venerdì 30 agosto 2024

La disumanizzazione dei palestinesi da parte della società israeliana è ormai assoluta - Meron Rapoport

 

 

In passato, il dibattito morale di Israele sulle sue azioni militari poteva essere limitato e ipocrita, ma almeno esisteva. Non questa volta.

 

Alle 5:40 del mattino del 10 agosto, il portavoce dell’IDF ha inviato un messaggio ai giornalisti informandoli di un attacco aereo israeliano su un “quartier generale militare situato nel complesso scolastico di Al-Taba’een vicino a una moschea nell’area di Daraj [e] Tuffah, che funge da rifugio per i residenti di Gaza City”.

“Il quartier generale”, ha continuato il portavoce, “è stato utilizzato dai terroristi dell’organizzazione terroristica di Hamas per nascondersi e da lì hanno pianificato e promosso attacchi terroristici contro le forze dell’IDF e i cittadini dello Stato di Israele. Prima dell’attacco, sono state prese molte misure per ridurre le possibilità di danneggiare i civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione, equipaggiamento visivo e informazioni di intelligence”.

Poco dopo questo annuncio, sono circolate in tutto il mondo immagini scioccanti della scuola di Al-Taba’een, che mostravano mucchi di carne smembrata e parti del corpo rimosse in sacchetti di plastica. Le immagini erano accompagnate da resoconti secondo cui circa 100 palestinesi erano stati uccisi nell’attacco israeliano, con molti altri ricoverati in ospedale. La maggior parte delle vittime si trovava nel mezzo del fajr, o preghiera dell’alba, in uno spazio designato all’interno del complesso scolastico.

Nelle ore e nei giorni successivi, come previsto, si è sviluppata una guerra di narrazioni sul numero di vittime civili. Il portavoce dell’IDF ha pubblicato le foto e i nomi di 19 palestinesi che, a suo dire, erano “operativi” di Hamas o della Jihad islamica uccisi nell’attacco; a molti è stata data l’etichetta senza specificare la loro presunta posizione o grado.

Hamas ha negato le accuse. Anche l’Euro-Med Human Rights Monitor ha contestato le informazioni dell’esercito israeliano: la ONG ha scoperto che alcune delle persone sulla lista dell’esercito erano state in effetti uccise in precedenti attacchi a Gaza, che altri non avevano mai sostenuto Hamas e che alcuni si erano persino opposti al gruppo. L’esercito ha poi pubblicato un elenco aggiuntivo di altri 13 palestinesi che, secondo quanto sostiene, erano operativi uccisi nel bombardamento.

Mentre solo un’indagine indipendente potrebbe determinare in modo definitivo l’identità di tutte le vittime dell’attacco, la dichiarazione iniziale del portavoce dell’IDF è indicativa del drammatico cambiamento che la società israeliana ha subito per quanto riguarda la vita dei palestinesi a Gaza.

Protesta contro la detenzione di soldati di riserva israeliani sospettati di aver aggredito sessualmente un prigioniero palestinese, alla base militare di Beit Lid, 29 luglio 2024. (Chen Leopold/Flash90)

L’annuncio dell’IDF affermava esplicitamente che la scuola “serve come rifugio per i residenti di Gaza City”, il che significa che l’IDF sapeva che i rifugiati erano fuggiti lì per paura dei bombardamenti dell’esercito stesso. La dichiarazione non affermava che ci fossero stati attacchi con armi da fuoco o missili dalla scuola, ma che “i terroristi di Hamas … hanno pianificato e promosso … atti terroristici” da essa. Né affermava che i civili che si erano rifugiati nella scuola avevano ricevuto alcun avvertimento, solo che l’esercito aveva usato “armi di precisione” e “intelligence”. In altre parole, l’esercito ha bombardato un rifugio popolato sapendo benissimo le ripercussioni mortali che il suo assalto avrebbe inflitto.

Come se affamare milioni di persone fosse un hobby

Non dovrebbe sorprendere che i media israeliani abbiano appoggiato le affermazioni del portavoce dell’IDF. Quando si tratta dei clamorosi fallimenti della sicurezza che hanno portato al 7 ottobre, ai media israeliani, e in particolare ai media di destra, è concesso di essere critici e scettici nei confronti dell’esercito. Ma quando si tratta di uccidere palestinesi, tale scetticismo viene gettato dalla finestra: a Gaza, l’esercito ha sempre ragione.

“In guerra, le scuole sono off limits”, ha scritto il Prof. Yuli Tamir, ex ministro dell’istruzione israeliano, su Haaretz. “Non c’è un singolo comandante che dirà: ‘Basta così’?” La risposta è un sonoro no. Ogni guerra comporta un certo livello di disumanizzazione del nemico. Ma sembra che nell’attuale guerra a Gaza, la disumanizzazione dei palestinesi sia quasi assoluta.

Dopo ogni guerra degli ultimi decenni in cui gli israeliani hanno combattuto, ci sono state pubbliche manifestazioni di rimorso. Questo è stato spesso criticato come una mentalità di “sparare e piangere” – ma almeno i soldati piangevano.

Dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, fu pubblicato il libro di enorme successo “The Seventh Day: Soldiers’ Talk about the Six-Day War”, contenente testimonianze di soldati che cercavano di confrontarsi con i dilemmi morali che avevano affrontato durante i combattimenti. Dopo i massacri di Sabra e Shatila nel 1982, centinaia di migliaia di israeliani – tra cui molti che avevano prestato servizio nella guerra del Libano – scesero in piazza per protestare contro i crimini dell’esercito.

Durante la prima Intifada, molti soldati parlarono degli abusi sui palestinesi. La seconda Intifada diede origine alla ONG Breaking the Silence. Il discorso morale sull’occupazione potrebbe essere stato ristretto e ipocrita, ma esisteva.

Non questa volta. L’esercito israeliano ha ucciso almeno 40.000 palestinesi a Gaza, circa il due percento della popolazione della Striscia. Ha causato il caos totale, distruggendo sistematicamente quartieri residenziali, scuole, ospedali e università. Centinaia di migliaia di soldati israeliani hanno combattuto a Gaza negli ultimi 10 mesi, eppure il dibattito morale è quasi inesistente. Il numero di soldati che hanno parlato dei loro crimini o difficoltà morali con seria riflessione o rammarico, anche in forma anonima, può essere contato sulle dita di una mano.

Paradossalmente, la distruzione insensata e gratuita che l’esercito sta scatenando a Gaza può essere vista dalle centinaia di video che i soldati israeliani hanno filmato e inviato ad amici, familiari o partner per orgoglio delle loro azioni. È dalle loro registrazioni che abbiamo visto le truppe far saltare in aria le università di Gaza, sparare a caso alle case e distruggere un impianto idrico a Rafah, per citare solo alcuni esempi.

Il generale di brigata Dan Goldfuss, comandante della 98a divisione, la cui lunga intervista nell’occasione del suo pensionamento è stata presentata come un esempio di comandante che sostiene i valori democratici, ha detto: “Non mi dispiace per il nemico… non mi vedrete sul campo di battaglia provare pena per il nemico. O lo uccido o lo catturo”. Non è stata detta una parola sulle migliaia di civili palestinesi uccisi dal fuoco dell’esercito o sui dilemmi che hanno accompagnato tale massacro.

Allo stesso modo, il tenente colonnello A., comandante del 200° squadrone che gestisce la flotta di droni dell’aeronautica militare israeliana, ha rilasciato un’intervista a Ynet all’inizio di questo mese, in cui ha affermato che la sua unità aveva ucciso “6.000 terroristi” durante la guerra. Quando gli è stato chiesto, nel contesto dell’operazione di salvataggio per liberare quattro ostaggi israeliani a giugno, che ha portato all’uccisione di oltre 270 palestinesi, “Come si identifica chi è un terrorista?”, ha risposto: “Abbiamo attaccato sul ciglio della strada per allontanare i civili e chiunque non fosse fuggito, anche se era disarmato, per quanto ci riguardava, era un terrorista. Tutti quelli che abbiamo ucciso dovevano essere uccisi”.

Questa disumanizzazione ha raggiunto nuovi vertici nelle ultime settimane con il dibattito sulla legittimità dello stupro dei prigionieri palestinesi. In un dibattito sulla rete televisiva mainstream Channel 12, Yehuda Shlezinger, un “commentatore” del quotidiano di destra Israel Hayom, ha chiesto di istituzionalizzare lo stupro dei prigionieri come parte della pratica militare. Almeno tre membri della Knesset del partito al governo Likud hanno sostenuto che ai soldati israeliani dovrebbe essere consentito di fare qualsiasi cosa, incluso lo stupro.

