mercoledì 28 ottobre 2020

il filantrocapitalismo è un imbroglio e fa schifo

Se il capitale si veste da buono - Nicoletta Dentico

Questo libro (Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo) trae ispirazione da sentimenti di dolore e di rabbia, inutile andarci intorno. 

Affossa le sue radici in due decenni di impegno internazionale nel campo della salute. Ancora di più, deriva da una antica e potente esperienza, quella di mescolarsi, entrare in ascolto e apprendere dalle etiche di vita delle varie moltitudini di poveri che le società di mercato hanno sospinto verso le forme più diverse della miseria moderna. E di aver fatto mio il loro punto di vista.  

 

Ho imparato a diffidare della narrazione legnosa e riduzionista sulla “lotta alla povertà”. La povertà ha dimensioni terribili ed effetti tragici, non si discute, ma occorre sapere che non è una banale questione di soldi ma di politiche strutturalmente violente e che comunque, da un punto di vista finanziario, è molto più espugnabile di quanto pensiamo.

Basterebbe una frazione di quanto si spende in armi, poco più dell’1% del prodotto interno lordo mondiale, per invertire la rotta.

Basterebbe intercettare e fermare subito i meccanismi di esuberante accumulazione plutocratica da parte di una minuscola élite della globalizzazione artefice di un sistema che produce disuguaglianze, quell’1% della popolazione mondiale che possiede ormai la metà della ricchezza del pianeta. 

E’ su quell’1% che vince sempre, che occorre volgere lo sguardo. Avrebbe molto da perdere se ci fosse un autentico cambiamento sociale e una virata verso la redistribuzione delle risorse, e proprio per questo si è messo a condurlo a modo suo questo cambiamento, spesso con il consenso di quanti ne hanno più bisogno, invocando il mantra della lotta alla povertà per  “cambiare il mondo” in modo che nulla cambi, per “restituire” un po’ della ricchezza accumulata in modo che non venga messa in discussione l’indifendibile asimmetrica distribuzione di risorse, potere, conoscenze e strumenti. 

Da qualche tempo questa élite ha deciso di impadronirsi insomma anche dell’ultimo fortino non ancora lambito dalla logica super-competitiva ed estrattiva del capitalismo finanziario: il mondo della solidarietà, del dono.

I plutocrati, sotto le avvenenti fattezze delle loro donazioni, sono diventati i sacerdoti della lotta alla disuguaglianza. Hanno compreso le prospettive sconfinate di questa battaglia: “a land of opportunities”, una prateria di opportunità per il loro business e la loro reputazione.

Hanno vinto la partita della globalizzazione economica, cimentandosi con poche mosse su un campo di gioco privo di regole e di arbitri, dove ogni fallo è possibile.

Siccome personificano storie di successo, dichiarano di “voler rendere questo mondo un luogo migliore”.  Sono sensibili alle sfide del pianeta, dicono, ne conoscono i problemi, intendono far parte delle soluzioni.

Anzi, puntano a colonizzare la ricerca delle soluzioni, convinti che le loro idee, i loro rimedi siano la migliore promessa di futuro cui la massa dei diseredati possa aspirare.  Ma siamo sicuri che non ci sia una strategia migliore?

E’ l’élite più socialmente impegnata ma anche la più predatoria della storia quella che ha sapientemente concettualizzato e architettato il filantrocapitalismo. 

Monopolisti nel settore economico di riferimento, hanno congegnato con le loro fondazioni la grande trasformazione della governance mondiale per arrivare a monopolizzare le leve della politica internazionale in nome dello sviluppo, e ora della sostenibilità.

Con la suadente moltiplicazione di “iniziative concrete e misurabili” ispirate alla logica aziendale e al diritto privato, in due decenni questi plutocrati hanno disseminato qua e là soluzioni che nella maggior parte dei casi non intaccano, talvolta anzi persino rafforzano, le dinamiche di ingiustizia all’origine delle situazioni di cui pure i loro rimedi alleviano qualche sintomo. 

Una iniziativa dopo l’altra, hanno definitivamente scompaginato la filiera della responsabilità pubblica nel governo del mondo.

Ho assistito in presa diretta ai passaggi che hanno spianato la strada all’affermazione della nuova classe di paperoni sulla scena della diplomazia globale.  Tutto è accaduto con una regia molto precipitosa, sotto i miei occhi.

A Seattle, nel novembre 1999, la società civile di tutto il mondo si imponeva con forza al cospetto della comunità internazionale, riunita per la prima conferenza tra gli stati membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, con l’insopprimibile domanda di globalizzare finalmente i diritti e la giustizia.

A New York,  sempre alla fine del 1999, l’organizzazione che dovrebbe rappresentare il governo del mondo capitolava nel giro di pochi mesi, messa alle strette dalla pressione di pochi stati del nord, per inaugurare l’integrazione dei vincitori del libero mercato nei consessi negoziali della politica internazionale. 

