giovedì 30 marzo 2017

Cos'è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?

su come le banche non pagano le imposte, finanziano i giornali, che fanno bilanci falsi, e tutti insieme fanno impallidire il Gatto e la Volpe

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da un articolo di Repubblica:
Nascondere gran parte dei profitti. Obiettivo? Evitare di pagare le imposte dovute nei Paesi dell'Unione europea. E' quello che fanno le venti più grandi banche del Vecchio continente, secondo uno studio dell'organizzazione britannica Oxfam, che da anni punta il dito su elusione e evasione fiscale di banche e grandi corporation. Un metodo oliato con cui evitano di pagare imposte al fisco nei singoli Paesi, gli stessi che poi, stretti dalle regole di bilancio, alzano la tassazione sui cittadini, poi chiamati, in caso di fallimenti bancari, a contribuire a salvare le banche. Nel 2015, secondo lo studio di Oxfam, sono stati sottratti al fisco circa 27 miliardi di dollari, (25 in euro), parcheggiati tutti nei paradisi fiscali, i più gettonati dei quali sono Lussemburgo, Hong Kong e Irlanda. Il bello è che questi istituti di credito, tra cui le italiane Unicredit e Intesa, citate nello studio, dichiarano ben il 26% dei loro profitti nei paradisi fiscali.Ma una volta analizzati i dati, come ha fatto l'organizzazione britannica, si scopre anche un'altra amara verità. E cioé che solo il 12% del loro fatturato e il 7% dei loro dipendenti sono riconducibili ai paradisi fiscali. Dunque c'è un "gap clamoroso" secondo Oxfam, che non può che giustificarsi attraverso quella che si chiama elusione fiscale. Lo studio è basato su dati pubblici, richiesti dall'Unione europea, che chiede alle singole banche di specificare i guadagni ottenuti paese per paese. Una regola che dal 2015 è legge. La stessa che Oxfam e non solo, vorrebbe valesse anche per le grandi corporation…


il video fa parte di una campagna di Oxfam Italia (il cui direttore è Roberto Barbieri) per dire Basta ai paradisi fiscali e rendere credibile l’impegno preso dai leader mondiali di eliminare la povertà estrema entro il 2030.



qui un articolo chiarissimo sui paradisi fiscali delle banche, apparso su Il Sole 24 Ore.

e, coincidenza delle coincidenze, si è scoperto che il giornale rosa della Confindustria (quelli che con le loro prediche e i loro diktat economici fanno apparire il Grillo Parlante, quello di Pinocchio, un dilettante delle prediche) falsifica i bilanci, come se niente fosse.



E poi si dice: “Oh, il populismo!”. Con lo spirito e lo stupore di chi evoca l’invasione delle cavallette. Eppure a spiegare come l’onda populista, o come si dice oggi, anti-establishment, nasce e cresce, basta questa grande storia. Uno delle architravi del sistema del paese, il giornale economico e finanziario che per decenni dalle sue pagine ha indicato (con non poca supponenza) la strada della correttezza economica, delle regole, del bene comune, si ritrova al centro di una sorta di “scandalo delle tre carte”: vedo non vedo, vendo non vendo, recupero e intasco. Parliamo della crisi del Sole24Ore, ma magari fosse solo la crisi di un giornale. In verità si tratta della punta di un iceberg del declino di Confindustria e più in generale del capitalismo italiano, o meglio di una crisi che fa emergere nuovi rapporti e la marginalizzazione del settore del business…

l’esposto di Nicola Borzi, giornalista del quotidiano della Confindustria

qui un articolo sul falso in bilancio de Il Sole 24 Ore 

qui il dolore del giornalista (de Il Sole 24 Ore) Ugo Tramballi

appare quindi utile leggere qui un articolo di Pressenza.com.
parafrasando Giovanni Falcone, che diceva “Segui i soldi e troverai la Mafia!”, sapere chi sono i proprietari dei giornali ci farà capire perché scrivono quello che scrivono.

questo puntuale lavoro del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS) è da tenere sempre a portata di mano.


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