Ma il trofeo più grande va al ministro delle Finanze e vice del ministero della Difesa di Israele, Bezalel Smotrich. Il mondo “non ci lascerà causare la morte di fame di 2 milioni di civili, anche se potrebbe essere giustificato e morale, finché i nostri ostaggi non saranno restituiti”, si è lamentato in una conferenza di Israel Hayom all’inizio di questo mese.

Le osservazioni sono state duramente condannate in tutto il mondo, ma in Israele sono state accolte con indifferenza, come se far morire di fame milioni di persone fosse solo un banale passatempo. Se i semi della disumanizzazione non fossero già stati piantati e ampiamente legittimati, Smotrich non avrebbe osato dire una cosa del genere pubblicamente. Dopotutto, vede con quanta prontezza il governo e l’esercito israeliani hanno effettivamente abbracciato il suo “Piano decisivo” a Gaza.

“Finché uccidiamo, loro meritano di morire”

Quando parliamo della corruzione morale che l’occupazione porta con sé, spesso ricordiamo le parole del Prof. Yeshayahu Leibowitz. Nell’aprile del 1968, non ancora un anno dopo l’inizio dell’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, scrisse: “Lo stato che governa una popolazione ostile di 1,4-2 milioni di stranieri diventerà necessariamente uno stato Shin Bet, con tutto ciò che ciò implica per lo spirito di istruzione, la libertà di parola e di pensiero e la governance democratica. La corruzione che è caratteristica di tutti i regimi coloniali infetterà anche lo Stato di Israele”.

Quando consideriamo l’abisso morale in cui si trova ora la società israeliana, è difficile non attribuire capacità profetiche a Leibowitz. Ma un esame attento delle sue parole rivela un quadro più complesso. Si potrebbe sostenere che l’Israele del 1968 era ancora meno democratico di oggi. Era uno stato monopartitico governato dal Mapai (l’antecedente dell’attuale partito laburista), che escludeva non solo i suoi cittadini palestinesi, che erano emersi solo due anni prima dal governo militare israeliano, ma anche gli ebrei mizrahi dei paesi arabi e musulmani, e teneva all’angolo gli ebrei religiosi e ultra-ortodossi.

I media israeliani non hanno criticato molto il governo e i libri di testo scolastici da cui ho imparato negli anni ’60 e ’70 non erano particolarmente progressisti. All’interno della Linea Verde, Israele è molto più liberale oggi di quanto non lo fosse nel 1968. Le donne ricoprono sempre più posizioni di potere, per non parlare delle persone LGBTQ+, la cui stessa esistenza era un crimine. Economicamente, Israele è un paese molto più libero rispetto all’economia statalista centralizzata degli anni ’60 (e le disuguaglianze sono aumentate di conseguenza) e il paese è molto più connesso al resto del mondo. Si potrebbe sostenere che questa non è una contraddizione, ma piuttosto processi complementari.

L’occupazione non ha solo arricchito Israele (le esportazioni di difesa hanno raggiunto un record di 13 miliardi di dollari nel 2023, ad esempio), ma lo ha aiutato a mantenere due sistemi di governo paralleli: colonialismo e apartheid nei territori occupati e democrazia liberale per gli ebrei all’interno della Linea Verde, e forse anche due sistemi morali paralleli. La discrepanza tra l’espansione dei diritti dei cittadini israeliani e la cancellazione dei diritti dei sudditi palestinesi è diventata una parte inseparabile dello stato. “Villa nella giungla” non è solo un termine pittoresco; descrive l’essenza del regime israeliano.

L’attuale governo fascista ha sconvolto quello che un tempo era un equilibrio più delicato. Trasformando il “liberalismo” in un nemico, politici come Yariv Levin, Simcha Rothman e i loro soci stanno cercando di abbattere la barriera tra i mondi paralleli attraverso il loro colpo di stato giudiziario. Le posizioni di alto livello assegnate a razzisti e fascisti come Smotrich e Itamar Ben Gvir hanno contribuito a questo processo.

Di fronte alle atrocità inflitte da Hamas il 7 ottobre, il discorso di questi fascisti israeliani rimane la voce principale nel discorso pubblico, poiché il presunto Israele liberale, che ha ignorato l’occupazione per anni, non ha saputo collocare la violenza di Hamas in un contesto più ampio di oppressione strutturale e apartheid. È così che siamo arrivati ​​al punto in cui, nella società israeliana dominante, non c’è una vera opposizione alla totale disumanizzazione dei palestinesi.

La macchina per uccidere israeliana non sa come fermarsi, hanno scritto Orly Noy di +972 e Local Call su Facebook dopo il bombardamento della scuola di Al-Taba’een, perché agisce per inerzia e tautologia. “Sta agendo per inerzia perché fermarla costringerebbe Israele a interiorizzare ciò che ha causato, quale atrocità su scala storica è registrata nel suo nome… Ed è qui che entra in gioco la logica tautologica: finché uccidiamo, è ovvio che loro meritano ancora di morire”. Proprio come ha detto il comandante del 200° Squadrone qualche giorno dopo.

FOTO Soldati israeliani del Battaglione 8717 della Brigata Givati ​​in azione a Beit Lahia, nella Striscia di Gaza settentrionale, 28 dicembre 2023. (Yonatan Sindel/Flash90)

“Mi annoio, quindi sparo”: l’approvazione da parte dell’esercito israeliano della violenza gratuita a Gaza

Tuttavia, all’interno della Linea Verde c’è ancora una società civile e un campo liberale che detiene un potere considerevole, come si vede dalle manifestazioni settimanali contro il governo. La domanda è cosa succederà se si raggiungerà un cessate il fuoco e la “macchina di sterminio” israeliana sarà costretta a fermarsi. Parti della società israeliana si renderanno conto che la violenza sfrenata che Israele ha scatenato dal 7 ottobre, e le forze di disumanizzazione che la guidano, minacciano l’esistenza stessa dello Stato?

“Il silenzio è miserabile”, scrisse Ze’ev Jabotinsky nella poesia che divenne l’inno del movimento sionista revisionista Beitar, il capostipite del Likud. Il fatto che Netanyahu e i suoi soci vogliano il rumore di una guerra costante è chiaro. La domanda è perché il campo liberale stia zitto.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org

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giovedì 29 agosto 2024

I media occidentali possono essere ritenuti giuridicamente responsabili per il loro ruolo nel Genocidio di Gaza - Craig Mokhiber

 

“Il potere dei media di creare e distruggere valori umani fondamentali comporta una grande responsabilità. Coloro che controllano tali media sono responsabili delle loro conseguenze”.

Le aziende mediatiche occidentali si sono rese parte del Meccanismo del Genocidio in Palestina e ci sono precedenti storici per ritenerle responsabili.


La spietatezza della Macchina del Genocidio israeliana in Palestina e la complicità diretta degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altri governi occidentali sono due pilastri fondamentali degli orrori perpetrati contro il popolo palestinese e degli attacchi ai difensori dei diritti umani in tutto il mondo.

Ma c’è un terzo pilastro essenziale: il ruolo delle aziende mediatiche occidentali complici che diffondono consapevolmente disinformazione e propaganda israeliane, giustificando Crimini di Guerra e Crimini contro l’Umanità, Disumanizzando i palestinesi e oscurando le informazioni sul Genocidio in Occidente. Dal punto di vista del Diritto Internazionale dei Diritti Umani, tali azioni potrebbero e dovrebbero essere soggette a sanzioni. E ci sono precedenti storici.

Settantasei anni fa, quando i delegati si riunirono alle Nazioni Unite appena costituite per redigere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’importanza di proteggere la libertà di espressione era al centro dell’attenzione. Avrebbero dichiarato che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione; questo diritto include la libertà di avere opinioni senza interferenze e di cercare, ricevere e impartire informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo e anche al di là dei confini nazionali”.

Ma, sulla scia di mezzo secolo di orribili atrocità, causate in gran parte dalla Disumanizzazione di milioni di persone sulla base della loro razza, etnia, religione o altro status, erano fin troppo consapevoli che la parola poteva anche essere usata come un’arma potente per distruggere i diritti degli altri, incluso il diritto alla vita stessa. Quindi, nello stesso documento, l’ONU ha chiarito che la libertà di espressione non garantisce alle aziende mediatiche o a chiunque altro il diritto “di impegnarsi in qualsiasi attività o di compiere qualsiasi atto mirato alla distruzione di uno qualsiasi degli altri diritti e libertà”.

