Per uscire dalla crisi,
riprendiamoci la Cassa! - Marco Bersani
Proviamo a
fare un esempio.
Una comunità
territoriale, grazie al bilancio partecipativo, sceglie democraticamente le
priorità d'intervento tra le opere da realizzare nel proprio territorio.
Le opere
scelte -un asilo nido, un parco, un incubatore d'imprese innovative, la messa a
norma degli edifici scolastici, la sistemazione idrogeologica del territorio,
la ristrutturazione della rete idrica etc- vengono finanziate attraverso il
risparmio dei cittadini depositato in libretti postali e buoni fruttiferi e
consegnato alla Cassa Depositi e Prestiti territoriale.
Poiché
questi risparmi hanno un rendimento dell'1%, la Cassa Depositi e Prestiti
territoriale potrà finanziare gli interventi con un tasso dell'1,2%.
La comunità
territoriale, proprio perché ha partecipato direttamente alle scelte sulle
priorità d'intervento e proprio perché le ha finanziate con il risparmio dei
propri membri, avrà una naturale propensione a controllare che tempi e qualità
delle opere realizzate siano le migliori possibili, evitando di per sé sprechi
e corruttele.
Avremmo così
ottenuto: un aumento della partecipazione e della democrazia basata
sull'autogoverno; la realizzazione di opere che abbiano come finalità
l'interesse generale: la possibilità di finanziarne la realizzazione fuori dal
circuito speculativo del mondo bancario e finanziario; l'aumento del controllo
democratico sulle procedure e i lavori di realizzazione, con la conseguente
diminuzione di corruzione e sprechi; un'aumentata coesione sociale.
Un circuito
virtuoso che potrebbe avvalersi degli oltre 300 miliardi di risparmi che i
cittadini italiani già oggi affidano a Cassa Depositi e Prestiti, ma che
vengono utilizzati in tutt'altra direzione e per ben differenti scopi.
Già, perché,
dopo oltre 150 anni (1850-2003) di attività basata su una primaria funzione
pubblica e sociale (utilizzare il risparmio delle persone per finanziare gli
investimenti degli enti locali a tassi agevolati), oggi Cassa Depositi e
Prestiti è stata profondamente trasformata nella forma, nella sostanza e negli
obiettivi della propria attività.
Dal
2003, sull'onda della dottrina liberista di progressiva privatizzazione del
settore bancario-finanziario, è stata trasformata in società per azioni, con
l'ingresso nel capitale sociale delle fondazioni bancarie, ovvero dei
principali azionisti delle banche private.
Da quel
momento, Cassa Depositi Prestiti ha continuato la sua attività di finanziamento
degli enti locali, ma a tassi di mercato, come una qualsiasi banca che deve
garantire utili e dividendi agli azionisti di riferimento.
Sempre
da quel momento il perimetro d'azione di Cassa Depositi e Prestiti si è
ampliato a dismisura sino a farla diventare una sorta di “fondo sovrano” non
dichiarato che interviene su tutti i settori dell'economia.
Il
paradosso attuale è che spesso il sostegno di Cassa Depositi e Prestiti agli
enti locali è finalizzato a fare da leva finanziaria per favorire accelerare la
messa sul mercato (la cosiddetta “valorizzazione”) del patrimonio pubblico o la
privatizzazione dei servizi pubblici locali attraverso la costituzione di
grandi multiutility (i cosiddetti “player” nazionali) collocate in Borsa, che
gestiscono acqua, rifiuti ed energia.
Giungiamo
così alla chiusura del cerchio: il risparmio dei cittadini che viene utilizzato
per favorire l'espropriazione degli stessi, sottraendo loro territorio,
patrimonio pubblico, beni comuni e servizi pubblici locali.
In un
contesto di politiche di austerità, portate avanti con il sapiente utilizzo
dello “shock” del debito pubblico come elemento di disciplinamento sociale e di
produzione di rassegnazione collettiva, porre un focus su Cassa Depositi e
Prestiti e sulla necessità della riappropriazione sociale della stessa, diventa
elemento prioritario per smascherare la narrazione dominante basata sul mantra
“c'è il debito, non ci sono i soldi”.
Per questo
abbiamo voluto produrre questo numero monografico del Granello di Sabbia,
interamente dedicato a Cassa Depositi e Prestiti, nel quale ritrovate
assemblati molti articoli scritti negli ultimi cinque anni sul tema.
Rileggendoli,
è possibile farsi un'idea di cos'è diventata Cassa Depositi e Prestiti dopo la
sua privatizzazione e di come, al contrario, potrebbe divenire la leva
finanziaria per un altro modello sociale.
