giovedì 26 marzo 2020

Il virus del militarismo italiano - Andria Pili




Nei giorni in cui tutta l’attenzione mediatica italiana è focalizzata sulla minaccia del coronavirus e sulle misure d’emergenza adottate per frenarne l’epidemia, sono apparsi in maniera evidente i limiti della politica di tagli alla sanità pubblica dell’ultimo ventennio e la diseguaglianza tra le diverse parti di questo Stato.
In Sardegna, ove l’occupazione militare costituisce la più chiara prova di una condizione subalterna, molti non hanno faticato a notare la diversa cura che Stato e Regione riservano alla salute dei propri cittadini e alle esigenze della Difesa. Sui social qualcuno ha anche lanciato l’hashtag #piùospedalimenomilitari, in una sorta di confronto mediatico con l’Esercito Italiano che, invece, ha diffuso l’hashtag #LaMaratonaTricolore chiedendo di esporre la bandiera italiana sul proprio balcone, assecondando la grottesca ondata di nazionalismo che ha accompagnato l’applicazione dei decreti governativi. La contronarrazione militarista – ben esemplificata dai messaggi del sottosegretario alla Difesa Giulio Calvisi e dal Capo Sezione Dipartimento Pubblica Informazione e Comunicazione allo Stato Maggiore Giuseppe Prete – è stata intenta ad associare l’operato delle divise grigioverdi nel far rispettare i provvedimenti varanti da Giuseppe Conte, all’impegno di medici e infermieri.
Nuoro è stata la città sarda più toccata dalla pandemia con ben 18 casi di contagi su 47 (al 14 marzo), tutti medici e infermieri dell’Ospedale San Francesco di Nuoro. La situazione ha portato alla luce lo stato critico in cui versa il polo del capoluogo barbaricino, di cui da tempo viene denunciata la carenza dell’organico che pone a rischio la sopravvivenza di suoi alcuni reparti, come quelli di neurochirurgia e chirurgia vascolare. Proprio a Nuoro è invece sorta una nuova caserma della Brigata Sassari, nella località di Pratosardo, per ospitare 250 militari. Insomma: la città necessita di personale medico ma avrà più soldati. Si tratta dell’emblema di una situazione generale che mostra senza dubbio quali siano le priorità e gli interessi garantiti da chi detiene il governo a Roma e a Cagliari.
Dal 2000 al 2009 la Sardegna è stata la regione italiana che ha subito più tagli ai posti letto pubblici (-26.3% – elaborazione Quotidiano Sanità su dati annuario statistico SSN). Dal 2009 al 2017 la Sardegna ha perso ulteriormente posti letto (-17.7%, quarta regione per tagli – elaborazione mia su dati annuario statistico SSN 2019). In totale, nel corso dell’ultimo ventennio, si è passati da 7848 (2000) a 4756 posti letto nel 2017, passando da 5.7 a 2.9 posti letto per 1000 abitanti nello stesso arco di tempo. I posti di terapia intensiva nella sanità pubblica sono 120 nel 2018 (dati Ministero della Salute), 7.46 ogni 100000 abitanti, con una media inferiore a quella italiana di 8.75 (elaborazione di Gianni Carboni su dati del Ministero della Salute). L’economia militare, al contrario, sembra piuttosto florida tra investimenti nell’aerospazio nel Poligono Interforze Salto di Quirra, nel progetto di tecnologia avanzata SIAT nel poligono di Teulada e nel progetto Caserme Verdi. Un obiettivo dichiarato di quest’ultimo è quello di “gravitare al Sud, potenziando le infrastrutture ubicate nel meridione d’Italia, anche al fine di ospitare nuove unità” (Rivista Militare 2019). Proprio il Sud è stata proprio l’area più colpita dai tagli alla sanità pubblica: tra il 2009 e il 2017 è in regioni del Meridione in cui si assistono ai maggiori tagli in percentuale sui posti letto (dal -28.4% della Calabria al -23.3% della Puglia – elaborazioni mie su dati annuario statistico SSN 2019). Potenziare le caserme, depotenziata la sanità pubblica.