Allo stesso tempo, in un’altra sala delle Nazioni Unite, i delegati si sono riuniti per creare una nuova Convenzione sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio. Anche lì, i redattori erano consapevoli del pericolo di un linguaggio che disumanizza e incita. La Convenzione finale avrebbe criminalizzato non solo il Genocidio, ma anche l’Incitamento al Genocidio e la Complicità nel Genocidio, divieti che si applicano non solo agli Stati ma anche agli attori privati.

I redattori di entrambi gli strumenti erano a conoscenza della condanna del Tribunale di Norimberga, appena due anni prima, dell’editore Julius Streicher per incitamento e “persecuzione per motivi politici e razziali”. La Corte ha rilevato che la pubblicazione mediatica di Streicher, Der Sturmer, continuava a pubblicare articoli che includevano “incitamento all’Omicidio e allo Sterminio”, anche se era a conoscenza degli orrori perpetrati contro gli ebrei europei dalla Germania Nazista.

Cinquant’anni dopo, il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR) avrebbe condannato tre personalità dei media per il loro ruolo nell’Incitamento al Genocidio in Ruanda. Due lavoravano per la società televisiva e radiofonica Mille Collines e uno per il quotidiano Kangura. Tutti e tre sono stati giudicati colpevoli di Incitamento al Genocidio (tra gli altri crimini). Durante la sentenza, il giudice dell’ICTR Navi Pillay (ora Commissario della Commissione d’Inchiesta Internazionale delle Nazioni Unite sui Crimini di Israele) ha ammonito i colpevoli: “Eravate pienamente consapevoli del potere delle parole e avete utilizzato il mezzo di comunicazione con la più ampia portata pubblica per diffondere odio e violenza. Senza un’arma da fuoco, un machete o un’arma fisica, avete causato la morte di migliaia di civili innocenti”.

Der Sturmer sapeva cosa stava facendo. Mille Collines sapeva cosa stava facendo. E, oggi, CNN, Fox, BBC, il New York Times e il Wall Street Journal sanno cosa stanno facendo. Questo non significa che questi organi di stampa occidentali siano in ogni senso gli equivalenti moderni di Der Sturmer e Milles Collines (non lo sono). Ma, come questi esempi storici, hanno sconsideratamente oltrepassato i confini del giornalismo etico e, in alcuni casi, potrebbero ritrovarsi anche loro esposti legalmente.

Di fronte al primo Genocidio trasmesso in diretta della storia che si sta svolgendo sugli schermi di persone da Boston al Botswana, non è semplicemente credibile affermare che le aziende mediatiche occidentali non siano consapevoli delle realtà sul campo e di ciò che stanno facendo per oscurarle. Hanno indiscutibilmente fatto delle scelte consapevoli per nascondere il Genocidio al loro pubblico, per disumanizzare sistematicamente le vittime palestinesi e per isolare i responsabili israeliani dalla responsabilità.

Sulla scia delle conclusioni della Corte Mondiale secondo cui le accuse di Genocidio sono plausibili, del suo ordine di misure provvisorie, della richiesta del procuratore della Corte Penale Internazionale di mandati di arresto e dell’emissione di successivi rapporti schiaccianti sulla condotta di Israele da parte di meccanismi internazionali indipendenti per i diritti umani, anziché riferire in modo esaustivo su questi sviluppi, le aziende mediatiche occidentali hanno soppresso le informazioni su di essi e raddoppiato gli sforzi per coprire Israele.

Altrettanto importante, il pubblico di riferimento di queste aziende mediatiche non è limitato a spettatori non coinvolti. Include anche funzionari governativi occidentali e decisori politici direttamente complici del Genocidio, attraverso la fornitura di supporto militare, economico, di intelligence e diplomatico a Israele, così come il pubblico votante che consente questo supporto. E include un numero significativo di cittadini israeliani con doppia cittadinanza che vanno avanti e indietro per partecipare all’uccisione. Il nesso tra incitamento mediatico e azioni dannose è più diretto di quanto queste aziende mediatiche vorrebbero ammettere.

Infatti, se la vostra unica fonte di informazioni sono i principali media occidentali, potreste non avere idea che Israele è sotto processo per Genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia o che i leader israeliani sono oggetto di richieste di mandato di arresto per Crimini contro l’Umanità presso la Corte Penale Internazionale. È probabile che non abbiate mai sentito le numerose dichiarazioni di Intenti Genocidi da parte del Presidente israeliano, del Primo Ministro, dei ministri del governo e dei comandanti militari.

Probabilmente crederete ancora alle storie di bambini israeliani decapitati (da tempo dimostrato essere inventate) e non sarete a conoscenza dei molti bambini palestinesi che sono stati effettivamente decapitati. Quasi certamente non sarete a conoscenza dell’Uccisione Sistemica di civili palestinesi: bambini, neonati, donne, anziani, persone con disabilità e altri. Non sarete a conoscenza dei Campi di Tortura, dello Stupro Sistematico dei detenuti e dei cecchini israeliani che prendono di mira i bambini piccoli a Gaza. E potreste anche non sapere che Israele detiene ora il Primato Mondiale per l’Omicidio di giornalisti, operatori umanitari, funzionari delle Nazioni Unite e operatori sanitari.

Invece, la disinformazione e la propaganda israeliane palesemente false vengono regolarmente e acriticamente pubblicate sui media occidentali per giustificare Crimini di Guerra, Disumanizzare i palestinesi e distrarre l’opinione pubblica dalle atrocità quotidiane commesse nella Campagna di Sterminio di Israele. Le storie che riguardano il Genocidio vengono censurate. Le voci dei palestinesi e dei difensori dei diritti umani vengono soppresse.

Ai giornalisti viene ordinato di non menzionare “Territorio Occupato”, “Palestinesi” o “Campi Profughi”. Quelle vittime civili palestinesi che non vengono cancellate del tutto vengono ridotte a “Danni Collaterali” o “Scudi Umani” nella migliore delle ipotesi, o “Terroristi” nella peggiore. In Massacro dopo Massacro, i palestinesi nei titoli non vengono uccisi da Israele, semplicemente “muoiono”.

Nel regolamento dei media occidentali, non esiste Genocidio, solo una guerra di autodifesa. E la storia è iniziata il 7 ottobre. Manca qualsiasi copertura del contesto di 76 anni di Pulizia Etnica, Persecuzione, Prigionia di Massa, Gravi Violazioni dei Diritti Umani e Apartheid.

In sintesi, le aziende mediatiche occidentali si sono rese parte del Meccanismo del Genocidio in Palestina. In assenza di una vera responsabilità, questi attori influenti continueranno ad abusare del loro potere, calpestando così i diritti umani di chiunque si trovi dalla parte sbagliata della linea tra coloro che sono sostenuti da queste aziende e coloro che scelgono di Diffamare e Disumanizzare.

Naturalmente, i difensori dei diritti umani palestinesi in Occidente che si oppongono al Genocidio e all’Apartheid israeliani sanno meglio di chiunque altro quanto sia importante preservare il diritto alla libertà di parola. Nessun gruppo nella storia moderna ha dovuto affrontare più censura ufficiale e aziendale o ha visto il suo linguaggio più criminalizzato dai governi occidentali. Le restrizioni alla libertà di parola non vengono mai imposte a coloro che hanno più potere, ma prendono sempre di mira coloro che sono più disprezzati dal potere. Questo è il momento di rafforzare le protezioni della libertà di parola, non di eroderle.

Ma le garanzie di libertà di parola non proteggono l’Incitamento a Crimini di Guerra, Crimini contro l’Umanità e Genocidio. Tali atti possono e devono essere soggetti a responsabilità penale. Sia la diffamazione che l’incitamento possono anche comportare responsabilità nei tribunali civili. L’azione nei tribunali internazionali per i Crimini contro l’Umanità e il Genocidio di Israele in Palestina è già iniziata, e sicuramente ne seguiranno altre. Non è inconcepibile che, proprio come nei casi dei tribunali di Norimberga e del Ruanda, alcune società di media o individui potrebbero affrontare una reale responsabilità legale nei mesi e negli anni a venire.

