mercoledì 29 marzo 2017

Intervista a Luis Sepulveda

(di Alba Vastano)


Lo incontro ad una festa in casa di amici. Era settembre scorso. Qualcuno mi dice “C’è Sepulveda”. Mi avvicino e non faccio altro che abbracciarlo. Lo riconosco come l’uomo che ha combattuto per il suo Cile, in quei drammatici giorni della fine di Allende. Lui era lì. Ha combattuto per la libertà dei popoli dell’America latina, con Le Brigate internazionali Simon Bolivar. Un mito nel mito. Lo riconosco anche come l’uomo del volo della gabbianella dalla cattedrale di Amburgo, quella gabbianella che non voleva essere tale, che non aveva il coraggio di volare. Lui, Luis, l’autore della storia, con la sua fantasia e una fiducia infinita “nei puri di cuore”, non l’ha buttata giù dalla torre più alta. L’ha convinta che avrebbe potuta farcela ad essere se stessa. Le ha dato fiducia. E la gabbianella, “metafora dell’identità e della libertà ritrovata” ce l’ha fatta a riconoscersi tale e ha spiccato il volo. Questa è la forza dell’amore. La fiducia che si trasforma in coraggio e si assapora la libertà, quella vera. È la liberazione. Luis Sepulveda è l’uomo della liberazione, è l’uomo del volo. È davanti a me sorridente, stretto alla sua Carmen. La sua forza, la sua musa. Non posso che inseguirlo per mesi con la mia intervista. È in giro per il mondo. Non può rispondere. Infine eccola…
Maestro, qual è la sua idea sul concetto di libertà e di liberazione? La libertà è un valore fondamentale, ma senza il processo concreto e impegnativo di liberazione resta un’idea astratta. Quanto è difficile, essere veramente liberi? E quali i costi?
Si possono scrivere migliaia di pagine sul concetto di libertà, sull’essere liberi e sui suoi costi. Io so solo, per mia esperienza, che solo gli uomini liberi lottano per la libertà di tutti. Chi lotta per la libertà, lotta e combatte per non dimenticare di essere un uomo o una donna liberi.
I suoi trascorsi in America latina, schierandosi dalla parte dei più deboli e dei diritti umani e civili, l’hanno vista un uomo che ha vissuto una forte compromissione della libertà. Lei oggi si sente uomo libero?
Sono sempre stato un uomo libero. Conosco le limitazioni che il sistema capitalista cerca di porre alla mia libertà, ma non le accetto proprio perché sono un uomo libero.
Quanto, in questa liberazione, l’hanno aiutata anche la sua creatività e in seguito il riconoscimento mondiale verso la sua produzione letteraria? Il riconoscimento pubblico e la notorietà favoriscono un percorso di liberazione personale o in realtà la liberazione è un processo solo individuale?
Per quanto mi riguarda, essere un uomo libero certamente ha aiutato le mie capacità creative, di artista e di scrittore. La notorietà e il successo non sono stati determinanti in questo. Quando partecipo socialmente, lo faccio perché lo sento come un dovere di uomo, di cittadino, di chi assume una posizione etica di fronte alla vita e alla società. Io prima di tutto sono un cittadino e solo dopo sono uno scrittore.
Maestro, un tasto importante nella sua vita. Fra i suoi ricordi che l’hanno segnata come uomo, come politico e forse anche come scrittore. Un accenno al suo Cile, a quando era vicino ad Allende, a quella tragedia che lei ha vissuto in prima persona , pagando anche un caro prezzo. Come e quanto hanno influito nella sua vita quei drammatici giorni della fine di Allende e le conseguenze di questa drammatica vicenda nella sua storia personale?
Tutto ciò è parte della mia vita, della mia memoria, della mia storia. Tutto ciò che ho vissuto, ha influito nella mia vita ma non in forma traumatica o patetica. So perché ho fatto tutto quello che ho fatto e sono in pace con me stesso.
Il 1979 la vede a combattere con le brigate internazionali Simon Bolivar. La sua militanza per la liberazione dei popoli oppressi è davvero incredibile. Cosa è rimasto in lei, nella sua anima, di quel periodo? Rifarebbe ancora lo stesso percorso?
