dei migranti abbiamo bisogno – si legge nell’articolo –,
visto che in Italia ci sono lavori che nessuno vuole più fare, che i nostri
anziani sono accompagnati nell’ultima fase della vita da un esercito silenzioso
di badanti e che, in agricoltura e in molte fabbriche, sarebbe complicato
immaginare di continuare la produzione senza la forza lavoro a basso costo
degli immigrati regolari.
L’articolista ci ricorda anche che l’America è diventata la
prima potenza mondiale grazie all’integrazione delle seconde generazioni di
migranti; che il più grande imprenditore americano, Steve Jobs, era di origini
siriane; che l’attuale inquilino alla Casa Bianca è figlio di un immigrato
tedesco e il suo predecessore era di discendenza kenyana; addirittura che
l’uomo che sta oggi sulla sede di Pietro, papa Francesco, viene dell’Argentina
ma è figlio di immigrati italiani.
Il punto, quindi, non è tanto di denunciare un’invasione di
migranti, che oltre tutto non è tale, ma di promuovere una vera integrazione
che trasformi i migranti da fuggiti di casa in cittadini e in energie vive per
la comunità civile.
Uno sguardo all’Africa
Nessuno può chiudere gli occhi sui problemi che accompagnano
l’immigrazione, dal dovere di contrastare il traffico di esseri umani alla
ripartizione degli oneri dell’accoglienza, che dovrebbero essere affrontati
dalla politica la quale, invece, è in bancarotta etica non sui social,
come purtroppo avviene.
Ma, se allarghiamo i nostri sguardi, ci renderemo conto che le
migrazioni forzate nel mondo sono molto più vaste di quella che noi chiamiamo
l’«invasione». La già ricordata Agenzia ONU per i rifugiati afferma che ogni
113 persone nel mondo una è costretta alla fuga. Dal 2015 – complice la guerra
in Siria – 65,3 milioni di rifugiati hanno lasciato il loro Paese, un numero
superiore agli abitanti di nazioni come Italia, Francia o Gran Bretagna. Ogni
minuto in qualche posto del mondo 24 persone sono costrette a lasciare la
propria casa. Fino al 2005 erano sei al minuto.
In Italia, nonostante la percezione, in termini assoluti il
numero di rifugiati e di migranti è aumentato ma è basso se si considera la
tendenza globale.
I profughi in Africa nel 2017 sono raddoppiati (secondo il Global
report on internal displacement, il GRID, del Norwegian
refugee council).
L’Africa subsahariana, che rappresenta solo il 14% della
popolazione mondiale, ha da sola quasi la metà dei nuovi rifugiati: 5,5 milioni
di persone, 46,4% del totale mondiale. Nord Africa e Medio Oriente hanno avuto
4,5 milioni di rifugiati. Nel 2017 hanno lasciato la loro casa in Africa circa
10 milioni di persone. Ma dal “fronte Sud” di Italia, Spagna e Grecia sono
transitate verso l’Europa 172.301 persone, con 3.139 tra morti e scomparsi
stimati. Su 10 milioni di profughi africani, insomma, solo 172
mila prendono la via del mare verso l’Europa e, in particolare, l’Italia.
Il Paese africano che ha il più alto numero di rifugiati è la
Repubblica democratica del Congo (2,2 milioni) dove è in corso una guerra
civile dimenticata ormai da decenni nel Kivu, con violenze e scontri tra bande
armate e truppe governative, scandalosamente mantenuta in atto da chi persegue
la nuova “corsa dell’oro”, alla conquista cioè dei minerali per alimentare le
batterie per gli smartphone, gli apparecchi elettronici e, oggi e domani, le
auto elettriche.
Le grandi compagnie mondiali delle estrazioni minerarie si
servono di fornitori locali e, in questo modo, la catena produttiva allenta le
maglie, si creano e si permettono situazioni di sfruttamento e inquinamento
ambientale intollerabili.
Centinaia di migliaia di persone lavorano nelle miniere, donne e
bambini compresi, in condizioni lavorative e sanitarie disumane. Amnesty
International ha ripetutamente denunciato l’utilizzo di «minatori
improvvisati» per l’estrazione del cobalto in Congo. C’è da essere sorpresi che
coloro che possono scappino da tali situazioni?
Per la prima volta si è fatto il censimento delle persone che
sono costrette a spostarsi a causa della siccità (l’emergenza ecologica,
provocata solo in parte dagli africani!) in Etiopia, Somalia, Burundi e
Madagascar (1,3 milioni). La World Bankstima che, nel 2050, i
rifugiati “climatici” saranno oltre 140 milioni.
È possibile una soluzione?
Questi sono numeri allarmanti di rifugiati che non possono
lasciarci dormire in pace soprattutto se dobbiamo ammettere di essere parte in
causa della situazione globale. Non possiamo soltanto sapere. Noi siamo oggi
responsabili del persistere di queste realtà. Non basta che ci mettiamo il
cuore in pace dicendo: “Aiutiamoli a casa loro”, perché gli aiuti che i nostri
governi offrono a quelli locali in Africa non vanno mai alla gente e allo
sviluppo della gente ma ad arricchire i governanti: parola di un missionario
che, come i suoi confratelli, sa di dire il vero per esperienza vissuta.
La strada per frenare (bloccare è impossibile!) questo fenomeno
delle migrazioni è altra: è far cessare le guerre aperte o clandestine,
combattute con armi che vendiamo noi, guerre che spesso sono mantenute per gli
interessi delle compagnie occidentali; far crescere la coscienza democratica
attraverso la formazione scolastica della gioventù che capirà il dovere di
contribuire alla costruzione del proprio Paese; accogliere, accompagnare e
integrare coloro che vengono da noi con umanità e spirito di fraternità, come
continua a ripetere il papa. Sono nostri fratelli che stimolano la nostra
solidarietà. In fondo le migrazioni sono un’opportunità per il ricupero di quei
valori etici ed evangelici che stiamo purtroppo perdendo.
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