Indipendentemente da ciò che accade nelle aule di giustizia, è certo che questi organi di informazione alla fine saranno ritenuti responsabili nel tribunale dell’opinione pubblica. Per i difensori dei diritti umani e le persone ovunque a cui sta a cuore chiedere conto al potere, questo processo è urgente. E, in realtà, è già iniziato. L’ondata crescente di critiche pubbliche alla palese parzialità dimostrata dai media occidentali durante questo Genocidio ha costretto alcune aziende a iniziare ad adattare i loro resoconti, seppur di poco. Ciò dimostra che il cambiamento può avvenire se vengono mobilitati gli agenti del cambiamento. C’è forza nel parlare apertamente, nel sostenere i media indipendenti e nel boicottaggio. Come primo passo, tutti coloro che hanno a cuore la questione dovrebbero annullare l’iscrizione a questi canali, sia cartacei che radiotelevisivi, passare a fonti di media indipendenti e incoraggiare gli altri a fare lo stesso.

Per citare di nuovo il giudice Pillay nella sentenza sul Ruanda: “Il potere dei media di creare e distruggere valori umani fondamentali comporta una grande responsabilità. Coloro che controllano tali media sono responsabili delle loro conseguenze”. Il compito di garantire tale responsabilità ricade, in ultima analisi, su tutti noi.

Craig Mokhiber è un avvocato internazionale per i diritti umani ed ex alto funzionario delle Nazioni Unite. Ha lasciato l’ONU nell’ottobre del 2023, scrivendo una lettera pubblica che metteva in guardia dal Genocidio a Gaza, criticava la risposta internazionale e chiedeva un nuovo approccio alla Palestina e a Israele basato sull’uguaglianza, sui diritti umani e sul Diritto Internazionale.

Traduzione di Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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mercoledì 28 agosto 2024

Gaza, l’Ucraina e lobby finanziarie - Fabio Marcelli

 

Il genocidio in corso a Gaza e le stragi in Ucraina hanno forti connessioni con le strategie delle lobby finanziarie che non smettono mai di avere obiettivi diversi da quello dell’accumulazione del proprio capitale. Oggi si dirigono prevalentemente verso il commercio delle armi ma anche verso settori di impatto fondamentale come l’energia, i medicinali, gli alimenti e le comunicazioni

 

Apparentemente l’Occidente, nella fase finale del suo incontenibile declino, è vittima delle sue schegge impazzite, i due Frankenstein pazzi furiosi che ha armato e continua ad armare fino ai denti e che ogni giorno che passa, anche per salvaguardare i propri tristissimi destini personali, spingono un po’ più il pianeta verso l’abisso della guerra globale necessariamente combattuta colle testate nucleari.

Mi riferisco ovviamente al criminale genocida Benjamin Netanyahu che fa ogni giorno centinaia di vittime civili, soprattutto bambini, allontanando ogni prospettiva di pace, perché come ben sanno lui e i suoi compari più o meno fascisti al governo di Israele, la vera pace stabile e giusta può basarsi solo sul ritiro delle truppe di occupazione dai Territori palestinesi di Gaza e della Cisgiordania. Inquietano certe chat sioniste in cui si discetta allegramente sulla possibilità di liquidare ì palestinesi e i loro amici anche sul territorio italiano senza considerare le aggressioni già avvenute, come quella su danni di Chef Rubio. Tutto ciò nell’apparente inerzia di polizia e magistratura che è chiaramente inaccettabile.

L’altra mosca cocchiera che, come un virus malefico, sembrerebbe aver preso il controllo dei gangli nervosi dell’Occidente, risponde invece al nome di Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino che sta giocando a poker col futuro dell’umanità e che ha scatenato la folle e suicida offensiva contro Kursk, nel chiaro intento, come rivelato dal Washington Post, di bloccare la ripresa dei negoziati di pace, dato che anche in questo caso l’unica pace possibile e giusta è quella basata sul riconoscimento degli interessi di sicurezza della Russia, che comportano la neutralità permanente dell’Ucraina e del diritto all’autodeterminazione dei popoli del Donbass e della Crimea.

Occorre tuttavia constatare come la resistibile ascesa di queste schegge impazzite è chiaramente connessa a quella di forze ben più potenti e significative che stanno affiorando dal ventre putrido dell’Occidente. Si tratta delle lobby finanziarie che non hanno mai avuto di mira obiettivi diversi da quello dell’accumulazione del proprio capitale che, in perfetta coerenza colle previsioni scientifiche formulate oltre centocinquanta anni fa da Karl Marx, perseguono in tutti i modi e ad ogni costo, fosse pure quello della fine miseranda del pianeta e dell’umanità. La finanza, in quanto capitale allo stato puro, consiste in una massa enorme di ricchezza sganciata da ogni collocazione precisa e concreta, e alla costante ricerca del migliore impiego possibile in termini di redditività. Oggi si dirige prevalentemente verso le armi che costituiscono una fonte sicura di profitto e garantiscono redditi crescenti almeno finché verranno alimentate le guerre da ceti politici del tutto asserviti alla finanza stessa. Ma anche verso settori di impatto strategico come l’energia, i medicinali, gli alimenti, le comunicazioni.

E qui è il caso di introdurre un terzo apocalittico personaggio, che risponde al nome di Elon Musk, e che, approfittando delle sue immense risorse, ha deciso di scatenare una nuova offensiva neoliberista estrema contro gli Stati in quanto tali. Questo signore è stato la punta di lancia dell’offensiva contro il popolo venezolano e Nicolas Maduro, come denuncia il presidente stesso, dato che in Venezuela si trovano le principali risorse petrolifere del pianeta. Ma Musk non ha disdegnato nemmeno di attaccare un leader moderato e profondamente insoddisfacente per gli interessi popolari come il laburista inglese Keith Starmer, fomentando l’ignobile campagna d’odio della destra razzista che ha approfittato dell’uccisione di tre bambine da parte di uno squilibrato per attaccare i migranti in tutta la Gran Bretagna. Infine il miliardario è strategicamente ostile alla Cina che, grazie alla superiorità del suo sistema economico, politico e sociale, sta minando le sue posizioni nel settore dell’automotive elettrico.

Oggi Musk è abbastanza furbo e spregiudicato da fare l’occhietto a Putin ma si candida a leader mondiale della destra feroce dei Trump, dei Milei, dei Bolsonaro e sicuramente si incontrerà colle schegge impazzite dei cui sopra in in comune sforzo distruttivo, unica possibilità di esistenza per un Occidente che non ha più nulla da offrire alla civiltà. La parola d’ordine di costoro è la distruzione di ogni spazio pubblico come pure il ricorso allo strumento bellico come fattore decisivo per opporre il dominio brutale all’egemonia che stanno perdendo. E per contrastare questa destra feroce non serviranno a nulla certe caricature della sinistra che non perdono occasione per confermarsi ciecamente subalterne al capitale.

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Il veleno dell’etica della contorsione - Alberto Bradanini

1. Invereconde devono qualificarsi le contorsioni logiche, ancor prima che etiche, con cui i venditori di morte del Regno del Bene e della Democrazia (venduta alla plebe semicolta come Potere del Popolo) tentano di giustificare le atrocità di cui si macchiano la coscienza. L’onestà intellettuale è merce rara nel mondo distopico che ci circonda, mentre è chiaro come il sole che tutto ciò che ascoltiamo o leggiamo sul palcoscenico mainstream (ma proprio tutto!) impedisce ogni ipotetico avvicinamento del corso della verità a quello della realtà. Non è dunque tempo perduto tornare a riflettere su tutto ciò, tanto più che, secondo i saggi del passato, repetita iuvant.

Solo una mente educata – affermava Aristotele – è in grado di comprendere un pensiero diverso dal suo senza la necessità di accettarlo. La Macchina occidentale della Menzogna è ormai un mostro dalle mille teste, costruisce notizie su misura come i sarti di un tempo, impedisce di dar senso agli eventi e sopprime ogni sussulto di quell’educazione critica che Aristotele suggeriva quale intreccio ideale di garbo, ascolto e crescita intellettuale.

Il potere generatore di spazzatura dell’impero malato infesta il nostro vivere come uno sciame di mosche in una latrina, servendosi di uno stuolo di maggiordomi – comodamente reperibili, purtroppo, sul palcoscenico politico/burocratico, mediatico e accademico – che in cambio di onori, carriere e denari, ha il compito di divertire le plebi inebetite da consumismo e mercificazione, o dall’angoscia di soccombere in una società spietata, mentre la spazzatura mediatica sfida persino la legge di gravità.

Se interporre una distanza siderale tra noi e tutto ciò non risolve il problema, ça va sans dire, consente però di tener in vita gli eterni ideali che danno senso all’esistenza, di infastidire insieme la coscienza dell’oppressore e la sonnolenza di qualche suddito, oltre che (e non è poco!) di non passare per imbecilli. A proposito di imbecillità, le tipologie sono molteplici, alcune individuali o per così dire spontanee, altre socialmente strutturate da un potere persuaso di nasconderne il profilo in labirinti impenetrabili, che tali però non sono.

