su
come le banche non pagano le imposte, finanziano i giornali, che fanno bilanci
falsi, e tutti insieme fanno impallidire il Gatto e la Volpe
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da un articolo di Repubblica:
Nascondere gran parte dei profitti. Obiettivo? Evitare di pagare le
imposte dovute nei Paesi dell'Unione europea. E' quello che fanno le venti più
grandi banche del Vecchio continente, secondo uno studio dell'organizzazione
britannica Oxfam, che da anni punta il dito su elusione e evasione fiscale di
banche e grandi corporation. Un metodo oliato con cui evitano di pagare imposte
al fisco nei singoli Paesi, gli stessi che poi, stretti dalle regole di
bilancio, alzano la tassazione sui cittadini, poi chiamati, in caso di
fallimenti bancari, a contribuire a salvare le banche. Nel 2015, secondo lo
studio di Oxfam, sono stati sottratti al fisco circa 27 miliardi di dollari, (25
in euro), parcheggiati tutti nei paradisi fiscali, i più gettonati dei quali
sono Lussemburgo, Hong Kong e Irlanda. Il bello è che questi istituti di
credito, tra cui le italiane Unicredit e Intesa, citate nello studio,
dichiarano ben il 26% dei loro profitti nei paradisi fiscali.Ma una volta
analizzati i dati, come ha fatto l'organizzazione britannica, si scopre anche
un'altra amara verità. E cioé che solo il 12% del loro fatturato e il 7% dei
loro dipendenti sono riconducibili ai paradisi fiscali. Dunque c'è un "gap
clamoroso" secondo Oxfam, che non può che giustificarsi attraverso quella
che si chiama elusione fiscale. Lo studio è basato su dati pubblici, richiesti
dall'Unione europea, che chiede alle singole banche di specificare i guadagni
ottenuti paese per paese. Una regola che dal 2015 è legge. La stessa che Oxfam
e non solo, vorrebbe valesse anche per le grandi corporation…
il video fa parte di una campagna di Oxfam Italia (il cui direttore è Roberto Barbieri) per dire Basta ai paradisi fiscali e rendere credibile l’impegno preso dai leader mondiali di eliminare la povertà estrema entro il 2030.
qui un articolo chiarissimo sui paradisi fiscali delle banche, apparso su Il Sole 24 Ore.
e, coincidenza delle coincidenze, si è scoperto che il giornale rosa della Confindustria (quelli che con le loro prediche e i loro diktat economici fanno apparire il Grillo Parlante, quello di Pinocchio, un dilettante delle prediche) falsifica i bilanci, come se niente fosse.
E poi si dice: “Oh, il populismo!”. Con lo spirito e lo
stupore di chi evoca l’invasione delle cavallette. Eppure a spiegare come
l’onda populista, o come si dice oggi, anti-establishment, nasce e cresce,
basta questa grande storia. Uno delle architravi del sistema del paese, il
giornale economico e finanziario che per decenni dalle sue pagine ha indicato
(con non poca supponenza) la strada della correttezza economica, delle regole,
del bene comune, si ritrova al centro di una sorta di “scandalo delle tre
carte”: vedo non vedo, vendo non vendo, recupero e intasco. Parliamo della
crisi del Sole24Ore, ma
magari fosse solo la crisi di un giornale. In verità si tratta della punta di
un iceberg del declino di Confindustria e più in generale del capitalismo
italiano, o meglio di una crisi che fa emergere nuovi rapporti e la
marginalizzazione del settore del business…
qui
un articolo sul falso in bilancio de Il Sole 24 Ore
qui il dolore del giornalista (de Il Sole 24 Ore) Ugo Tramballi
appare quindi utile leggere qui un articolo di Pressenza.com.
appare quindi utile leggere qui un articolo di Pressenza.com.
parafrasando Giovanni Falcone, che diceva “Segui i soldi e troverai la Mafia!”, sapere chi sono i proprietari
dei giornali ci farà capire perché scrivono quello che scrivono.
questo
puntuale lavoro del Centro Nuovo Modello di
Sviluppo (CNMS) è da tenere sempre a portata di mano.
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