L’arrivo dirompente e distruttivo di COVID19, esattamente a 75 anni dalla nascita delle Nazioni Unite e a 25 dalla entrata in vigore della Organizzazione Mondiale del Commercio, sollecita molteplici spunti di riflessione sul governo del mondo. 

 

Una pista di osservazione poco battuta, ma a mio avviso determinante, riguarda oggi più che mai la riflessione sulla egemonia culturale, finanziaria e politica del filantrocapitalismo. 

La ricerca di soluzioni veloci che interrompano la diffusione del contagio conferisce una spinta inesorabile al colonialismo filantropico, oggi praticamente senza argini, nemmeno all’interno delle confessioni religiose.

I filantropi che salvano il mondo la fanno da padroni nella gestione della pandemia grazie all’impenetrabile complesso industriale vincolato alle loro donazioni e al potere di seduzione che esercitano, mentre la comunità internazionale si dimena nel caos di micidiali pulsioni nazionaliste e buona parte della società civile, ormai assoggettata, dipende dai filantroprofitti per continuare a vivere.

La pandemia ci impone un ragionamento di senso sul filantrocapitalismo, perché questo ristretto entourage è connesso a doppio filo con il mondo della tecnologia digitale, della biotecnologia, della finanza, i tre ambiti che definiranno il futuro del pianeta.

Nel ribaltamento del rapporto di potere tra i pochi titani della ricchezza globale e i molti esponenti della funzione pubblica, non è uno scenario promettente. 

 

L’assenza di un dibattito serio sul filantrocapitalismo nel nostro Paese, al contrario di quanto avviene nel mondo anglosassone, è imbarazzante. 

Abbiamo bisogno per esempio di prendere le distanze dalle braccia ingenuamente spalancate dei nostri leader – come di tutti i leader  mondiali – nei confronti di Bill Gates, alle cui gesta filantropiche nessuno si sogna di porre domande, prima ancora che condizioni.

Abbiamo bisogno di marcare le distanze anche dalle teorie complottiste su Bill Gates e compagni, dietrologie che “la buttano in caciara” e appannano le ragioni di una riflessione basata sui fatti.

Il fenomeno scoppiato con la pandemia è spia di una generale assenza di riferimenti conoscitivi per leggere la complessità, e della montante insofferenza verso la biforcazione di destini che non ha ragione di esistere.  Questo stato di cose non è una fatalità della storia.

da qui

 

Le colonie del nostro tempo e il filantrocapitalismo - Vandana Shiva

 

Il Mondo Nuovo dell’1%, il mondo dei miliardari e dei filantrocapitalisti che formano l’élite più esclusiva sul pianeta, è in realtà il vecchio mondo, brutale e violento, della colonizzazione. La colonizzazione crea colonie dichiarando ciò che appartiene agli altri come vuoto – Nullius – così da poterselo accaparrare. Quei beni comuni che appartengono alle comunità, e a cui le comunità appartengono, vengono trasformati in proprietà private dei colonizzatori.

Questo fa la colonizzazione. Espropria le comunità dei loro diritti di accesso, le sfratta dai loro territori, salvo poi raccogliere le rendite di ciò che è stato sottratto e chiuso, grazie al processo di colonizzazione. L’economia globale contemporanea poggia sulla reinvenzione del progetto di colonizzazione.  Proprio così. Sono i colonizzatori a definire la narrazione storica, scrivendo le leggi e le regole che servono per legittimare i saccheggi delle terre, delle risorse, delle ricchezze, perpetrati contro i colonizzati.

Ciò che poté la Bolla Papale a favore della colonizzazione nel XV secolo,  possono oggi, nel XXI secolo, gli accordi di libero scambio, la deregolamentazione dell’economia, i nuovi strumenti di ingegneria genetica e la digitalizzazione, le nuove narrazioni sulla tecnologia. La prima colonizzazione costruì la nozione della Terra Nullius – la terra vuota – per appropriarsi dei territori delle popolazioni colonizzate e farle diventare le proprietà dei colonizzatori. 

Nel mondo contemporaneo la biotecnologia e l’industria chimica hanno costruito la nozione di Bio Nullius – or vita vuota –  per sottrarre i semi e cimentarsi nella biopirateria, con l’uso dei brevetti e dei diritti di proprietà intellettuale. I giganti  digitali e i capitalisti della sorveglianza come Google, Facebook e Microsoft hanno costruito la nozione della Mens Nullius – o mente vuota – per prendere possesso e controllare le nostre menti e le nostre vite. 