Ora, pur esprimendo profonda esecrazione nei riguardi degli scrivani di giornali e dei pronunciatori televisivi di pensieri fabbricati e sconclusionati, nutriamo però nei loro riguardi un’umana comprensione, essendo essi in maggioranza precari, una condizione che invece non vivono le altre categorie di camerieri, pur essendo tutti altamente nocivi e antisociali. Il tallone del potere sarebbe comunque meno pesante se non potesse contare sui servigi di costoro, i quali – fatte salve le immancabili, ininfluenti eccezioni – devono considerarsi appartenenti a una stirpe espunta di ogni umana empatia, priva di morale personale ed etica collettiva.

D’altro canto, poiché lungo e penoso resta il processo di acquisizione della consapevolezza, le presenti riflessioni devono accogliersi con indulgenza da parte di chi dispone di poco tempo per vincere la quotidiana battaglia contro la menzogna, disponendo di strumenti insufficienti o dovendo riservare al lavoro le proprie energie.

2. Per svelare qualche interrogativo di uno scenario intricato, occorre chiarezza, terreno arduo, beninteso. Tuttavia, l’aggregazione delle componenti del prisma che abbiamo di fronte aiuta a riconoscere i nemici principali del nostro vivere civile: essi sono, sul piano economico un insaziabile neoliberismo, globalista e bellicista, su quello dei valori la mercificazione della società, sul piano politico il sistema democratico tutt’altro che democratico, su quello filosofico il nichilismo narcisista, sul piano sociale il dominio di una plutocrazia priva di limiti e su quello geopolitico l’impero più militarizzato che la storia abbia registrato, gli Stati Uniti d’America, un paese che minaccia la sopravvivenza del genere umano. Malauguratamente, i pochi che nella nostra società si battono contro tali patologie sono divisi, talora prede di impulsi solipsistici o dissociazioni insensate. Un errore fatale.

Quando si riflette su disgrazie e turbolenze della scena internazionale è pratica diffusa occultare il nome di chi le ha generate, gli Stati Uniti, e non per disattenzione o scarsa memoria, ma per corruzione, morale o materiale. Va detto e ripetuto che con Stati Uniti non intendiamo il popolo americano, quei 335 milioni di abitanti anch’essi spremuti e sottomessi, ma quello 0,1% che come una piovra proietta ovunque la sua ombra vorace. Le 800 basi militari in 145 paesi al mondo sono notoriamente incaricate di aiutare le anziane signore ad attraversare la strada o, en passant, proteggere la sicurezza americana a 10 mila chilometri di distanza: un abisso di falsità che la metà basta a ubriacare la mente. Solo un’incomprensibile cecità da parte della società e della classe una volta dirigente dell’Europa, da tempo umiliata e devitalizzata dalla propaganda dominante, impedisce di prendere atto di tale metastasi.

La buonanima di H. Kissinger – uno dei maggiori organizzatori di colpi di stato che la storia ricordi – affermava con tono canzonatorio che “essere nemico degli Stati Uniti è pericoloso, ma esserne amici è fatale”. Passato egli a miglior vita, e soprattutto alla luce dei profondi cambiamenti in corso sulla scena planetaria, l’ora sembrerebbe giunta per sfidare tale indecente canzonatura, prendendo distanza dall’impero e verificando l’attendibilità della minaccia occulta del caro estinto. W. Churchill, non K. Marx, affermava che non sono i nemici che dobbiamo temere. Essi sono davanti a noi e li guardiamo in faccia, ma i falsi amici, di solito alle nostre spalle e con un pugnale in mano.

Davanti al pericolo di essere annientati in conflitti pianificati da un impero in decomposizione, un paese suddito ed esposto alla rappresaglia come l’Italia (accantoniamo gli altri europei) godrebbe di una preziosa occasione per recuperare qualche spazio di autonomia, stracciare i patti segreti impostici nel 1943/45 (un secolo fa!), cacciare le truppe imperiali dal nostro territorio, che vestano insegne Nato o statunitensi fa poca differenza (nessuno ci minaccia!), aggiornare la nozione di atlantismo/europeismo, divenuti dogmi religiosi sui quali ogni riflessione è giudicata un crimine e interrompere il declino del Paese, che così tornerebbe gradualmente ad essere la Regina di quel Mare che un tempo chiamavamo Nostrum. A questo punto, il lettore è cortesemente invitato a trattenere il riso o lo scherno. Sognare, tuttavia, resta uno dei privilegi della scrittura.

3. Tornando al punto, deve ritenersi colpa grave assistere senza far nulla alla demolizione delle nostre culture da parte di un impero onnivoro, per di più eticamente e politicamente analfabeta. I pochi amerindi sopravvissuti ai massacri conoscono bene l’esito salvifico delle pratiche assimilatorie di quella grande democrazia – che per indolenza chiamiamo America (ci perdonino i nobili abitanti di quel grande Continente!). A fronte di un processo demolitorio valoriale, sociologico, antropologico e finanche linguistico che minaccia tutti i paesi del globo, in primis i vassalli europei, facili prede ormai di una spirale autodistruttiva, sarebbe un dovere storico erigere idonee barricate, se ve ne fosse la coscienza, aggiungerebbe qualcuno, ed avrebbe ragione.

La propensione americanista alla fagocitazione politico-militare ed economico-culturale (di cui l’uso e l’abuso della lingua inglese è una goffa evidenza) costituisce una patologia che potrà essere curata solo con una palingenesi della società statunitense di cui però non si scorge l’ombra, oppure con l’emergere sulla scena internazionale di un bilanciamento politico-economico e militare che tenga a freno le feroci oligarchie americaniste, sperando che nel frattempo non si scateni l’inferno.

Costituisce, in proposito, una scandalosa empietà che gli stermini vendicativi – quelli lontani nel tempo, di Hiroshima e Nagasaki, e poi Tokyo, Dresda, Amburgo, Monaco e via bombardando, e quelli recenti in Vietnam, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Serbia etc. – che nell’insieme hanno causato 25/30 milioni di vittime – tramite conflitti, rivolte guidate, omicidi mirati, massacri etici, devastazioni, colpi di stato tentati e/o riusciti[1] etc. – non siano percepiti nella loro compiutezza.

Dare il giusto nome agli eventi, come suggeriva Confucio già 25 secoli orsono, è una necessità che consente agli uomini di evitare l’equivoco e poter comunicare con miglior precisione, semplificando talora, ma con il vantaggio di un chiaro posizionamento. La finta dialettica quadriennale che seleziona l’inquilino a tempo della Casa Bianca mira invero a divertire una plebe televisivamente frastornata, come se l’esito di tale frastuono elettorale potesse fare differenza, mentre il reale obiettivo è la tutela/ampliamento dei privilegi di chi siede in cima alla piramide.

Una potente propaganda negazionista impedisce di rievocare le efferatezze commesse nel tempo dai vari governi americani, affinché – non sia mai! – dopo aver chiesto perdono alla storia, ne facciano tesoro per l’avvenire, perpetuando la difesa della potestà auto-attribuitasi di rilasciare certificati universali di rispetto o meno dei diritti umani, nella versione americanista beninteso, vale a dire forma (libertà civili), ma non sostanza (libertà dai bisogni).

4. Tali riflessioni puntano a catturare la ragione per la quale le società del Regno del Bene hanno creato una mistica interpretativa di due guerre la cui escalation scatenerebbe l’apocalisse, guerre nutrite dal complesso militare/industriale Usa.

In Palestina, lo scenario è chiaro persino alle pietre dell’antica Giudea, ma il lavaggio cerebrale impedisce ai sudditi delle democrazie occidentali di dare nome a quanto avviene. Dopo aver gettato uno sguardo distratto sulla martoriata terra di Gaza i maggiordomi mediatici si strappano le vesti sul lessico da usare: quel che fa Israele non può essere qualificato genocidio, come se chiamarlo massacri, omicidi di massa, bombardamenti indiscriminati o altro facesse per i palestinesi qualche differenza. Che vergogna! Israele si colloca ormai fuori dalla civiltà contemporanea, giuridica e di valori, e come tale andrebbe trattato. Uno stato terrorista, che giustifica persino lo stupro di prigionieri palestinesi – che il 46% degli israeliani reputa legittimo, mentre il 67 % pensa che il governo stia facendo troppo poco contro i palestinesi, come se non bastassero le bombe su scuole e ospedali (quei pochi rimasti), e su esseri umani, donne e bimbini, inermi e incolpevoli – meriterebbe l’ostracismo da parte della comunità delle nazioni. Fa meraviglia che ciò non sia ancora avvenuto.