Non mi considero una persona straordinaria per tutto questo. Io, come molti altri compagni, ho fatto quanto dovevo fare nel momento giusto. Essere un rivoluzionario latinoamericano negli anni ‘60 e ‘70 era un’attitudine etica e si praticava in base a quella etica. “Rifarebbe ancora lo stesso percorso?” Per questo non ho una risposta perché questa possibilità non esiste.
Parliamo di amore, di amore per una donna, quello vero. Lei ha avuto una esperienza importante in tal senso che ha attraversato tutta la sua vita. Cosa ha rappresentato e rappresentato per lei Carmen, Yanez, la poetessa, la compagna di una vita che le è ancora oggi accanto? L’amore può cambiare le persone?
L’amore è un qualcosa che si costruisce giorno per giorno. Il rapporto di coppia si basa sul rispetto, ma non solo come un fatto intimo: il vero rispetto nasce quando si condivide un’attitudine etica nei confronti della vita.
Sepulveda e la scrittura. Cosa rappresenta oggi poter lasciare al mondo che legge le sue opere una parte della sua anima e della sua sensibilità? Quando scrive, Sepulveda si emoziona sempre?
Ho sempre inteso la letteratura come una forma di condivisione di un qualcosa, del mio modo di vedere, di immaginare, di creare o ricreare la storia. Scrivo sulla base della mia sensibilità e dei miei sentimenti e mi piace pensare che i miei lettori abbiano sensibilità e sentimenti simili ai miei.
L’opera di Sepulveda che ama di più e perché?
Sono affezionato a tutti i miei libri perché sono tutti una parte di me.
Parliamo della più famosa forse, notissima a docenti e allievi. Un’opera di grande insegnamento per tutti, attualissima perché tratta dell’accoglienza al diverso. Parlo della gabbianella. “Vola solo chi osa farlo”. Ci vuole coraggio per raggiungere l’autonomia. Ma si fa prima e si osa di più se ci sente accolti ed amati.
Credo che il libro spieghi chiaramente il significato della metafora di “volare”. Non voglio aggiungere interpretazioni a ciò che è già chiaro.
Se trasferiamo il concetto di diversità al problema attuale dell’accoglienza al migrante la questione si complica un po’. I migranti che fuggono dalle guerre osano volare alto, attraversando il mare e sfidando la morte, ma… Qui non ci siamo. Perché l’uomo è solipsista e malvagio, per sua natura?
I migranti che muoiono nel Mediterraneo o alla frontiera tra il Messico e gli Usa, i migranti che prendono il mare alla ricerca di un rifugio in Europa, non volano. Lo fanno per cercare ciò che un giorno gli permetterà di volare. Non credo che l’uomo sia malvagio per natura. C’è una mentalità egoista, un’idea della vita per cui importa solo accumulare ricchezza, una perdita intenzionale di memoria che fa dimenticare agli Europei che anche loro sono stati migranti. Abbiamo un sistema perverso che mira a soffocare quei valori che ci rendono umani.
L’economia mondiale è in mano alle potenze imperialiste che giocano a scacchi sul possesso delle risorse naturali del Medio Oriente e foraggiano il terrorismo islamico. Parliamo di stragi, Charlie-Hebdo, del Bataclan, di Nizza, degli ultimi attentati terroristici in Germania. Follia umana, autodistruzione. Siamo alla terza guerra mondiale? Come si ferma questo processo di distruzione dell’umanità?
Possiamo parlare, leggere, vedere la tv e dire “com’è terribile il terrorismo islamico!”. Ovviamente gli jihadisti sono semplicemente criminali, però dimentichiamo perché esistono. Cosa hanno fatto le potenze coloniali europee, occidentali, con il mondo arabo, quando è caduto l’impero ottomano? La ragione del fondamentalismo islamico non va ricercata nel Corano - anche se il Corano così come la Bibbia, non sono esattamente dei monumenti ai diritti umani -, ma nel disprezzo dell’occidente nei confronti del mondo arabo. Oggi è facile condannare i musulmani e dire che tutti sono terroristi, anche se sappiamo che non è vero. Non siamo alla terza guerra mondiale: stiamo combattendo le stesse guerre fomentate dal colonialismo e dall’imperialismo.

È vero. “Vola solo chi osa farlo” e chi lotta per la libertà non si sente mai suddito, ma è già un uomo libero. Grazie Maestro.

Nessun commento:

Posta un commento