Quando uccidi il negoziatore vuol dire che del negoziato non ti importa
nulla. E pure del cessate il fuoco a Gaza. La scelta di Tel Aviv è quella di
una guerra infinita ai palestinesi e allargata a tutto il Medio Oriente,
rappresaglie comprese (se resteranno rappresaglie)». Alberto Negri, diretto
come sempre. «Hanno ucciso l’uomo del negoziato», titola il Manifesto.
«Proseguire la guerra contro Hamas a Gaza e sul fronte nord contro Hezbollah, è
la polizza di assicurazione sulla vita politica del premier israeliano. Garanti
e complici gli Usa», l’accusa senza sconti.
Come
Sarajevo nel 1914?
Il clima generale dopo l’assassinio di Haniyeh sembra quasi evocare il
colpo di pistola che nel 1914 a Sarajevo fece fuori l’arciduca Francesco
Ferdinando, erede del trono austriaco, e noi europei, inesistenti e muti,
appaiamo come i sonnambuli, alla vigilia della grande guerra, descritti nel libro
di Christopher Clark.
Assassinii
di Stato e criminali al governo
È questo il
messaggio brutale che Israele e Netanyahu hanno consapevolmente inviato alla
comunità internazionale con l’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh,
colpito a Teheran, e che aveva condotto in questi mesi le trattative su Gaza a
Doha e al Cairo. Poche ore prima gli israeliani avevano ucciso in Libano con un
drone Fuad Shukr, considerato uno dei vertici di Hezbollah, il movimento sciita
capeggiato da Nasrallah.
Il ministro degli
Esteri di Hamas
Dentro
Hamas, Haniyeh era il referente politico all’estero, soprattutto in Qatar e tra
le petro-monarchie sunnite del Golfo e rappresentava lo schieramento più
favorevole al negoziato del movimento islamico palestinese. Yahya Sinwar, l’altro
capo nel mirino di Israele, è espressione soprattutto dell’ala militare e del
fronte interno. Anche se applicare categorie politiche tradizionali in questi
casi può apparire arbitrario, Haniyeh era l’«uomo ragno» che tesseva la tela
diplomatica. Insomma hanno ucciso l’uomo del negoziato.
Guerra
regionale imminente?
La stessa
stampa israeliana parla di una guerra regionale imminente: ma stavolta il
conflitto potrebbe avere conseguenze ancora più ampie. Le reazioni adirate
all’assassinio di Haniyeh di Russia e Cina – oltre che della Turchia di cui fu
ospite – dicono che questi alleati di Teheran si sentono direttamente chiamati
in causa. Soprattutto Pechino, primo partner economico di Teheran, che prima ha
mediato un accordo tra l’Iran e l’Arabia saudita e poi, di recente, anche
un’intesa tra le fazioni palestinesi per il futuro di Gaza. Quanto alla Turchia
di Erdogan, in rotta di aperta collisione con Israele, non si può certo
ignorare che Ankara – sulla via di riallacciare le relazioni con la Siria di
Assad – è membro delle Nato dal 1953 e rappresenta il maggiore esercito
dell’Alleanza sul fianco sud-orientale del Mediterraneo: tra pochi giorni ci
sarà il vertice generale della Nato a Washington e non sarà certo una
passerella visto che sul tavolo ci sono conflitti come l’Ucraina, Gaza e ora
nel più vasto Medio Oriente.
America
della vergogna
Ma
ovviamente i più coinvolti di tutti sono gli Stati uniti che non si capisce da
chi siano governati e quale sia il senso delle loro azioni, soprattutto in
Medio Oriente. Verrebbe da dire che dopo il discorso di Netanyahu al Congresso
che il premier israeliano, ricercato dalla procura della Corte penale
internazionale, abbia preso la guida anche a Washington. In realtà sta
approfittando della voragine che si è aperta da qui a novembre con il ritiro
dalla campagna elettorale di Biden per dare libero sfogo alla deriva bellica e
omicida dello stato israeliano che dopo il 7 di ottobre ha trovato una sponda
negli estremismi radicali della regione. Proseguire la guerra contro Hamas a
Gaza e sul fronte nord contro Hezbollah, rappresenta una sorta di assicurazione
sulla vita politica di Netanyahu e del suo governo. E questa polizza ha come
garanti e complici gli Stati uniti.
Decine di
miliardi Usa per i primi 40mila palestinesi uccisi
Non solo
Netanyahu sa che da questa amministrazione Biden in via di liquidazione non
verranno conseguenze, ma che gli Stati uniti saranno in guerra al suo fianco.
Non ha motivo di dubitarne visto che in mesi di conflitto a Gaza – dove gli
israeliani hanno fatto 40mila morti perlopiù civili – gli Usa gli hanno versato
decine di miliardi di dollari di aiuti militari. Anzi, invece di frenarlo, lo
hanno applaudito, con poche eccezioni, quando ha evocato nel suo discorso di
Washington la guerra all’Iran. Le stesse balbettanti mediazioni americane nella
regione sono apparse più che altro delle perdite di tempo. Basti pensare a
quello che non ha fatto l’inviato Usa Amos Hochstein in Libano, un ex militare
israeliano che ai democratici americani in questi anni è servito più a seminare
guai che a risolverli.
Personaggi
minori e senza decoro
Ma il più
incredibile è il segretario di stato Usa Blinken. Scomparso da un po’ di tempo
dal quadrante mediorientale, dove ha lasciato che fosse la Cia a occuparsene
con i brillanti risultati che vediamo, Blinken ha evitato di fare ipotesi
sull’impatto che la morte di Haniyeh avrà sugli sforzi per un cessate il fuoco
a Gaza e ha dichiarato, testuali parole: «Ho imparato nel corso di molti anni a
non fare mai ipotesi sull’impatto che un evento ha avuto su qualcos’altro.
Quindi non posso dire cosa significa». Lunare.
Questo è il segretario di stato Usa da cui in parte dipendono le sorti
dell’umanità, non un passante qualunque. «Vuoto di potere in Medio Oriente»,
titolava in marzo un articolo di Foreign Affairs. E ora è in questo vuoto che
viene inghiottito il destino di milioni di persone.
da qui
Nessun commento:
Posta un commento