sabato 3 ottobre 2020

I compari del cortile - Patrizia Cecconi

Difficile immaginare, se non si è avuta la possibilità di seguirlo in diretta, il livello infimo del dibattito tra i due individui che si contendono la gestione della massima potenza mondiale. Un Trump che ha brillato come bullo da bar di borgata e non ha neanche risposto a diverse domande poste da un moderatore di tutto rispetto ma  trattato come un fastidioso intruso che si permetteva di porre domande imbarazzanti.

 

Un Biden che, dal canto suo,  non è riuscito a dare una sola risposta argomentata né alle domande del moderatore né agli insulti volgari del suo rivale. Anzi, in qualche caso ha scelto a sua volta l’insulto alla risposta articolata. Gli è sembrato più efficace dare del clown al bullo Trump invece di  spiegare il perché lo considerava tale.

Il quadro d’insieme che ha offerto il dibattito è stato la  rappresentazione  della rozzezza intellettiva, intellettuale e comportamentale offerta con spavalderia dall’attuale presidente USA contrapposta alla dimessa figura del suo sfidante, incapace di offrire anche una sola risposta da cui trasparisse un barlume di intelligenza. 

“Penosa” è forse il più appropriato aggettivo con cui si può definire quella che doveva essere la più importante sfida politica di quello che in questo periodo storico è forse il più potente Paese del mondo.
 

Se si trattasse di un problema squisitamente interno potremmo liquidarlo con una smorfia di sufficienza o un sorriso sprezzante, ma gli USA rappresentano, purtroppo,  il Paese che fa e disfa alleanze e accordi che hanno riflessi importanti, e molto spesso dannosi, in tutto il mondo Italia compresa e per questo è impossibile liquidare con un’alzata di spalle, dovuta alla bassezza dei protagonisti, l’evento di questa notte. 
 

Il giornalista della Fox News, Chris Wallace, cui era affidato l’incarico di moderatore aveva suddiviso le domande per argomenti, ma già alla prima domanda il presidente in carica lo interrompeva prima che potesse finire di formularla. L’incontinenza di Trump risultava  inappropriata non solo per un uomo pubblico e con un incarico come il suo, ma lo sarebbe stata anche in un dibattito sull’ultima partita di football. Biden ha avuto un comportamento meno scorretto rispetto al moderatore, ma il vuoto delle sue risposte non ha certo alzato il livello del dibattito.

Il culmine dell’arroganza, capace di calpestare senza ritegno e pubblicamente il Diritto, Trump lo ha raggiunto quando ha dichiarato che in caso di sconfitta non riconoscerà i risultati delle elezioni. Una dichiarazione che comporterebbe  una punizione anche per un giocatore di rugby se osasse pronunciarla, ma Trump cammina come un carro armato su qualunque norma giuridica e il danno che produce, oltre ai tanti altri, è quello di abituare l’elettorato e il mondo ad un ritorno sfrontato alla legge del Far West. 

Durante il penoso dibattito, che tra gli schizzi di fango che i duellanti si gettavano addosso l’un l’altro – Biden definendo Trump cagnolino di Putin e Trump rinfacciando a Biden che suo figlio riceve soldi dalla moglie del sindaco di Mosca, e altri simili attacchi da gente di osteria  piuttosto che da statisti – nonostante il moderatore cercasse di ottenere risposte sensate circa la gestione della pandemia da Trump,  ottenendo come risposta che se ci fosse stato Biden le vittime sarebbero decuplicate, o sul  programma che avrebbe svolto Biden al posto di Trump, riuscendo ad avere come risposta solo che avrebbe allargato la “Obamacare” perché intanto Trump interrompeva dando a Biden dell’idiota perché si era laureato con voti bassi e simili “intelligenti argomentazioni politiche” alle quali Biden rispondeva chiedendogli di smettere di abbaiare. 
 

Verso la fine del dibattito, Chris Wallace, esausto dalla incontenibile irruenza e volgarità che ha reso visibilmente frustrante il suo incarico di moderatore, ha chiesto ai due contendenti di esprimersi circa i gruppi che esercitano azioni violente e, mentre Biden ha espresso il suo disaccordo verso i gruppi di sinistra definita estrema, Trump, ignorando gli oltre 400 episodi di violenza razzista bianca e fascista, ha affermato che la violenza viene solo da sinistra. Messo alle strette dal moderatore che gli chiedeva se condannava o meno i gruppi suprematisti bianchi dell’estrema destra violenta, razzista e antisemita come i Proud Boys, la risposta di Trump non è stata  di condanna, anzi si è esattamente rifiutato di condannare, nonostante l’evidenza dei fatti, cercando di cavarsela dicendo di restare in osservazione.
 

A seguire il dibattito in diretta sembrava impossibile che questi due personaggi lontani entrambi, sebbene in modo diverso, da uno spessore intellettuale e politico che possa dare loro l’autorevolezza di guidare il Paese più potente del mondo, fossero proprio i futuri candidati alla presidenza. L’uno come prima nomina e l’altro come eventuale riconferma dell’incarico.
 

Due uomini  con i quali forse non si prenderebbe volentieri neanche un aperitivo, con l’uno per noia e con l’altro per vergogna, si contendono il ruolo che li porterà  a governare gli USA e a favorire o affossare interessi e diritti di popolazioni e di Stati che il diritto internazionale non riesce a proteggere o a sanzionare. Due uomini da niente che si battono come compari da cortile, o da osteria,  senza trovare una sola argomentazione degna di essere definita Politica – nel senso nobile o almeno etimologico del termine – per ottenere la presidenza degli USA. Questo lo spettacolo offerto dal cosiddetto dibattito di questa notte.

Difficile dire vinca il migliore. Aspettiamo i prossimi due dibattiti prima del risultato elettorale, ma la speranza che il livello si alzi, almeno fino a raggiungere la dignità, è una speranza veramente flebile. 

da qui

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