un libro
che si legge di corsa, è la storia del grande Emil Zátopek, alla fine sei
emozionato e commosso, per le fatiche e le vicissitudini di un piccolo grande
uomo.
non ti annoi un secondo, leggilo,
non te ne pentirai - franz
…Leggendo il libro, tra l’altro scritto benissimo e con uno
spessore e una sensibilità storica notevole, visto che Emil è stato anche – se
non soprattutto – pedina del governo cecoslovacco postbellico, ci si gode la
storia con piacere e interesse, immaginandosela però estremamente irreale.
Insomma: uno non può iniziare a corricchiare controvoglia per gioco e, in pochi
anni, battere tutti i record del mondo dai 5.000 ai 30.000 e dominare anche una
maratona senza essersi mai allenato specificatamente. E invece.
E invece
è tutto vero: Emil Zatopek era un fenomeno. E questa è la sua vita. Solo il
finale, probabilmente, è inventato ma rimane amaro come quello vero, di un
campione che per vent’anni, dopo il suo ritiro, non ha avuto quella grande
dignità nazionale che meritava. Con una storia talmente bella che sembra
un’esagerazione.
…la cosa
sorprendente del libro di Echenoz è lo stile: non si avverte nessun respiro epico,
il narratore sembra sedersi davanti a voi che leggete, e, sorseggiando ogni
tanto un bicchiere di vino, racconta con calma senza soffermarsi a lungo sugli
eventi. Non c’è mai retorica, mai aggettivi forti, c’è piuttosto il
distacco ironico che pare che Emil stesso avesse contemplando le
proprie imprese.
E’ un libro veramente raccontato: nessun dialogo, solo qualche discorso indiretto, appena accennato.
E’ un libro veramente raccontato: nessun dialogo, solo qualche discorso indiretto, appena accennato.
E anche
quando l’uomo locomotiva, ormai ritirato dalle competizioni eppure ancora una
specie di eroe nazionale per il popolo, trova improvvisamente la forza di alzare
la voce e tuonare nelle strade di Praga contro gli invasori sovietici che
stavano affossando la Primavera di Dubček, le pagine di Echenoz restano modeste
(nel senso migliore), senza epica, un po’ come Zátopek, che finisce per pagare
con esilio e lavori in una miniera di uranio le sue parole contro i
carri armati.
Ma
proprio la rinuncia all’epica lascia, alla fine del libro, l’impressione di
aver conosciuto meglio Emil Zátopek, la locomotiva; lascia l’impressione
di averlo avvicinato, di averlo visto correre sgraziato e con quelle smorfie,
fra il delirio della folla dello stadio olimpico di Helsinki, davanti agli
sguardi meravigliati ed entusiasti dei finlandesi che, si sa, hanno sempre
avuto una venerazione per i fondisti…
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