Abbiamo accolto 27 scheletrini: la
testimonianza di Terre des Hommes
Una operatrice di Terre des Hommes era
presente allo sbarco dei minori ieri sera al porto
di Catania dalla nave Diciotti. La onlus, in una nota, pubblica la sua
testimonianza.
“Ho trascorso nei centri di accoglienza per
minori stranieri un po’ meno di 1000 giorni della mia vita negli
ultimi quattro anni. Amo il mio lavoro e sono felice perché mi permette di
avviare uno scambio, di entrare in relazione, di creare uno spazio di cura,
di scoprire cose di sé e dell’altro.
Ieri però non sono stata così felice di presenziare a
questo sbarco autorizzato su Facebook alle ore 18 circa. Vedendo quel video ho
allertato i colleghi e mi sono messa la t-shirt bianca d’ordinanza, quella di
Terre des Hommes, ancor prima di essere allertata.
Abbiamo accolto 27 scheletrini, il più magro sarà stato
un po’ più basso di me e sarà pesato una trentina di chili, la gamba con lo
stesso diametro del mio polso. Abbiamo
accolto 27 scheletrini, uno era tutto e solo orecchie. Abbiamo
accolto 27 scheletrini, uno non riusciva a camminare perché era pieno di
dolori. Abbiamo accolto 27 scheletrini, tre avevano delle bende
lerce al polso, al piede e al braccio sparato. Abbiamo accolto 27
scheletrini, comprese due splendide fanciulle.
Mentre li guardavo, seduti a terra e delimitati da
transenne, mi sentivo la ricca e bianca signora europea che si reca la domenica
pomeriggio allo zoo umano, così, per vedere l’effetto che fa.
Il mio è un lavoro fatto di parole, come gli essere umani.
Ieri sera eravamo in grosse difficoltà con la lingua, i fanciulli erano tutti
eritrei tranne una ragazzina somala. Il mediatore non era potuto essere
presente. A volte non restava che guardarci, domandarci con gli occhi “Ma
quindi come va, come ti senti?”. “Ma tu chi sei? Perché mi guardi? Che vorresti
dirmi?”.
E mentre ci scambiavamo questi sguardi io pensavo, a
dispetto della incredibile magrezza, della scabbia, delle orecchie a sventola,
dei capelli arruffati di salsedine, delle bende lerce, del braccio sparato…
pensavo che erano proprio belli. Mi ripetevo questo, “Che belli che siete”, e posso solo immaginare la mia faccia inebetita di
fronte a tanta resilienza e, soprattutto, al permanere della capacità di
fidarsi dell’altro. E in quei frangenti mi sono chiesta perché
così tante persone siano arrabbiate e di cosa abbiano paura. Di
due occhi che ti sorridono? Di due orecchie a sventola enormi? Di quattro ricci
arruffati? Forse, del fatto che loro hanno perso la capacità di fidarsi
dell’altro, forse perché non ce l’hanno mai avuta?
Sono stati trasferiti tutti nel corso della nottata e
mentre ero per strada e me ne tornavo a casa, orecchie a sventola mi ha
riconosciuta dal pulmino su cui si trovava e mi ha salutato. L’ho salutato pure io.
Penso che i sorrisi degli occhi, i saluti, il
riconoscersi, valgano come un’altra bella storia. Come pure il non
avere paura. Quella è la storia più bella, è la storia delle possibilità.Dei
momenti in cui ciò che sarà non c’è ancora, se non nella tua testa, e sei
pronto a lasciarti perturbare. Del tempo in cui tutto può ancora accadere se
gli dai il giusto spazio. Dei giorni in cui non ti fai prendere
dalla paura e rimani aperto a ciò che arriva. Di piccoli attimi
di felicità.
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