mercoledì 22 marzo 2017

Obiettivi illegittimi su entrambi i lati del confine israeliano - Amira Hass

E’ proporzionato bombardare la città di Kochav Ya’ir, dove vivono comandanti in capo e dirigenti politici, mentre i residenti stanno dormendo o cenando con le loro famiglie? Questa è un’infame domanda che non ha diritto di essere posta. Ma Israele molto tempo fa ha dato una risposta affermativa alla domanda generale: è proporzionato distruggere quartieri e bombardare case con dentro famiglie intere – bambini, anziani, donne e neonati?
Sì, ha detto Israele con i suoi bombardamenti su Gaza e il Libano. E’ proporzionato perché abbiamo anche ucciso – o intendevamo uccidere – comandanti militari, militanti e alti dirigenti politici delle organizzazioni palestinesi e libanesi.
Ecco ciò che la procura militare ha scritto riguardo ad uno dei tanti attacchi che hanno ucciso civili durante l’offensiva a Gaza dell’estate 2014:
“L’attacco era mirato a….un alto comandante, equivalente a vice comandante di brigata, nell’organizzazione terroristica palestinese Jihad Islamica…Durante la pianificazione dell’attacco è stato calcolato che molti civili si sarebbero potuti trovare nella struttura e che la dimensione del danno a civili non sarebbe stata eccessiva a fronte del significativo vantaggio militare che ci si attendeva di ottenere come risultato dell’attacco…A posteriori, l’obiettivo dell’attacco è stato gravemente ferito e (altri due membri attivi della Jihad Islamica) sono stati uccisi insieme a quattro civili.
L’attacco si è attenuto al principio di proporzionalità, poiché quando è stata presa la decisione di attaccare è stato valutato che il danno collaterale atteso non sarebbe stato eccessivo a fronte del vantaggio militare che ci si attendeva di conseguire…Uno specifico avvertimento prima dell’attacco nei confronti degli occupanti della struttura in cui si trovava l’obbiettivo, o degli occupanti delle strutture adiacenti, non era legalmente richiesto e avrebbe potuto compromettere lo scopo dell’attacco.”
Gli attacchi a Gaza hanno introdotto nel nostro mondo tre espressioni che non hanno diritto di esistere: “uccisioni proporzionate”, “danno collaterale” e “target bank”. Queste espressioni sono diventate assiomatiche al di là di ogni domanda o riflessione. Come funzionerebbero questi assiomi se pianificassimo l’obbiettivo nella direzione opposta?
Ogni casa dove si trova un soldato o un riservista israeliano sarebbe un legittimo obiettivo da bombardare; i civili colpiti sarebbero un danno collaterale. Ogni banca israeliana sarebbe un obbiettivo perché i ministri e i generali israeliani vi tengono i conti correnti.
Chi vive nelle vicinanze della stazione di polizia in Dizengoff Street a Tel Aviv dovrebbe trasferirsi perché gli ufficiali del servizio di sicurezza dello Shin Bet vi lavorano regolarmente e il missile potrebbe sbagliarsi e colpire la scuola adiacente. Le basi militari ed i centri dello Shin Bet nel cuore di quartieri civili – a Kirya (area centrale della città, dove si trova la principale basedell’esercito israeliano, ndtr.) a Tel Aviv, nei quartieri di Gilo e Neveh Yaakov a Gerusalemme, o al quartier generale della Divisione Binyamin vicino alla colonia di Beit El – condannano i loro vicini ad una morte proporzionata.
Tutti i degenti dell’ospedale di Sheba devono essere evacuati a causa del centro dell’esercito a Tel Hashomer; tutti i laboratori universitari e le imprese di alta tecnologia dovrebbero essere evacuati a causa dei loro legami con l’industria delle armi, mentre le vite dei figli dei dipendenti di Elbit e Rafael (imprese di alta tecnologia militare, ndtr.) sono anch’esse a rischio di danno collaterale perché i loro genitori collaborano a fabbricare armi che non ci possiamo immaginare.
Questo sembra terrificante, e giustamente. Ma poiché questa mostruosa sceneggiatura speculare appare del tutto immaginaria, l’orrore immediatamente svanisce. Sorprendentemente, il revisore dello Stato[incaricato del controllo delle finanze, della gestione finanziaria, del patrimonio e della gestione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici. Ndtr.] ha criticato il fatto che non è stato fatto alcun tentativo per trovare un’alternativa diplomatica alla guerra, ma la maggioranza degli israeliani ragiona solo all’interno di uno schema, uno schema cruento. Cercano delle vie per razionalizzare lo schema, non per romperlo e sostituirlo.
Le nostre guerre sono una continuazione della nostra politica di negazione agli altri dei loro diritti. Chi ha deriso la diplomazia palestinese che auspica uno Stato indipendente accanto ad Israele ha ottenuto boicottaggio, sanzioni e disinvestimento. Chi non ha ascoltato le ragioni di anni di resistenza popolare palestinese sta pagando il prezzo dei razzi Qassam, dei tunnel per gli attacchi e della paura degli attentati suicidi. Chi ha creato quella prigione che è Gaza ha avuto in cambio Yahya Sinwar, il nuovo capo di Hamas nell’enclave.
E’ vero, le nostre teorie di repressione funzionano – come formula collaudata per l’escalation. Hanno stabilito i criteri per definirci, noi israeliani, come “danno collaterale” agli occhi di coloro che vengono umiliati dalla nostra multiforme violenza.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)

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