Gaza oggi, raid israeliano contro una scuola, 93 morti
tra cui 11 bambini e sei donne. L’esercito israeliano ha confermato il raid
sostenendo di aver colpito terroristi di Hamas che operavano all’interno di un
centro di controllo e comando nella scuola Al-Tabai’een. Borrel Ue: “Almeno 10
scuole sono state prese di mira nelle ultime settimane. Non vi è alcuna
giustificazione per questi massacri”. Il Qatar, uno tra i Paesi mediatori nella
guerra tra Israele e Hamas a Gaza, ha chiesto un’indagine urgente. Il nostro
Eric Salerno, voce da New York, non fa sconti.
L’ignavia
davanti agli orrori e alla violenza nello Stato ebraico
L’Iran sembra aver accettato l’appello delle grandi e medie potenze a
rispondere alla provocazione israeliana (l’uccisione a Teheran del leader di
Hamas) con un gesto simbolico. Stati Uniti, Egitto e Qatar affermano che
l’accordo quadro di Gaza per il rilascio degli ostaggi è stato finalizzato.
Israele ha accettato di riprendere i negoziati la prossima settimana, il 15
agosto. E il popolo palestinese si chiede se e quando finirà, o quanto meno ci
sarà una pausa, nel massacro di donne, bambini e uomini cominciato ormai da
dieci mesi.
Sproporzione
senza vergogna
Non c’è
bisogno di sottolineare la totale sproporzione tra gli orrori compiuti dagli
uomini di Hamas e altri militanti palestinesi il 7 ottobre nelle comunità
israeliane lungo il confine con Gaza e quello che Israele ha fatto nella
Striscia da allora. Si parla quasi ogni giorno dei quasi 40 mila morti
(ignorando i loro nomi e cognomi), ma non abbastanza delle vittime ancora sotto
le macerie di villaggi, città e campi profughi; dei ragazzi e bambini che hanno
di fronte una vita senza gambe o braccia o genitori; delle famiglie distrutte.
Ebrei laici
a Gerusalemme
L’altro
giorno ho parlato con amici ebrei laici a Gerusalemme: gente che ha dedicato
molto della propria vita all’idea della convivenza tra ebrei israeliani e
palestinesi e che oggi attribuisce la colpa di tutto quello che sta accadendo a
Netanyahu e ai fanatici messianici del suo governo. C’è una parte ebraica di
Israele, dicono, che lotta contro “Bibi” e il suo seguito. Evidentemente non
basta. E gli ebrei di Israele, oggi, hanno bisogno dell’aiuto anche degli ebrei
della diaspora per cercare di uscire dalla situazione in cui si trovano.
Le troppe
bombe ‘Made in Usa’
Per
difendere Israele ci sono le bombe made in USA, ma per difendere l’idea di uno
stato laico e democratico ci vuole molto di più. Sono molti, ma non abbastanza,
i lettori del quotidiano più laico e democratico di Israele – Haaretz – e la
maggioranza degli ebrei israeliani (e della diaspora) non hanno letto l’ultimo
rapporto sugli abusi commessi nei confronti dei prigionieri palestinesi
pubblicato da B’Tselem, organizzazione israeliana che si occupa da anni dei
diritti civili. Lo racconta il giornalista Gideon Levy:
Paese
corrotto dal desiderio di vendetta
“Welcome to
Hell”, non è solo un rapporto su ciò che sta accadendo nelle strutture
carcerarie di Israele; è un rapporto su Israele. Chiunque voglia sapere cos’è
Israele dovrebbe leggere questo rapporto prima di qualsiasi altro documento
sulla democrazia israeliana. Chiunque voglia capire lo spirito dei tempi in
Israele dovrebbe notare come la maggior parte dei media abbia ignorato il
rapporto, che avrebbe dovuto causare indignazione e shock in Israele. Anche la
documentazione dello stupro di gruppo riportata questa settimana da Guy Peleg
su Channel 12 News non ha mostrato solo la struttura di detenzione di Sde
Teiman. Ha mostrato il volto del paese: corrotte dal desiderio di vendetta, le
prigioni israeliane sono diventate centri di abuso…”.
E in tv si
discute se lo stupro è legittimo
“Se un
rapporto come quello di B’Tselem – denuncia Levy – è stato quasi totalmente
ignorato, nel programma mattutino di Channel 12 c’è stata una discussione su
chi è a favore dello stupro e chi è contrario”. La vittima di stupro – con un
bastone di legno – non era un terrorista, ma un agente nell’unità antidroga a
Jabalya. E ancora: “Sdei Teiman – uno dei campi allestiti nel deserto per i
prigionieri palestinesi – definisce anche Israele. Israele è Sdei Teiman, Sdei
Teiman è Israele.”
La ‘routine
della tortura’
“Quando
leggi le 94 pagine del rapporto B’Tselem, che ti fanno perdere il sonno,
capisci che non è stato un incidente eccezionale, è la routine della tortura,
che è diventata una politica. Al contrario della tortura dello Shin Bet, che
presumibilmente aveva uno scopo orientato alla sicurezza – estrarre
informazioni – qui è solo per soddisfare gli impulsi sadici più oscuri e
malati… Ci sono anche dozzine di altri soldati che hanno visto e sono rimasti
in silenzio. A quanto pare hanno anche partecipato a orge simili, sulla base
delle dozzine di testimonianze citate nel rapporto B’Tselem.”
La
Guantanamo del disonore israeliano
Levy
conclude: “L’indifferenza a tutte queste cose definisce Israele. La
legittimazione pubblica definisce Israele. Nel campo di detenzione di
Guantanamo Bay che è stato aperto dagli Stati Uniti dopo gli attacchi dell’11
settembre, nove prigionieri sono stati uccisi in 20 anni; qui ci sono 60
detenuti uccisi in 10 mesi.”
Verso uno
Stato criminale
Non è chiaro
se l’Israele di oggi avrà la forza di bloccare chi sta distruggendo ogni
possibilità di creare un futuro di convivenza tra ebrei e arabi (dei territori
occupati o distrutti), ma una parte di Israele va avanti tranquillamente nel
suo piano di bloccare l’eventuale creazione di uno stato palestinese accanto a
Israele. Ieri il Ministero dell’Edilizia ha pubblicato una nuova gara d’appalto
per la costruzione di 110 unità abitative in Cisgiordania. A febbraio, sono
state annunciate offerte per 520 unità in nove diversi insediamenti nel
territorio che va da Gerusalemme al fiume Giordano.
Peace Now,
altra organizzazione israeliana che lotta per una soluzione pacifica del
conflitto, spiega che: “Questa nuova gara si aggiunge alla costruzione che il
governo israeliano ha portato avanti in tutta la Cisgiordania dall’inizio
dell’anno… Invece di concentrarsi su aree come il nord o il sud (di Israele)
che hanno bisogno di sviluppo e investimenti, il governo israeliano sceglie di
promuovere unità abitative in territori occupati che non gli appartengono”.
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