dunque siamo arrivati in men che non si dica a invocare il modello razzista
australiano nella politica dei respingimenti;
è bene ricordare che ciò che chiamiamo australia, come nazione e come
stato, è la formazione storicamente più giovane nella girandola delle grandi
migrazioni europee, meno di duecento anni, nel continente forse più antico di
suoli e di gente;
variamente miscelati e sospettosi gli uni degli altri, inglesi, tedeschi,
francesi, italiani e di ogni dove del vecchio mondo, erano uniti da una
assoluta certezza: isolare la popolazione aborigena e portarla all’estinzione;
ora, se solo di straforo un ministro italiano si permette di fare cenno
all’attuale modello australiano, ne va ricordato il presupposto storico: trattare
gli indonesiani o i cingalesi oggi come furono trattati gli aborigeni ieri;
la legge che autorizzava il piano di genocidio della popolazione aborigena,
ponendola formalmente in capo allo stato e alla chiesa cristiana, fu approvata
nel 1869, centocinquanta anni fa quando nacque mio nonno materno; ma la cosa
più spaventosa sta nel fatto che fu abrogata solo nel 1999, meno di venti anni
fa;
essa consisteva essenzialmente nella sistematica sottrazione dei bambini
alle famiglie di origine e nellla loro reclusione a vita in collegi e poi in
campi separati dalla società: 1999, cioè appena ieri;
fu merito di pochi uomini di cultura la denuncia di questa ‘normale’
empietà: tra questi il film di philippe noise e kenneth brannagh ”generazione
rubata”, che è accessibile in internet e che invito a vedere e a vivere con
tutta la rabbia di cui può essere capace un cuore.
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