E qualche serio interrogativo valoriale dovrebbe porsi in una popolazione addormentata se: a) il ministro della Guerra, Yoan Gallant, afferma che i palestinesi sono animali[2]); b) il Congresso degli Usa riserva 58 standing ovations (appalusi a scena aperta) al capo di un governo terrorista, Benjamin Netanyahu, che ad attenderlo avrebbe dovuto trovare l’FBI e non un invito a parlare al Congresso, a riprova della forza delle lobby pro-Israele; c) se il megafono mediatico chiama uno stato apartheid la sola democrazia del Medio Oriente; d) se i costanti bombardamenti israeliani a Gaza, in Libano e in Siria (due stati sovrani) vengono chiamati operazioni militari preventive; e) se si accetta come normale che le bombe sioniste abbiamo ucciso 40.000 persone, un numero quaranta volte quello delle vittime di Hamas del 7 ottobre scorso, molte delle quali poi uccise dal fuoco amico (cui devono aggiungersi almeno 100.000 feriti, privi di una gamba, un braccio o un occhio): che poi il loro numero sarebbe invero ben maggiore secondo Lancet[3], che parla di 186.000  vittime, sepolte sotto le macerie o ignorate nel conteggio[4]; e) se le informazioni su palestinesi violentati, torturati, denudati, lasciati senza acqua e cibo meritano solo un flash mediatico; f) se s’ignora che tutti questi crimini commessi da Israele finirebbero d’incanto se gli Stati Uniti – la cui strategia è guidata dall’Aipac[5], che controlla la politica statunitense tramite soldi e carriere – cessassero di trasferire armi e risorse allo Stato ebraico. E molti altri “se” si potrebbero aggiungere!

La funzione sterminatrice di esseri umani incolpevoli che l’ideologia sionista si è auto-attribuita è parallela al patologico convincimento di appartenere al popolo eletto, quello scelto da dio, secondo le cosiddette sacre scritture, al quale sarebbe stato affidato un compito misterioso ma di massima importanza, rispetto ai popoli non-eletti. In realtà, nessuna mente normodotata è mai riuscita a comprendere la ragione per la quale quel dio avrebbe scelto proprio e solo il popolo ebraico, il quale del resto, alla luce delle sofferenze patite nei secoli, avrebbe difficoltà a definire quella scelta divina un privilegio di cui andar fieri. In fin dei conti, sia detto en passant, essere stati discriminati è stato per noi gentili un vero colpo di fortuna.

A questo punto, poiché il rischio di accuse gratuite è sempre in agguato, è bene precisare che le riflessioni che precedono nulla hanno a che vedere con l’antisemitismo, un termine che andrebbe sostituito – poiché anche gli arabi sono semiti, secondo le citate sacre scritture – con antigiudaismo o antiebraismo, a seconda che la l’accusa di discriminazione riguardi la religione o la razza. È invero scolpita nei nostri cuori l’indicibile sofferenza patita nei secoli dal popolo ebraico, in particolare nel XX secolo per mano dei nazisti tedeschi. Ciò che avviene in Palestina ha invero a che fare solo con le politiche sioniste dello stato di Israele, vale a dire un’ideologia efferata, che è lecito e doveroso combattere.

 5. Quanto alla guerra in Ucraina, anche i più ignari (ma non la macchina della cosiddetta Verità!) hanno forse compreso che il conflitto non è certo iniziato il 22 febbraio 2024, ma pianificato fin dal lontano 1991-92, al momento dell’implosione del comunismo sovietico, dai circoli imperialistici neoconservatori, noti al mondo con l’acronimo semplificato di neocon. Costoro appartengono a una potente cerchia di sociopatici – trasversale ai due partiti che si differenziano solo nel nome – che esercita un ferreo dominio tramite la finanza (Wall Street e City di Londra, tra loro intrecciate), il controllo sull’informazione (tranne la rete, per ora sfuggita di mano), lo stato permanente/profondo, beneficiario di un bilancio annuale di oltre 1000 miliardi di dollari (quello che la neo-lingua­­ orwelliana chiama Difesa, in realtà della Guerra, che genera il 60 % del Pil americano). Solo l’avvento di un evento imprevedibile, il cosiddetto cigno nero, potrebbe cambiare la scena.

In Ucraina, la Nato punta all’estensione della guerra, con il sangue, la distruzione di infrastrutture altrui e sul residuo benessere degli europei, che definire sprovveduti è un complimento, tutto ciò con il folle proposito di destrutturare una nazione che dispone di 6.000 testate nucleari, una follia! I benefici imperiali, invero – anche qui, repetita iuvant -, sono i seguenti: rifioritura della Nato (una pericolosa organizzazione incaricata di risolvere problemi che non sarebbero tali se essa non esistesse!), schiavizzazione economica e militare dell’Europa, vendita di armamenti made in Usa a beneficio di insaziabili superricchi, difesa del potere del dollaro (che auspichiamo in agonia) tramite sanzioni, minacce e conflitti perenni. Tutto ciò accompagnato dal racconto infantile di difendere la libertà: a questo punto, le nostre viscere cominciano a avvitarsi tra loro.

Secondo alcune analisi di politologi americani (J. Sachs, C. Hedges, H. Schlanger e altri) gli Stati Uniti potrebbero esser giunti al capolinea della loro storia imperiale, alle prese con drammatici problemi interni (infrastrutture in disfacimento, 100.000 vittime per droga ogni anno, il 25% dei detenuti del mondo, un sistema sanitario da terzo mondo, insicurezza diffusa e crescente, flussi immigratori incontrollabili, comunità ed etnie divise e discriminate, etc.) ed esterni (il gruppo Brics+ e la Sco stanno costruendo una concreta alternativa, finanziaria ed economica all’Occidente,

6. In attesa della formale apertura del prossimo teatro di crisi, in Estremo Oriente contro la Cina (che ha il torto di crescere senza il permesso dai padroni del mondo) – una crisi che coinciderà con il reingresso alla Casa Bianca del suo ex-inquilino, lo stesso che aveva nominato direttore della Cia M. Pompeo (“we lied, we cheated, we stole[6]), che aveva spostato l’Ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme (che per la Comunità Internazionale non è la capitale dello stato ebraico), riconosciuto la sovranità israeliana sulle Alture del Golan (che invece appartengono alla Siria) e la legittimità degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, che aveva promosso la stessa economia di guerre senza fine (endless wars[7]) dei suoi predecessori (Rep o Dem poco importa) – l’Occidente è costretto a immergersi nell’ipocrita competizione elettorale americana, dove gli oppositori non sono i Dem contro i Rep, o viceversa, ma i cittadini che credono ancora nel vivere civile e nella moderazione da una parte e quei due partiti insieme dall’altra.

Per concludere, alla luce di quanto illustrato, occorrerebbe riformulare gli scenari del containment ai quali per settant’anni o giù di lì la propaganda occidentale aveva dato una risposta univoca, accogliendo il dotto suggerimento del suo primo e massimo teorico, George Kennan, che indicava i modi per tenere sotto vigilanza il cosiddetto impero del male, l’Unione Sovietica. Oggi, le nazioni del mondo sono chiamate a definire una difficile, accorta e certo pericolosa strategia di containment non contro la Russia (erede dell’Unione Sovietica), la Cina o i paesi Brics, Sco e altri raggruppamenti, ma contro gli Stati Unti d’America. Si tratterebbe di un programma che vedrebbe aggregate le nazioni genuinamente interessate alla pace, alla sovranità, alla libertà e al futuro dei loro figli, attraverso la promozione dei valori umani essenziali, che implicano innanzitutto la possibilità di convivere nell’armonia della diversità, una nozione di straordinaria valenza, che i leader del mondo emergente comprendono e promuovono, diversamente da quelli del Regno del Bene.


