sabato 21 marzo 2020

HO DECISO DI SMETTERE (QUASI TUTTI DOVREBBERO FINIRLA DI ANALIZZARE I DATI ITALIANI) - Fabio Porru



[Riassunto: ho deciso di interrompere tutte le mie analisi dei dati italiani a causa della loro bassa qualità per concentrarmi su altro. Raccogliere dati in mezzo ad una crisi è problematico, e vi è troppa eterogeneità territoriale e temporale per poter tirare le somme. Adesso dobbiamo stringere i denti, sperare di osservare presto il "picco di casi", fare la nostra parte, e ricordare che tutto questo finirà.]
Qualche anno fa, quando mi stavo avvicinando all'epidemiologia e alla statistica biomedica, una persona che ne sapeva molto più di me mi disse qualcosa che suonava più o meno così:
«Quando i dati a disposizione sono di ottima qualità, le analisi sono tendenzialmente semplici. La maggior parte delle volte in cui facciamo delle analisi con dei metodi super elaborati, è perché i dati sono incompleti o di pessima qualità.»
Negli ultimi giorni ho ridotto drasticamente il tempo dedicato alle analisi dei dati italiani, seguendo il consiglio di Enrico Bucci. E oggi ho deciso di smettere, per concentrarmi su altre azioni in cui posso rendermi più utile. Con l'avanzare dei giorni infatti, almeno per chi come me non è uno specialista, analizzare correttamente i dati italiani sta diventando un esercizio speculativo fine a se stesso, quasi una gara a risolvere un enigma senza una reale soluzione. Perché la verità è che la qualità dei dati italiani fa pena e questi sono in buona parte inutilizzabili da chi non ha sufficiente esperienza, per almeno due motivi.
Il primo è che, come ho sperimentato sulla mia pelle per un progetto di ricerca sulla preparazione dello staff ospedaliero alla gestione di casi COVID19, raccogliere dati in un momento di crisi è per definizione un problema. Quelli chiamati a fornire i dati, sono gli stessi che fronteggiano in prima fila l'emergenza, che non hanno tempo ed energie per fornire tutti i dati che vorremmo. E per quanto anche fornire dati sia necessario per salvare vite, essendo gli interventi su scala globale basati sulla loro analisi ed interpretazione, non me la sento proprio di rimproverare nessun professionista sanitario visto lo sforzo disumano che ognuno di loro sta compiendo in queste settimane. Non possiamo chiedere di più.
Il secondo è che la strategia di screening con la quale vengono identificati gli individui positivi cambia col contesto più di quanto non cambiasse l'outfit del capitano. I dati cinesi, provincia per provincia, risultano esser infatti abbastanza omogenei, e la sola Hubei, provincia più colpita dal COVID19, risultava eccezione ai trend nazionali. E questo aveva perfettamente senso in virtù del sovraccarico sul sistema sanitario della provincia. Non vale lo stesso in Italia, con variazioni enormi, da regione a regione, in termini di letalità, percentuale di positività al tampone, percentuale di ospedalizzazione tra i positivi e così via. Questo può in parte riflettere la differenza nella frequenza, ma è verosimile che a creare questo pattern tanto disomogeneo siano le divergenze nella gestione della crisi. Inoltre, persino nello stesso contesto territoriale, nel tempo osserviamo cambiamenti importanti, riflettendo cambiamenti di politiche sul territorio, di risorse disponibili rispetto alla dimensione dei casi.
Dal giorno in cui son entrate in vigore le misure del governo, è cominciata un'attesa spasmodica per il tanto agognato "picco di casi". Tra intervento e risultato, è necessario che passi del tempo. Gli effetti non si manifestano nell'immediato. Inizialmente ci aspettavamo qualche segnale per metà di questa settimana, ma non è arrivato niente di consistente. Poi la data è stata spostata a questi ultimi dieci giorni di marzo. Allo stato attuale, non abbiamo visto i segnali consistenti che speravamo di vedere, e questo può esser dovuto a diversi fattori.
Prima di tutto, potrebbe semplicemente volerci più del previsto per poter osservare gli effetti dell'intervento sulla popolazione che abbiamo osservato ad esempio in Corea. Le proiezioni sono sempre stime basate sui dati disponibili. A maggior ragione se i dati disponibili son limitati e di bassa qualità, i margini di errori aumentano. Quindi, teniamo su la speranza.
Inoltre, potrebbe anche esser che l'intervento stia dando i suoi frutti ma che questo sia in parte occultato dalla bassa qualità dei dati già citata più volte. Se infatti parliamo di trend nel numero dei casi, e i casi sono estremamente sottostimati, è possibile che almeno una parte dei casi che continuiamo a diagnosticare sia legata all'accumulo di casi del periodo precedente. Questo potrebbe portare ad un ritardo necessario per "smaltire" i casi accumulati. Se questo fosse il caso, avrebbe senso utilizzare come indice il numero di decessi, che ci aspettiamo esser più vicino al numero reale. Questo ha però a sua volta due limiti. Il primo è che anche il numero di decessi sembra esser inattendibile, e non per la sterile discussione sui decessi "per" e "con" (https://bit.ly/3bhircB). Il secondo è che i trend dei decessi arriva in ritardo di qualche giorno, visto che i decessi di oggi sono i positivi dei giorni precedenti.
Per questo motivo non vedrete più "analisi fatte in casa Porru". Se inizialmente chi bazzica nell'ambito poteva dire la sua, ora è meglio lasciare la parola agli esperti, e al massimo concentrarsi sul commentare le loro analisi, invece di farne di nuove generando ulteriore rumore.
Ora dobbiamo stringere i denti, cercare di restare uniti, facendo la nostra parte, guidati dalla consapevolezza che stiamo affrontando una situazione di emergenza che è quanto di più simile ad una guerra molti di noi hanno vissuto, ma mantenendo anche la consapevolezza che è uno sforzo temporaneo, e che tutto questo finirà.
Il 6 marzo scrivevo che due terzi della popolazione cinese era guarita. A distanza di quindici giorni, la percentuale è salita ancora. Degli 81.304, i guariti sono ora 71.857, ovvero l'88,38%. Potremo presto parlare di "nove su dieci". La vita in Cina, ancora sotto strette misure di contenimento per l'infezione, sta lentamente riprendendo. Negli scorsi giorni alcuni locali pubblici, quelli più attrezzati in termini di sistemi di ventilazione, hanno riaperto. Le persone tornano a svolgere attività all'aperto.
Questo momento arriverà anche per noi.
P.S. A proposito di ottimismo, leggere cosa dice Guido Silvestri nel suo post intitolato "L'OTTIMISMO CHE VIENE DALLA CONOSCENZA": https://bit.ly/2wt8Xfp


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