Soldi
pubblici dei contribuenti europei? Per la ricerca e sviluppo sulle armi ci
sono. E tanti: mezzo miliardo di euro subito, approvato ieri dal voto del
Parlamento di Strasburgo in seduta plenaria. Denaro destinato all’EDIDP (European Defence Industrial Development Programme)
per il biennio 2019-2020 che finirà in gran parte all’industria bellica (tra
cui l’italiana Leonardo, ex Finmeccanica). E che si
sommerà entro il 2027 ai 13 miliardi (!) del Fondo europeo per la
difesa (EDF), 8,9 dei quali per lo sviluppo di capacità e 4,1 per la
ricerca.
E
allora 800 ricercatori e scienziati hanno deciso di ribellarsi
a queste politiche, e hanno sottoscritto la petizione Reaserchers For Peace.
Una campagna
internazionale lanciata proprio alla vigilia dei colloqui del Consiglio
europeo di pochi giorni fa. Quando il baccano mediatico contro i
migranti nascondeva, provvidenzialmente, un comune accordo sull’aumento
degli investimenti per la guerra.
l’Alto
rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
Federica Mogherini By EU2017EE Estonian Presidency [CC BY 2.0], via Wikimedia
CommonsPartiti in 700 all’alba della sottoscrizione, i “Ricercatori per la
pace” sono già più di 800. Sono gli stessi che da anni denunciano lo squilibrio tra
gli investimenti virtuosi (per la tutela ambientale e contro i
cambiamenti climatici, per ridurre le disuguaglianze) e quelli militari. E che oggi aderiscono alla petizione
promossa in Italia da organizzazioni come Rete
Disarmo e, a livello internazionale, dalla rete ENAAT (European Network
Against Arms Trade).
300 milioni
“rubati” allo sviluppo civile
ENAAT
denuncia innanzitutto la gravità dell’orientamento “bellicista”del
Vecchio Continente. «A seconda del livello di cofinanziamento degli Stati
membri, l’industria degli armamenti beneficerà di fondi
straordinari. Tra i 23 e i 60 miliardi di euro di nuove sovvenzioni per la
ricerca e lo sviluppo militare nel decennio 2017-2027. Il trattamento più
favorevole mai concesso in base a Regimi di finanziamento dell’Ue (art.11)»
ricordano gli attivisti dell’organizzazione.
Ma non solo.
Perché «nonostante il Parlamento richieda che il 100% del bilancio EDIDP debba
essere costituito da denaro fresco – scrive ENAAT -, il 60%
(300 milioni di euro) di esso sarà deviato da programmi civili esistenti».
In
particolare:
- 116,1 milioni di euro verranno
sottratti all’assistenza agli investimenti infrastrutturali
(telecomunicazioni, trasporti…) chiamata Meccanismo per collegare
l’Europa.
- 104,1 milioni saranno portati
via dal progetto i geolocalizzazione Galileo.
- 63,9 milioni da ITER,
- 12 da Copernico,
- 3,9 da Egnos.
- Addirittura 200 milioni
di euro verranno da fondi non assegnati. Denaro che quindi
avrebbe potuto essere utilizzato per altri progetti utili, di natura
civile e sociale.
Scelte
meramente politiche guidano insomma l’allocazione di questi
soldi. E l’ulteriore preoccupazione riguarda allora il futuro del bilancio totale
dell’Unione europea. Stante questo travaso verso la Difesa, e
considerati l’impatto della Brexit e le pretese crescenti di
molti Stati per avere più contributi, si manterrà sui livelli precedenti?
Armi autonome.
Siamo sicuri?
C’è poi un
altro tema delicato che riguarda quali tecnologie militari la
Ue stia sovvenzionando. Il programma EDIDP finanzia infatti anche lo sviluppo
di sistemi d’arma senza equipaggio o completamente autonomi. «Ciò – specifica
Rete Disarmo – aprirà la strada ai droni armati
europei e probabilmente ai cosiddetti killer robots,
che potrebbero poi essere utilizzati e venduti al di fuori dell’Europa in base
agli interessi nazionali dei singoli Stati membri».
velivolo
senza pilota, drone militare, Unnamed Armed Vehicle. CC0 Creative Commons da
Pixabay.com – 2
Uno sviluppo
tecnologico, quello dell’automazione a fini militari, che evolverà
presto e rapidamente verso l’intelligenza artificiale. Il che pone
diversi interrogativi. In primis quello sulla reale possibilità di controllare
la diffusione di certi sistemi al di fuori dell’ambito strettamente militare
(si pensi solo alla criminalità organizzata o al terrorismo).
Si tratta
inoltre di armi che pongono pesanti incertezze sulleresponsabilità del
loro utilizzo. Per attacchi effettuati da velivoli senza pilota americani
tra il 2009 e il 2016, le organizzazioni indipendenti hanno stimato un minimo
di quasi 400 vittime civili in Pakistan, Somalia e Yemen (il governo ne ha ammesse
meno di 120). Questi numeri, contenuti in un rapporto (Out of the shadows) pubblicato nel 2017
dalla Columbia Law School Human Rights Clinic e Sana’a Center for Strategic
Studies, mettono drammaticamente al centro i temi della trasparenza e
delle regole.
Lo
squilibrio globale tra spese militari e sviluppo
Infine, tipo
di armi a parte, le decisioni europee aggravano il quadro globale. Solo l’anno
scorso, infatti, il mondo ha speso 130 miliardi di euro in aiuti allo
sviluppo. Nello stesso arco temporale, nel settore armamenti è finita
una cifra 13 volte superiore. 1739 miliardi di dollari, pari
al 2,2% del prodotto interno lordo del Pianeta. Circa 230
dollari per ogni persona, neonati inclusi.
Le cifre
assolute degli investimenti finanziari in armi – pubblicate con
il rapporto 2017 dell’Istituto
di ricerca internazionale sulla pace di Stoccolma (SIPRI) – sono
elevatissime. E per di più, la spesa militare globale è
aumentata dell’1,1% sul 2016. Mentre gli aiuti allo
sviluppo(Aps) scendevano complessivamente da 131 a 130
miliardi.
Un calo
giudicato severamente dal senior advisor di Oxfam
Italia Francesco Petrelli: «Lo 0,6% in meno può sembrare
marginale, ma in realtà priva i Paesi in via di sviluppo delle
risorse necessarie a garantire cure mediche
gratuite universali a 10 milioni di persone».
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