mercoledì 11 marzo 2020

Bologna, migranti, corona-virus*




 Lettera aperta al Comune di Bologna, alla Prefettura e Questura della città, alla Regione Emilia-Romagna

Siamo i migranti e le migranti che vivono nelle strutture dell’accoglienza della città di Bologna. Da molti giorni scuole, università, cinema sono chiusi. Tutti gli eventi pubblici sono stati annullati; manifestazioni e scioperi sono vietati. Per ridurre le probabilità di contagio dal corona virus, il governo ha stabilito che le persone non devono incontrarsi in massa. Chi di noi aveva un appuntamento all’ufficio immigrazione per il permesso di soggiorno ha dovuto aspettare fuori all’aperto e siamo stati fatti entrare in gruppi di tre. Tutte queste misure sanitarie non valgono però quando lavoriamo e dormiamo – insieme ad altri migranti e italiani – in condizioni di affollamento.

Molti di noi lavorano uno accanto all’altro notte e giorno all’Interporto, dove in alcuni magazzini il lavoro è raddoppiato per star dietro alla grande richiesta di merci causata dal panico dell’epidemia. Quando dobbiamo riposare ritorniamo all’affollamento dei centri di accoglienza. In via Mattei viviamo in più di 200 e dormiamo in camerate che ospitano 5 o più persone, spesso anche 10, con letti vicini, uno sopra l’altro. Molte di queste stanze non hanno nemmeno le finestre per cambiare l’aria. Alcuni dormono in container, anch’essi sovraffollati, anch’essi senza finestre. La situazione non è molto diversa in altri centri della città, come lo Zaccarelli e Villa Aldini. Sappiamo che al Centro di via Mattei hanno riservato un container per isolare gli eventuali ammalati, ma prevedere l’isolamento in un container in caso di contagio è sicuro per le cure del contagiato e la salute degli altri? A molti di noi la legge Salvini impedisce perfino di avere una tessera sanitaria e un medico di base, ci costringe a pagare i farmaci a prezzo intero e spesso ci mancano i soldi per curarci. Noi ci teniamo alla nostra salute perché pensiamo anche alla salute della città dove viviamo. Anche la sicurezza sanitaria delle donne e degli uomini migranti è importante e il corona virus, almeno lui, non discrimina tra bianchi e neri. E allora perché le scuole chiudono ma la preoccupazione delle istituzioni per la salute dei nostri figli finisce sulle porte dei centri dove siamo costretti a vivere? Perché Prefettura, Questura, Regione e Comune non considerano l’affollamento dei centri di accoglienza un rischio per il contagio? Perché se ne fregano delle condizioni igienico-sanitarie del centro di Via Mattei, dove le perdite dei tubi degli scarichi ristagnano a cielo aperto mettendo a rischio la nostra salute e quella di tutti?

Per conquistare la nostra libertà abbiamo attraversato situazioni molto più rischiose di questa. Sappiamo far fronte alle emergenze sanitarie e anche questa volta ci organizziamo per evitare il rischio del contagio, per pulire e igienizzare l’ambiente dove viviamo, per richiedere agli operatori e alle cooperative che ci sia fornito tutto il necessario per farlo. Ma non accettiamo che la nostra vita sia messa in pericolo dal silenzio razzista delle istituzioni. Sono loro i responsabili dell’affollamento. Sono loro che dovrebbero intervenire immediatamente aumentando i posti letto in strutture e stanze adeguate. Prefettura e Questura, Regione e Comune che cosa intendono fare?

 (*) ripreso da coordinamentomigranti.org


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