[1] Il loro numero, semi-occultato dalle oligarchie mercenarie politico/mediatiche dell’Occidente vassallizzato dagli Usa, è reperibile con un pigro colpo di mouse, ad es. L. A. O’Rourke, Covert Regime Change: America’s Secret Cold War, Cornell University Press, 2018

[2] https://www.politico.eu/article/ron-prosor-israel-evoy-hamas-animals-must-be-destroyed/

[3] https://www.aljazeera.com/news/2024/7/8/gaza-toll-could-exceed-186000-lancet-study-says

[4] https://www.oxfam.org/en/press-releases/daily-death-rate-gaza-higher-any-other-major-21st-century-conflict-oxfam

[5] American Israeli pubblic affairs committee

[6] “Abbiamo mentito, abbiamo truffato, abbiamo rubato” https://www.dailymotion.com/video/x7e2tr9

[7] come rilevato persino dall’ex presidente J. Carter, in 250 anni di esistenza gli Usa sono vissuti in uno stato di pace per soli 16 anni: https://ifpnews.com/us-enjoyed-16-years-of-peace-in-its-242-year-history-carter/

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martedì 27 agosto 2024

«I crimini israeliani protetti dagli alleati occidentali»

 

Intervista di Michele Giorgio a Francesca Albanese, relatrice dell’Onu


Lavora al suo nuovo rapporto, che sarà pronto a ottobre, Francesca Albanese, esperta di diritto internazionale e relatrice dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Nel frattempo continua a commentare con post quotidiani sui social gli sviluppi a Gaza e in Cisgiordania. Con Albanese facciamo il punto della situazione mentre si avvicina il primo anniversario dell’attacco di Hamas nel sud di Israele (1.139 morti tra soldati e civili) e dell’inizio della devastante rappresaglia israeliana a Gaza che in 10 mesi ha fatto almeno 40mila morti, tra cui migliaia di bambini, e circa 100mila feriti tra i palestinesi. «La valutazione globale su quello che sta succedendo ai palestinesi sotto il controllo israeliano è di una gravità senza precedenti. Siamo dinanzi a un assalto contro una popolazione a ogni livello», ci dice Albanese.


FRANCESCA ALBANESE

Nelle carceri israeliane si torturano i palestinesi in modo sistematico. È sconvolgente l’inazione della comunità internazionale, in altri paesi siamo intervenuti per molto meno
Si riferisce anche della Cisgiordania?
Certo. A Gaza si bombarda senza sosta da 10 mesi, sono state ammazzate ormai 40mila persone, quasi 100mila sono state ferite, non si contano più gli orfani. I satelliti mostrano che Gaza non c’è più. Ci sono stati massacri dopo massacri, anche nelle scuole che sono l’ultimo punto di protezione dei civili palestinesi perché la maggior parte delle case sono state distrutte o sono stati dati ordini evacuazione. Non c’è nessun luogo dove gli esseri umani possano sentirsi al sicuro. Anche in Cisgiordania la situazione è gravissima. Dal 7 ottobre non c’è stato più alcun contenimento delle azioni (israeliane), al contrario c’è stato un accanimento contro le comunità palestinesi, soprattutto quelle pastorali, beduine. Una ventina di comunità rurali sono state sfollate.

Del suo rapporto farà parte il capitolo degli abusi e delle violenze subite dai prigionieri di Gaza nei centri di detenzione israeliani, in particolare a Sde Teiman?
Sì, si tratta di un dramma immenso. Nelle carceri israeliane si torturano i palestinesi in modo sistematico. Ci sono 10mila palestinesi imprigionati, la metà dei quali senza accusa e senza processo. È una cosa sconvolgente e altrettanto sconvolgente è l’inazione della comunità internazionale e dell’Europa dinanzi a questo sfacelo. In altri paesi siamo intervenuti per molto meno. Non è solo Sde Teiman. L’organizzazione israeliana B’Tselem parla di una rete di centri di tortura perché mancano all’appello migliaia di prigionieri palestinesi di Gaza che si sospetta siano detenuti in altri centri come Sde Teiman. Le condizioni di detenzione sono assolutamente disumane. Io stessa ho raccolto testimonianze di prigionieri che raccontano di essere stati picchiati, denudati, abusati sessualmente e derisi dal momento dell’arresto. Tenuti lunghe ore prima al freddo poi al caldo in gabbie all’aperto, coperti solo da un pannolino, con gli occhi perennemente bendati, stesi a terra e con l’ordine di non muoversi e non parlare. Hanno riferito anche della mancanza di cibo e cure mediche. Mi è rimasta impressa la testimonianza di un giornalista americano che parla dell’olezzo insopportabile di ferite non curate. Tra i prigionieri di Gaza, oltre a uomini e donne, sono presenti numerosi minori. Come dice B’Tselem non è questione solo di qualche elemento o di qualche centro detentivo. Sono stati coinvolti anche medici, tanti medici israeliani sono andati nei centri di detenzione. A diversi prigionieri sono state praticate amputazioni per la mancanza di circolazione del sangue negli arti per il tipo di strumenti usati per tenerli fermi. I palestinesi usciti vivi da questi centri sono irriconoscibili.

Ci sono anche denunce di violenze sessuali rivolte a soldati israeliani.
Palestinesi denunciano di essere stati penetrati con un estintore oppure con un bastone. È stato diffuso il video di un gruppo di soldati che abusano sessualmente di un prigioniero. Eppure, di fronte a ciò, gruppi di cittadini israeliani e perfino alcuni ministri e deputati si sono ribellati contro la polizia che voleva arrestare i soldati responsabili dello stupro. Questa è solo una fotografia ridotta di quello che sta succedendo nei centri di detenzione dove la maggior parte della gente è prigioniera solo perché è palestinese e non perché è affiliata ad Hamas.

Contro Israele e il suo premier Netanyahu e il ministro della difesa Gallant, sono stati avviati procedimenti per crimini di guerra e genocidio presso le due Corti internazionali dell’Aja. Anche tre leader di Hamas sono stato messi sotto accusa dalla Procura internazionale. Cosa prevede?
La Corte di giustizia internazionale (Cig) e la Corte penale internazionale (Cpi) quest’anno si sono interessate in tre istanze della situazione in Palestina. Si è appena concluso un procedimento importantissimo della Cig che ha decretato l’illegalità dell’occupazione israeliana nel territorio palestinese. Il procedimento alla Cig per genocidio a Gaza iniziato dal Sudafrica nei confronti di Israele prenderà sicuramente parecchio tempo. L’altro ha visto il procuratore Karim Khan chiedere alla Cpi di convalidare gli ordini di arresto per tre leader di Hamas, due dei quali sono stati uccisi da Israele, oltre che per Netanyahu e Gallant. Dopo le accuse rivolte ai leader israeliani si è alzata un’onda di resistenza da parte di alcuni paesi europei e occidentali. Il fatto che il passato governo britannico abbia sollevato un’eccezione di giurisdizione (poi ritirata dal nuovo governo laburista), ha aperto un calderone. Sono state presentate tantissime memorie che la Corte ora sta esaminando, tra cui quella della Germania che chiede di non investigare perché si comprometterebbero le possibilità di pace, anche se non è chiaro di quale pace si stia parlando. C’è uno schieramento occidentale a sostegno di Israele per permettergli di continuare a perpetrare i propri crimini. Quanto questo complicherà il corso della giustizia è difficile quantificarlo. La Corte non si pronuncerà sulla richiesta di arresti se prima non prenderà visione di tutte le memorie presentate, 64 per un totale di 640 pagine. Spero che questa cosa si risolva tra ottobre e dicembre, l’allungamento dei tempi favorisce l’impunità. Sarebbe ben diverso se ci fossero degli arresti e dei mandati di cattura.

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lunedì 26 agosto 2024

Dissociazione cognitiva di massa - Tiziano Tanari

 

Ci nascondono la verità, sempre


Il nostro tempo è caratterizzato da una complessità mai vissuta prima nella storia dell’umanità. Il mondo, e le sue infinite realtà, ci pervadono ogni giorno attraverso media e Internet, un flusso ininterrotto di notizie che ci coinvolgono direttamente o indirettamente e che devono, almeno in buona parte, essere decodificate e recepite nel modo più veritiero; solo questo ci può permettere di sviluppare una visione delle cose lucida e consapevole. E qui inizia il problema, forse il problema più grande; ormai è un dato di fatto incontestabile: l’informazione istituzionale, a tutti i livelli, è totalmente manipolata e funzionale ai poteri dominanti che, oggi più che mai, hanno una natura sovranazionale e obiettivi che nulla hanno a che vedere con l’interesse e la tutela dei Popoli. Stiamo, inoltre, assistendo a un incredibile e sfrontato aumento del livello di censura, soprattutto nei social e nei canali internet in genere, essendo questi ultimi l’unica alternativa alla squalificata e squalificante informazione mainstream.