Per
favorirvi la lettura, abbiamo pensato di sintetizzare qui sotto alcune
riflessioni e domande, che mettono in chiaro perché socializzare Cassa Depositi
e Prestiti è oggi più che mai necessario.
1. La natura di ‘bene comune’
della Cassa Depositi e Prestiti risulta evidente dalla semplice
considerazione sulla provenienza del suo ingente patrimonio, che per oltre
l’80% deriva dalla raccolta postale, ovvero è il frutto del risparmio dei
lavoratori e dei cittadini di questo Paese.
Tale
natura è del resto anche giuridicamente sostenuta dall’art.10
del D. M. Economia del 6 ottobre 2004 (decreto attuativo della trasformazione
della Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni ) che
così recita : “I finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti rivolti a Stato,
Regioni, Enti Locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico,
costituiscono ‘servizio di interesse economico generale’“.
2. Il paradosso risiede nel fatto che,
mentre si afferma ciò, la Cassa Depositi e Prestiti è stata trasformata in
una società per azioni a capitale misto, la cui parte privata è
appannaggio delle fondazioni bancarie. Diventa inevitabile la
seguente domanda : come possono un ente di diritto privato (tale è
la SpA) e soggetti di diritto privato presenti al suo interno, come le
fondazioni bancarie, decidere per l’interesse generale?
3. Pur continuando la Cassa Depositi e
Prestiti a mantenere, tra i settori principali delle proprie attività, quello
“tradizionale” relativo al finanziamento degli investimenti degli enti
pubblici, con la trasformazione in SpA, questa attività deve avvenire assicurando
un adeguato ritorno economico agli azionisti.
Come
recita l’art. 30 dello Statuto della società “ Gli utili netti annuali
risultanti dal bilancio (..) saranno assegnati (..) alle azioni ordinarie e
privilegiate in proporzione al capitale da ciascuna di esse rappresentato” . E
le relazioni societarie annuali dichiarano con soddisfazione la chiusura
dei bilanci con importanti utili netti, nonché il fatto di aver garantito agli
azionisti, dall’avvenuta privatizzazione ad oggi, rendimenti medi annui ben
superiori al 10%.
Se l’unità di misura delle scelte di investimento è la
redditività economica delle stesse, non diviene evidente il “vulnus” di
democrazia rispetto alla loro qualifica di servizio di primario interesse
pubblico?
4. Cassa Depositi e Prestiti, da ente
con primaria funzione pubblica e sociale è nel tempo divenuta una sorta di
“fondo sovrano” che agisce ed interviene in tutti i settori dell’economia e
della finanza del Paese.
Questa
gigantesca trasformazione comporta anch’essa un’ineludibile questione : si
può lasciar decidere la strategia industriale di un Paese a una società
privata, libera di perseguire i propri interessi di profitto, qualunque essi
siano, nei settori che appaiono più interessanti e senza vincoli di alcun tipo?
E
ancora : se questo è il ruolo attuale della Cassa Depositi e
Prestiti, è accettabile che le priorità di intervento nel sistema industriale
ed economico del Paese non vengano stabilite nelle sedi deputate (il
Parlamento) e che i mezzi per perseguirle escano dal controllo pubblico?
5. Con la trasformazione di Cassa
Depositi e Prestiti in SpA si pongono problemi rilevanti di diritto
all’informazione e di diritto alla partecipazione alle scelte di
destinazione degli investimenti.
Se
infatti per 150 anni la destinazione al finanziamento degli investimenti degli
enti locali territoriali era scontata (e tacitamente condivisa dai cittadini
“prestatori”), con la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in società
per azioni nasce una questione ineludibile di democrazia
partecipativa: i lavoratori e i cittadini devono avere voce sulla
destinazione dei soldi prestati e partecipare all’indirizzo delle scelte sugli
investimenti da intraprendere, ad esempio ponendo vincoli di destinazione a
finalità sociali ed ambientali degli stessi.
6. In seguito a modifiche statutarie
intervenute successivamente alla privatizzazione, il risparmio postale dei
cittadini può oggi essere utilizzato anche per il finanziamento di interventi
privati. Naturalmente, essendo il risparmio garantito dallo Stato, nessun
individuo vede messo a rischio il risparmio individuale depositato. Tuttavia,
una riflessione è inevitabile: in caso di finanziamenti di
iniziative private che dovessero fallire, la garanzia di copertura dello Stato
sul risparmio individuale si tradurrebbe in aumento del debito pubblico (ovvero
sarebbe ugualmente scaricata sui cittadini).