Bill Gates ha privatizzato il bene comune del software facendosi ricco grazie ai monopoli brevettuali nel campo dell’informatica, e alla rendita finanziaria raccolta da ciò che avrebbe dovuto essere open source. E’ riuscito anche a evitare il pagamento delle tasse in virtù di regole ed escamotage del “libero commercio” che gli hanno permesso di depositare il denaro accumulato nei paradisi fiscali. 

I nuovi miliardari come Mark Zuckerberg  usano Facebook per intercettare le nostre menti, estrarre  dati dai nostri comportamenti e manipolarli, indirizzare le nostre scelte e guidare le nostre relazioni, salvo poi venderle alla macchina dei soldi o a quella elettorale. 

Con il crescente dominio del digitale nella nostra democrazia elettorale, l’intelligenza artificiale si è messa a eleggere leader da intelligenza artificiale, perché dominino la scena politica contemporanea.  

I diritti di proprietà intellettuale su ogni idea, su ogni essere vivente, su ogni aspetto dei processi naturali e delle funzioni della comunicazione sociale, agiscono come elementi di una industria estrattiva di rapina delle risorse e dei beni comuni delle persone , ivi inclusi la nostra conoscenza e la nostra democrazia. 

Filantrocapitalisti come Bill Gates sottraggono il potere alla governance e alla politica. Sostituiscono le decisioni democratiche di governi eletti e riescono a imporre politiche e leggi che lubrificano la loro macchina dei soldi.

 

E così la democrazia cambia i connotati. Da democrazia “del popolo, dal popolo, e per il popolo”  diventa  democrazia “delle imprese, dalle imprese e per le imprese”. La filantropia è divenuta lo strumento per dirottare la democrazia e colonizzare le vite delle persone, al fine di estrarne soldi. Non è “dare”. È sofisticata appropriazione (grabbing). 

Il filantrocapitalismo è ricolonizzazione in una versione moderna.  Se i beni comuni di un tempo erano la terra e i territori, i beni comuni di oggi, sottratti all’accesso dai plutocrati,  sono la vita stessa. I nostri semi e la biodiversità, i nostri corpi e la nostra mente, queste sono oggi le colonie e i filantropi come Bill Gates sono i Nuovi Colombo. 

La novità dei nostri tempi è la tipologia delle nuove colonie che sono state create: le forme della vita, gli organismi viventi, la nostra biodiversità, il cibo, la salute, i nostri corpi e le nostre menti, la nostra conoscenza e le nostre storie, le nostre relazioni e amicizie, le nostre comunicazioni e le nostre scelte.

Tutto questo è assoggettato ai nuovi strumenti che sono i nuovi diritti di proprietà, le nuove dipendenze, le nuove aporie, le nuove schiavitù, i nuovi imperi e dittature. Come scrive Shoshana Zuboff in “Il Capitalismo della Sorveglianza”, siamo noi la nuova materia prima. La novità è anche la creazione di una nuova religione fondata sull’innalzamento di alcuni strumenti, la tecnologia e il denaro.

Questi dovrebbero servire in teoria come mezzi per conseguire obiettivi al servizio dell’umanità e della terra. Vengono invece elevati a  fini in sé stessi, a fondamenti di questa nuova religione fatta ad arte per legittimare la ricolonizzazione che minaccia il pianeta e il nostro futuro. 

500 anni fa,  la religione della chiesa cattolica era utilizzata per giustificare la violenza della colonizzazione. La nuova chiesa è plasmata dall’1%. E’ la religione dei soldi: fare soldi sempre e comunque. Le tecnologie e la macchina del denaro sono state elevate fino a farne un credo assoluto, nel campo del cibo e dell’agricoltura come in quello della salute, dell’informazione e della finanza. I filantrocapitalisti sono allo stesso tempo i nuovi papi e i nuovi sacerdoti.  In quanto 1% sono anche i nuovi Re e Regine, i nuovi sovrani.

Sono i nuovi Cristoforo Colombo, avventurieri e mercanti. E provano anche a essere Dio quando reclamano di “inventare” la vita e di “geo-ingegnerizzare” il pianeta. La ricolonizzazione in veste moderna ha bisogno di nuove “missioni civilizzatrici” per presentare il furto e le appropriazioni che promuove  come “liberazione” di quanti sono considerati in genere “selvaggi” e “barbari”. 

Alla fine del 2016 in India abbiamo assistito al modo in cui l’economia digitale è stata imposta con la forza nel paese, attraverso una “eliminazione del contante” e le demonetizzazione dell’economia. Coloro che erano privi di smartphone e di carte di credito sono diventati, nel giro di poche ore, barbari e selvaggi da addomesticare e civilizzare con programmi di “educazione digitale” e “dittatura digitale”. 

C’è adesso una nuova iniziativa annunciata dalla Fondazione Bill & Melinda Gates che si chiama  “Bill & Melinda Gates Agricultural Innovations LLC” o “Gates Ag One”, nella versione abbreviata. Gates Ag One sarà presto una sussidiaria della Fondazione Gates con a capo Joe Cornelius, l’uomo che guida attualmente la Divisione della fondazione denominata Crescita e Opportunità Globali.