Sorprende vedere come la massa accetti tutto questo senza nessun tipo di reazione né di sentita indignazione e in questo possiamo iniziare a intravedere  quello che in molti ritengono la grande anomalia del nostro tempo: la strana, irrazionale e limitante apatia con conseguente calo cognitivo delle popolazioni; in particolare intendiamo focalizzarci su quelle occidentali, europee e soprattutto nazionali che paiono particolarmente attenzionate in quanto rappresentano forse l’ultimo baluardo culturale da superare per raggiungere il potere assoluto. Poteri finanziari e multinazionali hanno ridotto il mondo come il loro giardino di casa; pongono e predispongono le loro trame costantemente ma lo devono e lo possono fare solo con il consenso delle masse perché noi siamo in tanti e loro sono pochi, molto pochi. Da qui la loro strategia si basa su alcuni punti fondamentali: depotenziare le capacità cognitive delle persone, condizionare la loro mente con informazioni e metodi comunicativi manipolatori e fuorvianti funzionali all’accettazione inconscia dei loro piani e, in ultimo, di un costante e multilaterale tentativo, sottile ma fortemente invasivo, di dividerci, di impedire le formazioni di comunità che si possano organizzare e imporsi come ostacolo ai loro progetti di dominio.

Il punto di svolta è rappresentato dall’avvio della pandemia; dal suo apparire in poi, abbiamo visto questi fenomeni crescere in modo esponenziale: tutti i media a sostenere maniacalmente le teorie sulla natura dell’epidemia, della sua evoluzione (vedi varianti) e, soprattutto, sull’imposizione dei cosiddetti vaccini, tappa fondamentale di arrivo del progetto pandemico, perchè di un progetto pianificato si è trattato.

Analizziamo il processo folle e palesemente irrazionale di quel periodo: un coronavirus, peraltro avevamo già trattato lo stesso genere di virus nel 2003, viene pubblicizzato come un virus sconosciuto di cui non si hanno cure; con il terrore che ci infondono, ci costringono ad assurdi lockdown; non ci curano !!!!!! Non si è mai visto, nella storia della medicina, che persone malate non vengono curate premeditatamente. Questo ovviamente causa una serie infinita di morti e sofferenze inaudite a persone che arrivavano all’ospedale in condizioni critiche perchè non curate, in quanto “tachipirina e vigile attesa” non si può considerare certo una cura.

Iniziano a comparire le prime testimonianze di medici e specialisti coraggiosi che, andando oltre le regole, seguivano i loro pazienti e li curavano; ebbene, invece di ascoltare le loro esperienze e farne tesoro, venivano invitati nei talk show per essere ridicolizzati e trattati come ciarlatani. Pazzesco! I Premi Nobel venivano oscurati, privati di qualsiasi apparizione pubblica e continuamente delegittimati da altri medici, servi del sistema, e liquidati come vecchi “rincoglioniti”; queste erano le basi che hanno impedito un reale e costruttivo confronto scientifico. Non possiamo esimerci, inoltre, dal sottolineare la violenza e l’acredine con cui hanno scatenato una guerra ai cosiddetti no-vax; e qui iniziamo a vedere come la tecnica del divide et impera viene attuata in tutta la sua più smaccata evidenza. Ultima tappa di questo calvario sociale si è attuata con l’imposizione (di fatto) vaccinale e con il coronamento finale dell’istituzione del green pass, strumento con il quale hanno commesso i più grandi crimini contro i diritti costituzionali dei cittadini, anche se, quasi sin dall’inizio, ne avevano verificato non solo l’inutilità, ma addirittura la sua propensione ad aumentare la possibilità di contagio.

A questo punto, possiamo fare una prima riflessione: senza bisogno di essere degli esperti scienziati, ma solo con un po’ di informazione alternativa e un minimo di buonsenso, come potevamo non accorgerci tutti della criminale malafede e inaffidabilità del sistema e delle sue istituzioni? Eppure, oggi, per l’ignavia di milioni di italiani, si parla di nuovo di programmi di vaccinazione. In Europa addirittura sta per essere varata la nuova tessera vaccinale europea in simbiosi con l’OMS che ha perfino tentato di far passare una legge che le dava potere decisionale assoluto su tutte le nazioni in caso di nuove pandemie; OMS, peraltro, ben rappresentato dal suo presidente (si invita il lettore a documentarsi sulla sua biografia).

Passiamo ora al successivo evento di importanza planetaria: la guerra in Ucraina. Anche qui assistiamo all’imposizione di un nuovo pensiero unico basato su una grottescamente falsa narrazione funzionale alla criminale propaganda atlantista tesa a coprire i veri responsabili delle cause che hanno portato all’attuale e più che preoccupante evento bellico. La tecnica è sempre quella: censurare i canali di informazione non allineati, criminalizzare chi ha visioni diverse dal pensiero unico dominante, falsificare la natura degli eventi e delle motivazioni politiche russe. Con messaggi semplici e slogan immediati tipo “c’è un invasore e un invaso” (sarebbe più giusto definirlo invasato), si comincia a manipolare le menti dei meno informati. E qui vediamo l’inaccettabile posizione della stragrande maggioranza dei cittadini italiani indifferenti e incapaci di rendersi conto dei terribili rischi che corriamo permettendo questa criminale politica occidentale, espressione dei veri aggressori (l’invasione dei territori russi intorno a Kursk ne sono una palese testimonianza).

Mi preme citare, tra gli eventi di importanza planetaria, il Genocidio di Gaza, una vera e propria manifestazione del male assoluto dove violenza, crudeltà, cinismo, razzismo e alienazione mentale hanno toccato vertici impossibili da superare; anche qui, è necessario sottolineare la reazione quasi indifferente del mondo a queste inaccettabili atrocità. La propaganda sionista si manifesta con una contraddizione di fondo palese quanto inaccettabile: vittime dell’Olocausto, oggi, stanno perpetrando lo stesso identico crimine ma, nella narrazione mediatica, riescono a confondere gran parte delle menti dell’opinione pubblica facendosi passare da colpevoli criminali a vittime.

E’di questi giorni la propaganda in corso alle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti; vedere masse intere adoranti di personaggi ambigui e altri palesemente squalificati con evidenti deficit cognitivi fanno mettere in dubbio anche una minima capacità di raziocinio di queste persone.

Il fenomeno incredibile è: come può la mente di tante persone non prendere atto della verità dei fatti, ma soprattutto come può aver raggiunto un livello di disumanizzazione tale da non inorridire e indignarsi davanti a tanta ingiustizia e tanta sofferenza? Indifferenza, apatia, egoismo, superficialità, amoralità, utilitarismo, irrazionalità sembrano le caratteristiche fondanti che delineano la personalità dell’uomo del terzo millennio.

Questi eventi sono sufficienti per comprendere gli effetti devastanti di poteri globali atlantisti e guerrafondai che hanno il palese scopo di sottomettere i propri popoli perseguendo ostinatamente un controllo unipolare del mondo. Gli strumenti che hanno a disposizione sono potentissimi e fortemente invasivi e hanno come fine ultimo l’alienazione delle masse. I risultati sono evidenti a tutti gli osservatori più attenti: stiamo assistendo ad una atomizzazione della società dove vengono sistematicamente disgregati tutti i principali punti di riferimento, etici, sociali e politici, che sono il fondamento di una comunità sociale civile e cooperativa.

Un globalismo unilaterale, plasmato da poteri finanziari sovranazionali che utilizzano il braccio armato statunitense e il dogma della competizione neoliberale, sta azzerando il potere sovrano degli stati, eliminando qualsiasi valore che non sia funzionale al libero-scambismo dei Mercati, e dissolvendo qualsiasi principio etico e perfino religioso. Tutto questo provoca un fenomeno antropologico che toglie alla mente delle persone la capacità di un pensiero critico autonomo, toglie il libero arbitrio, toglie l’anima.

In che modo possiamo reagire a questo processo involutivo? Solo in un modo: prendere atto del problema e cominciare a ricostruire le nostre relazioni, a tessere di nuovo i legami sociali e comunitari che superino le divisioni, le tifoserie politiche, le barriere religiose, gli interessi di parte e cominciare a dialogare. Dobbiamo finalmente diventare una grande immensa comunità planetaria immune dal delirio di onnipotenza di alcuni pazzi paranoici; un mondo infinitamente migliore è possibile, ma: o ci salviamo tutti o non si salva nessuno.

L’Umanità si trova oggi nel momento più difficile della sua esistenza, si trova a un bivio decisivo: trovare una dimensione etica che dia valore alla persona in quanto tale, quindi al ripristino di quei valori universali e spirituali imprescindibili per una vita di senso, o precipitare in un vortice senza controllo del nichilismo materialista che raggiungerà la sua apoteosi attraverso lo scientismo, il capitalismo del controllo e il sempre più debordante transumanesimo. A noi sta la scelta.

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