Buona
lettura
Articolo
tratto dal Granello di Sabbia n. 35 di Luglio - Agosto 2018: "Fuori dalla crisi,
riprendiamoci la Cassa! - Cassa Depositi e Prestiti,
una ricchezza collettiva"
Cassa Depositi e
Prestiti: dietro lo scontro sulle nomine il fiato corto del governo
- Marco Bersani
Lo scontro
che si è aperto sulle nomine dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti, e che
ha visto protrarsi l'esito per oltre un mese, fino all'accordo di ieri sul nome
di Fabrizio Palermo come futuro Amministratore Delegato, è illuminante della
situazione in cui si trova il governo Lega-5Stelle. Su quelle nomine si
intrecciano infatti diversi conflitti.
Il primo,
palesatosi in questi ultimi giorni, ha visto contrapporsi -fino al rischio di
rottura finale- il Ministro dell'Economia, Giovanni Tria, da una parte, e i due
maggiorenti della coalizione di governo, Salvini e Di Maio,
dall'altra. Essendo il primo di profilo “tecnico” e, di conseguenza,
fedele guardiano della stabilità dei conti sulla quale sta particolarmente
premendo la Commissione Europea, ed essendo i secondi necessitati a trovare in
qualunque modo risorse per poter almeno avviare qualcuna delle innumerevoli
promesse agitate in campagna elettorale e scritte nel contratto di governo, lo
scontro si è palesato sulla qualifica “tecnica” o “politica” della nomina.
Ovvero se la scelta spettasse al Ministero dell'Economia o ai partiti della
coalizione di governo. La nomina di Fabrizio Palermo -particolarmente
caldeggiata da Di Maio- chiude questa prima tappa di questo conflitto, al
termine del quale il Ministro Tria -dopo aver raggiunto il punto di rottura- ha
portato a casa la nomina di Alessandro Rivera alla Direzione Generale del
Tesoro. Le rassicurazioni sulla pace e la concordia che regnano nel
Governo, rimbalzate ad uso stampa da tutti i contendenti, sono il segnale di
una dicotomia che potrebbe trasformarsi in conflitto permanente.
C'è tuttavia
un secondo conflitto legato alle nomine Cdp, poco emerso in questi giorni ma
quasi sicuramente destinato ad esplodere in autunno. Questa volta la
contrapposizione sarà direttamente fra Lega e 5Stelle. Passata l'ubriacatura
elettorale, diventa infatti sempre più evidente come, date le compatibilità
promesse e le conseguenti risorse disponibili, il nuovo governo si appresti a
varare nel prossimo autunno una Legge di Bilancio in cui tutte le promesse
elettorali di cui sopra non solo non potranno essere realizzate, ma neppure
accennate.
C'è poco da
girarci intorno. Se, aldilà di roboanti dichiarazioni stampa contro le
politiche di austerità, si decide di stare dentro la trappola del debito
e dentro i vincoli di bilancio prefissati dall'Unione Europea, il quadro è
tanto chiaro quanto desolante: data la frenata della 'crescita' prevista da
Banca d'Italia e Fmi, e data la prossima fine -o comunque trasformazione al
ribasso- del Quantitative Easing della Bce di Mario Draghi, vanno da subito
trovati 8 miliardi anche solo per mantenere la situazione di deficit attuale.
Figuriamoci
se, in questo contesto, qualcuno possa anche solo accennare al “reddito di
cittadinanza” grillino o alla Flat Tax leghista.
Lo scontro
su Cassa Depositi e Prestiti assumerà i contorni di una guerra fra i due
maggiori partiti per vedere chi, riuscendo a mettere le mani sul tesoretto di
Cdp, possa almeno provare a scontentare di meno il proprio elettorato rispetto
a quello dell'altro.
Perchè una
cosa sembra chiara a tutti gli attori in campo: dopo aver sbandierato a destra
e a manca l'arrivo della nuova era, sarà difficile continuare ancora a lungo a
canalizzare la collera sociale- inventandosi un'emergenza migranti che non
esiste- al grido razzista di “prima gli italiani”, se poi quegli stessi
italiani chiamati a raccolta non vedono alcun cambiamento concreto delle loro
condizioni di vita.
Resta un
assordante silenzio che circonda i duelli in corso: quello dei movimenti
sociali, delle comunità territoriali e dei Comuni consapevoli, che
sull'utilizzo -decentrato, diffuso, partecipativo, finalizzato all'interesse
generale- dei 300 miliardi di risparmio postale in pancia a Cassa Depositi e
Prestiti saprebbero da subito cosa fare: avviare l'inversione di rotta verso un
modello sociale in cui le vite (di chi c'è e di chi arriva) vengano prima del
debito, i diritti prima dei profitti, il “comune” prima della proprietà.
Articolo tratto
dal Granello di Sabbia n. 35 di Luglio - Agosto 2018: "Fuori dalla crisi,
riprendiamoci la Cassa! - Cassa Depositi e Prestiti, una
ricchezza collettiva"
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