quando pensi a
un’isola chiamata tavolara ti sovviene ovviamente l’immagine di una tavola
coricata sul mare, lunga, ferma e piatta proprio come una tavola nel blu; ma
qui già si cela il primo perfido inganno: infatti è anche vero che questa lunga
roccia calcarea può assomigliare a una tavola, ma per niente affatto a una
placida cosa coricata sul mare, bensì a una cosa ben piantata di taglio come
una lama lunga e alta, ficcata su una torta azzurra; per avere un’idea si deve
immaginare appunto una tavola lunga forse due chilometri, larga duecento metri
e alta seicento, e più o meno ci siamo;
tutti
quelli che passano dalle strade e dalle navi
la vedono sempre lì come una grande sentinella che dorme, e quindi è logico che può venir voglia di andare a trovarla e magari risalire la fiancata fino al dorso di cresta; e del resto è davvero invitante perché dai tempi dei tempi è tutta bianca di calcare e tutta verde di ginepri, e ti senti disposto a un vero sacrificio per poter vedere il mondo da là sopra: non perché tu conquisti lei, del resto alla tua piccolezza, ma perché lei ha conquistato te, alla grandezza della creazione;
la vedono sempre lì come una grande sentinella che dorme, e quindi è logico che può venir voglia di andare a trovarla e magari risalire la fiancata fino al dorso di cresta; e del resto è davvero invitante perché dai tempi dei tempi è tutta bianca di calcare e tutta verde di ginepri, e ti senti disposto a un vero sacrificio per poter vedere il mondo da là sopra: non perché tu conquisti lei, del resto alla tua piccolezza, ma perché lei ha conquistato te, alla grandezza della creazione;
io non
ci andavo da ventidue anni: in quel tempo ancora era molto intima, libera e
grandiosa come un quieto immenso animale; ci sono poi stato ieri, consapevole
del fatto che da un po’ ci si fanno cose impegnative come ristorazione di mare
e festival di cinema e altre cose esotiche della cultura; questo può suscitare
rimpianti, ma fin qui non è casa mia e da ospite casuale non ho diritto di
lamentare alcunché;
c’è una
stradina che prende via dal molo, con l’intenzione di tagliare in basso il
fianco dell’isola da una punta all’altra; salvo che la punta opposta ospita
strutture militari particolari, per sommergibili, comunicazioni e chissà che
altro, e quindi non ci puoi proprio arrivare; ma in realtà puoi pur capire
questo sacrificio, in quanto il tuo interesse principale non è andare in
orizzontale da una punta all’altra, ma andare in verticale dal livello del mare
alla cima;
e
infatti allora, venti e più anni fa, percorremmo alcune centinaia di metri
sulla stradina, fino a intercettare il sentiero che poi sale a vertigine sulla
cresta;
ma ora
ho scoperto che no, la stradina è sbarrata già sul piccolo molo con segnali
minacciosi, prima di proprietà privata, poi di sorveglianza armata, poi di zona
militare;
nel
piccolo ufficio informazioni sul molo mi è stato detto di procedere in senso
opposto, tra le rocce sull’acqua, e poi tentare la scalata dalla punta sud,
fino alla cima lungo un antico passo di caccia, che infatti abbiamo poi
percorso e che ho trovato pericoloso e senza segnalazione alcuna;
ero con
mio figlio là sopra, mentre molte decine di barche andavano qua e là, fra
l’isola e la costa, e centinaia di avventori stazionavano tra la piccola
spiaggia, il ristorante e i souvenir; è stato triste assistere da là sopra a
questo interminabile via vai nello specchio di mare sotto di noi, mentre noi
cercavamo con qualche ansia i passaggi per salire e poi per poter ridiscendere
senza rischio in quella magnificenza;
e tutto
per la stupida idiota tetragona pretesa dei comandi di piazzare reti e divieti,
e per la stupida idiota servile accondiscendenza di amministrazioni che
tradendo i cittadini glielo lasciano fare; ebbene, no! io e i miei figli, io e
i miei amici, non siamo ospiti casuali: questa è parte della nostra casa;
penso
che dovremmo andare in dieci o cento a tavolara e salire là sopra, con le
nuvole o il sole
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