Ag One lavorerà con il team della fondazione che si occupa di Sviluppo Agricolo e con altri partner multidisciplinari per “accelerare lo sviluppo di innovazioni” che sono “necessarie a migliorare la produttività dei raccolti e aiutare i piccoli agricoltori, la gran parte donne, ad adattarsi ai cambiamenti climatici”.

Ciò che non viene detto nelle fanfare dell’annuncio dei Gates è che i piccoli agricoltori, voglio dire soprattutto le donne che hanno selezionato varietà di semi resistenti al clima – varietà che Navdanya conserva, moltiplica e condivide – che la conoscenza di queste donne insomma e la qualità dei semi che si è evoluta per millenni, sono resi completamente invisibili in questa ultima fase della colonizzazione da parte del patriarcato capitalista.

Non esistono culture diverse o biodiversità, non esiste democrazia o sovranità, nel mondo di Bill Gates. Ci viene detto adesso che esiste una sola agricoltura, Ag One, quella somministrata da lui e dalla sua fondazione. Esiste una sola scienza, una agricoltura, un uomo che decide se e come milioni di persone dovranno vivere o morire. Questo altro non è se non imperialismo nella sua fase più avanzata. 

La “tecnologia” è stata mistificata e fatta assurgere a nuova religione per sottomettere e controllare. La “tecnologia” e l’”innovazione” sono diventate le nuove parole d’ordine, per la missione civilizzatrice che distorce completamente il significato originario di “innovare”.

Innovare significa “rendere nuovo”, mutare le cose “introducendo norme metodi o sistemi nuovi”.  Tutto questo è stato ridotto a invenzione meccanica, e usato per definire le piraterie e le appropriazioni esclusive come “invenzioni” di cui si diventa proprietari tramite brevetti.

Bill Gates è sempre in agitazione alla ricerca di nuove opportunità per utilizzare i suoi miliardi  tramite la filantropia e creare nuove colonie di cui impossessarsi con le sequenze digitali dei sistemi viventi.  

Minaccia convenzioni internazionali delle Nazioni Unite come la Convenzione sulla Diversità Biologica e il Trattato sulle Risorse Genetiche delle Piante per il Cibo e l’Agricoltura.

E’ il nuovo Colombo che rivendica di inventare ciò che in realtà già esisteva, e ha rubato. Cancella la varietà del mondo vivente e della vita sociale,  costruisce “il vuoto” come licenza di conquista, e poi costruisce il suo Impero sulla vita. 

Ma oggi come allora l’obiettivo è sterminare la diversità della vita, delle culture, delle conoscenze, delle economie, delle sovranità, delle democrazie, delle libertà. La pirateria e le appropriazioni dei beni comuni sono, senza soluzione di continuità, il vecchio metodo. Nulla di nuovo sotto il sole. 

Il Dharma, la giusta azione e il giusto stile di vita è rimpiazzato dall’Adharma della macchina del denaro e dello sviluppo delle tecnologie,  per i profitti e il controllo come finalità umane.

Senza tener in minimo conto le conseguenze che tutto questo produce sulla natura e la società. Così,  riducendo al profitto il significato e il valore dell’umano, l’accumulazione del denaro da parte dell’1%, pur non etica e di fatto ingiusta in molti casi, viene definita la misura della superiorità umana. Una superiorità che non richiede valutazioni di sorta. 

Mai prima nella sua storia l’umanità ha dovuto fare i conti con una ricchezza tanto sproporzionata, assiepata in così poche mani. Mai prima è accaduto che così poche persone avessero il controllo sulla vita dell’intera umanità. Mai come oggi i nostri corpi e le nostre menti sono state trasformate in colonie da cui estrarre rendita, e accumulare ricchezza.

Mai, mai prima la sopravvivenza della nostre specie è stata così in bilico. Mai prima le minacce alle nostre libertà e al nostro futuro si sono manifestate a noi su scala planetaria. Mai abbiamo avuto bisogno come oggi di resistere insieme, su scala globale, in solidarietà. 

Il libro di Nicoletta Dentico (Ricchi e buoni?) arriva al momento giusto, ed è necessario. Sarà una bussola importante per guidare l’evoluzione delle nostre strategie collettive, e per difendere le nostre esistenze e libertà dalle forme della ricolonizzazione variamente avallate attraverso il filantrocapitalismo.

E ci servirà, questo libro, per identificare le traiettorie democratiche di resistenza all’affermazione dell’Impero che si espande per controllare la nostra agricoltura, il nostro cibo, la nostra salute, i nostri corpi e le nostre menti, i nostri modelli di vita e le nostre democrazie.

da qui

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