Ciò è la più chiara smentita della retorica vigente questi giorni, nei quali si è nuovamente svelato il divario strutturale, sociale ed economico, su cui questo Stato si fonda. Nell’ideologia nazionalista italiana in Sardegna, il militarismo e la Brigata Sassari ricoprono una parte essenziale nel giustificare il rapporto di subalternità che lega l’isola all’Italia. Ne abbiamo avuto una dimostrazione pochi giorni prima dell’applicazione dei decreti emergenziali. Infatti, il 1° marzo è stato celebrato il 105° anniversario della nascita della Brigata Sassari. Il Presidente della Regione Christian Solinas ha omaggiato tale ricorrenza affermando che i Dimonios rappresenterebbero la “Sardità più autentica” e “i valori dell’identità del popolo sardo”. La genesi di questa retorica non lascia adito a dubbi sul fatto che essa sia inscindibile da un’ideologia militarista nazionalista italiana e razzista contro i sardi. Il mito sciovinista-militarista della Brigata Sassari (Fois 1981) ha come fondamento le teorie razziste dell’antropologia positiva della seconda metà del secolo XIX (Orano 1896, Niceforo 1897): i soldati sardi sono dei selvaggi in divisa, degli abili combattenti all’arma bianca, proprio in quanto razzialmente inferiori, privi delle inibizioni della civiltà. Le qualità belliche dei sardi deriverebbero dal loro primitivismo (Deffenu 1918), carattere specifico di questo popolo a lungo isolato dalla civiltà. L’aspetto razziale del mito – e quindi l’esistenza di una gerarchia tra sardi e italiani – è palesemente rimosso dalle celebrazioni del nazionalismo statale che, al contrario, pretendono che la Brigata Sassari sia una prova dell’italianità dei sardi e del legame indissolubile fra Sardegna e Italia, trasformando in un rapporto paritario quello che è una relazione ineguale in cui la prima è posta a servizio della seconda. Ma se ciò fa parte dell’ordinario, va riconosciuto che si è compiuto un passo ulteriore nel delirio nazionalistico.
Il 4 marzo, il vicesindaco di Cagliari Giorgio Angius ha partecipato alla stessa commemorazione, a Sinnai, dove nacque il 151° reggimento fanteria; le sue parole sono state di ossequio non solo per la Brigata Sassari della Grande Guerra ma anche quella della Seconda guerra mondiale: “La sua presenza, la sua professionalità e il suo quotidiano impegno, anche in tanti teatri operativi, ci riempie di orgoglio e gratitudine. La sua è una storia lunga, passata per due conflitti mondiali, che continua ancora oggi con il costante impegno in operazioni di risoluzione delle crisi e ne fa un pilastro della nostra storia”. In eventi del genere, questo riferimento mi pare una novità di fronte a cui ogni cittadino sardo con un minimo di sensibilità politica e coscienza storica avrebbe dovuto esprimere il proprio disappunto. La Divisione Sassari, tra il 1941 al 1943, agì in Iugoslavia a sostegno dell’occupazione nazifascista, compiendo anche atti criminosi (Fatutta, Vacca 1994), contro partigiani e popolazione civile (Gobetti 2007). Il giorno dopo, il sindaco di Villanovaforru Maurizio Onnis ha denunciato la richiesta fattagli dal comandante Di Stasio, di collaborare “con lo scopo di riavvicinare e valorizzare le gesta di coloro che hanno contribuito a rendere Gloriosa questa Grande Unità” per “recuperare i rapporti, con chi ancora in vita, abbia combattuto tra le fila della Brigata Sassari nella Seconda Guerra Mondiale”. Ovviamente è vergognoso esprimersi in questi termini, tenendo conto della funzione che questi signori hanno svolto in Iugoslavia durante quel conflitto.
Marzo passerà ma la situazione distopica che stiamo vivendo, probabilmente, andrà avanti. Tuttavia, malgrado le restrizioni, sarà necessario continuare a essere vigili e reattivi per contrastare i messaggi di sacra unità nazionale e la ripresa del culto nazionalista statolatra officiato dai paladini della centralizzazione contro le competenze regionali. Presto o tardi, terminato questo periodo, occorrerà denunciare le responsabilità del governo centrale nella diffusione del contagio in Sardegna e prendere coscienza che solo dall’auto-organizzazione politica della nostra nazionalità oppressa e – in generale – dalle periferie di questo Stato può partire la battaglia contro le disparità di ogni tipo, non certo dalla benevolenza e dall’ampliamento dei poteri di un esecutivo di qualsivoglia fazione.

RIFERIMENTI ESSENZIALI
Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2879_allegato.pdf.
Attilio Deffenu, “Relazione sui mezzi più idonei di propaganda morale da adottarsi fra le truppe della Brigata” (1918)
Francesco Fatutta, Paolo Vacca, “La guerra dimenticata della Brigata Sassari”; EDES 1994
Giuseppina Fois, “Storia della Brigata Sassari”, Gallizzi 1981
Eric Gobetti, “L’occupazione allegra. Gli italiani in Iugoslavia 1941-1943”, Carocci 2007
Alfredo Niceforo, “La delinquenza in Sardegna”, Sandron 1897
Paolo Orano, “Psicologia della Sardegna”, Casa Editrice Italiana 1896


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